I dati sul commercio che l’Istat ha reso noti in questi giorni, ci consegnano una fotografia preoccupante della situazione economica “reale”, non quella fatta di statistiche e macro-aree, ma quella legata alla effettiva capacità di spesa degli italiani, e all’andamento del commercio nelle nostre città.
Se partiamo dal presupposto che le micro imprese sono la vera spina dorsale della nostra economia, per posti di lavoro che garantiscono, per l’enorme diffusione sul territorio, per la storicità ed il valore sociale che le “botteghe” rappresentano, deve farci preoccupare questo dato relativo al 2% di calo degli acquisti, con punte vicine al 3% per i negozi di piccole dimensioni, i più esposti a questa crisi che c’è ma non c’è, secondo fonti governative!
Sottolineiamo da mesi che, se va individuato un “anello debole” della catena economica italiana questo è rappresentato dalle micro imprese, le più esposte e, contemporaneamente, le più rappresentative.
Eppure, e anche questo ci stiamo stancando di ripeterlo, quando vengono prese decisioni e proposte soluzioni per affrontare problematiche legate alle imprese economiche, è sempre più raro che vengano tenute in considerazione gli interessi delle micro imprese, sempre più bistrattate dalla politica nazionale e ignorate da quella locale.
Voglio sperare, continuerò a farlo, che ciò non si leghi allo scarso valore “elettorale” che viene spesso attribuito alle micro imprese, ma è evidente che occorre, ora più che mai, un lavoro di sostegno, anche con regolamenti e misure di vario genere, a favore di questa categoria, di quelle centinaia e migliaia di commercianti, artigiani, micro imprenditori che chiedono, semplicemente, di poter continuare ad esistere.
La storia di questi imprenditori è fatta di sofferenze nascoste, di sacrifici quotidiani, di abitudine a “campare alla giornata”; è giunta l’ora che la politica, quella regionale e quella locale, si accorga di queste imprese, ne sappia cogliere la forte positività e propositività, accetti di discutere decisioni e scelte, rinunciando a far cadere, sulla testa di questi imprenditori, scelte sbagliate spesso prese da politici e tecnici inconsapevoli dei problemi della categoria.
E’ giunta l’ora che la politica accetti il confronto, elimini le burocrazie, riduca il peso del costo dello Stato e degli enti locali a carico di chi lavora, quotidianamente, per provare a portare il pane a casa, per se e per la propria famiglia.
Occorre farlo subito: abbiamo imboccato una strada verso tempi ancora più difficili, ed i dati ci danno, purtroppo, ragione: solo con il confronto possiamo provare a salvare questo comparto, solo con un intervento rapido, e scelte coraggiose, possiamo arrivare ad un punto di risalita.
Chi avrà questo coraggio?
Il Presidente
Giovanni Schiuma