Sono poco più di 1 milione 325 mila complessivamente le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni in Basilicata nel primo trimestre 2015 con un leggero decremento (-4,8%) rispetto al primo trimestre 2014. I lavoratori interessati sono 2.599, con 132 unità in meno nel raffronto primo trimestre 2015-primo trimestre 2014. Lo rende noto la UIL Basilicata riferendo che è sempre la cig straordinaria con poco più di 1 milione di ore ad assorbire la parte più consistente di ammortizzatori sociali.
Si tratta di dati, però – mette in guardia la UIL in una nota – a cui va data una lettura sottostimata poiché manca all’appello il dato del “reale” fabbisogno di cassa integrazione in deroga che mai come quest’anno, a causa di carenza di risorse determinata anche dalla necessità di utilizzare quelle disponibili per il 2015 per sanare periodi relativi al 2014, si è tradotto in un secco e brusco “stop” di richieste
“Noi crediamo – afferma Carmine Vaccaro, segretario UIL – che sia opportuno leggere i dati sentendo e ascoltando le sofferenze che quotidianamente vivono territori e lavoratori, quando lamentano l’assenza di risorse per la cassa integrazione in deroga, strumento fondamentale per il mantenimento dei posti di lavoro e per il necessario, quanto fondamentale, vivere dignitoso delle famiglie di lavoratrici e lavoratori. Siamo in presenza di numeri ancora alti che “non certificano” in maniera netta se si è di fronte ad una vera e duratura ripresa. Infatti, i dati generali sull’occupazione non danno segnali di una significativa ripresa, obbligando tutti, la politica innanzitutto, a mettere in campo iniziative vere e concrete per il rilancio dell’economia”.
L’attenzione della UIL inoltre è proiettata su quanto accadrà dal 1° maggio con l’introduzione della NASPI: 355 mila lavoratori e lavoratrici stagionali rischiano di rimetterci da 29 euro a 2.925 euro, rispetto alla vecchia indennità di disoccupazione (ASPI). Infatti, chi prima svolgeva un lavoro stagionale di 6 mesi, aveva diritto all’ASPI per altri 6 mesi e, con uno stipendio lordo di 1.300 euro mensili, avrebbe preso di sussidio 5.850 euro.
Ora, invece, con le nuove regole (si può usufruire del sussidio per un periodo di tempo pari alla metà dei mesi lavorati) queste persone prenderanno il sussidio soltanto per 3 mesi, per un totale di 2.925 euro (la metà di quanto avrebbero percepito con l’ASPI).
Se il lavoro stagionale è di 8 mesi l’anno, la penalizzazione è di 29 euro; mentre se la chiamata è di 3 mesi, rispetto alla mini ASPI, con la NASPI il conto è “pari”.
Sono dati che emergono da una simulazione del Servizio Politiche Territoriali e del lavoro della Uil, che ha calcolato gli effetti della nuova NASPI su 4 ipotesi: il lavoro stagionale, il lavoro continuo svolto da coloro che hanno un’età sotto i 50 anni, tra i 50 e i 55 anni e sopra i 55 anni.
I più penalizzati sono i lavoratori stagionali e i lavoratori sopra i 55 anni che perdono il posto di lavoro dopo 2 anni.
Infatti, chi perde il posto di lavoro e ha meno di 50 anni (considerando anche il calo del 3% dopo il terzo mese nel calcolo del sussidio) con 2 anni di lavoro, percepirà il sussidio per 12 mesi per un totale di 10.484 euro (più 1.318 euro rispetto all’ASPI); se, invece, si perde il posto di lavoro dopo 4 anni o più, si percepirà la NASPI per un massimo di 24 mesi per un totale di 17.816 euro (più 8.650 euro rispetto all’ASPI).
Se, invece il lavoratore ha più di 55 anni, in caso di perdita di lavoro dopo 2 anni, riceverà la NASPI per 12 mesi per un totale di 10.484 euro a fronte dei 16 mesi di ASPI per un totale di 13.644 euro (ci rimetterà 3.160 euro); se, invece, perde il lavoro dopo 4 anni riceverà di NASPI (24 mesi), 17.816 euro a fronte dei 13.644 euro dell’ASPI con un beneficio di 4.172 euro.
Il nuovo strumento risulta ancor più penalizzante per quelle persone che potevano essere protette dalla ”indennità di mobilità”, che invece, terminerà alla fine del 2016 e che la NASPI potrà bilanciare solo in parte. Infine con la NASPI viene introdotto un tetto alla contribuzione figurativa (1.820 euro lordi mensili imponibile previdenziale) che corrisponde a uno stipendio netto di 1.300 euro mensili. Il risultato è una nuova penalizzazione sui futuri importi pensionistici.