Come ogni anno, anche quest’anno per le settimane a cavallo di ferragosto,abbiamo lanciato il tormentone estivo: le gabbie salariali.
Ora, lungi da me il tentativo di uscire fuori dal coro, si tratta di entrare seriamente nel merito della provocazione che, volontariamente o involontariamente, la Lega e il Presidente Berlusconi hanno lanciato per contribuire a provocare un serio dibattito per lo sviluppo del Sud.
E’ su questo tema che, a mio avviso, si dovrebbero spendere le energie, anche ferragostane, della classe dirigente del Mezzogiorno d’Italia.
Ma, forse, parlare di politiche da attuare per lo sviluppo delle aree meridionali e di riduzione, o eliminazione, delle distanze economiche, sociali e produttive che ancora dividono il Sud dal Nord sarebbe un esercizio troppo impegnativo e poco confacente alla mentalità con cui la classe dirigente meridionale, lucana e materana intende svolgere il proprio ruolo istituzionale .
Meglio schierarsi contro la provocazione delle gabbie salariali, anche se di questo non si tratta nella proposta del Governo, che entrare nel merito del tema in discussione partendo dalla valutazione di ciò che realmente, nel nostro territorio accade in materia di salari e rapporti di lavoro.
Nella nostra provincia e nella nostra regione è diffuso il fenomeno del sottosalario e del lavoro nero sia che i datori di lavoro siano pubblici o siano privati.
A praticarlo sono le aziende private di quasi tutti i settori produttivi e merceologici con la corresponsione reale di salari da fame e la firma delle buste paghe con salari legali fittizi secondo quanto previsti dal Contratti Collettivi di Lavoro e sono gli Enti Pubblici con in testa Regione, Province e Comuni che,utilizzando in maniera distorta (salvo poi a parlarne male nei dibattiti pubblici) i nuovi strumenti di flessibilità, non fanno altro che provocare, da anni, platee di precari e bisognosi.
Meraviglia, non poco, leggere dichiarazioni di sdegno e contrarietà rilasciate, in un servizio della redazione di Matera della Gazzetta del Mezzogiorno, da rappresentanti istituzionali e di categorie professionali di fronte ad una realtà che li vede impegnati quotidianamente a tollerare e, in alcuni casi, a promuovere i predetti fenomeni di precariato, di lavoro nero e di sottosalario.
Allora, per concludere, scrolliamoci di dosso il pregiudizio politico o, meglio, non diamo giudizi politici ma, con la coerenza necessaria, parliamo di attuazione del protocollo sulla riforma della Contrattazione che con il Governo, tutte le Organizzazioni Sindacali dei Lavoratori, escluso la CGIL, e le Organizzazioni Professionali e di Categoria , nello scorso mese di gennaio hanno siglato.
Perché con quel protocollo sono stati definiti, in modo più netto rispetto al passato, i compiti di ciascun livello di contrattazione, in particolare per quanto riguarda la parte economica, con il CCNL che avrà il compito di tutelare la retribuzione contrattuale dall’inflazione e il secondo livello che dovrà definire la quota di incremento salariale collegato alla produttività, intesa in senso ampio.
E’ di questo che si deve parlare e non, in maniera strumentale e marcatamente di parte, di gabbie salariali.
E’ per l’attuazione di questo protocollo che dobbiamo spendere le nostre energie perché, solo così, riusciremo a tutelare e migliorare i salari, a promuovere politiche di sviluppo reale per i nostri territori, a far uscire dall’isolamento competitivo le nostre attività produttive,di servizi, economiche e sociali e rimettere in moto i circuiti virtuosi per mettere le ali al benessere e allo sviluppo.
Di questo hanno bisogno le nostre popolazioni, non, a prescindere, della difesa strumentale dello schieramento politico a cui si appartiene.
Giuseppe TRUPO – Segretario Provinciale Confimprese Italia.