Franco Vespe ha inviato alla nostra redazione una riflessione sui processi di globalizzazione in atto dei quali l’ad di FCA Sergio Marchione Marchionne era un a positiva icona….(?). Di seguito la nota integrale inviata alla nostra redazione.
Sergio Marchionne non è più con noi! E’ stato uno dei più grandi Manager che l’Italia abbia mai avuto, al pari di Mattei per l’ENI, Valletta suo predecessore nella FIAT, Natta per la chimica, Ippolito per il nucleare. Ha saputo risollevare una industria come la FIAT che sembrava al capolinea, rilanciandola con un progetto strategico, tanto piaciuto ad Obama e che ha inserito il nuovo gruppo FCA fra le maggiori firme automobilistiche nel mondo. Disgustoso come sempre invece il vilipendio alla persona dalle pagine di facebook fatto dai soliti “guappi di cartone”, della tastiera nei confronti del suo operato e della sua persona. Sti “social” concorrono in modo potente alla disgregazione molecolare della nostra società! Sicuramente gli “operaisti” del terzo millennio è giusto che esprimano il loro dissenso nei confronti di un uomo che ha incarnato più di altri quella globalizzazione delle multinazionali che pur tanti disagi e sconvolgimenti sta provocando, però buon senso e senso etico esigerebbero un maggior rispetto di fronte alla morte. Chi scrive crede che se nel nostro agire quotidiano ci accompagnasse una maggiore “confidenza” con la morte, le nostre relazioni, sia personali che lavorative, ne guadagnerebbero tantissimo. Ma non divaghiamo. Se vogliamo il nostro Sergio è stato un simbolo prestigioso di quella cultura neo-liberista e tecnocratica che si sta affermando ormai su scala mondiale. Ma questa società ristretta di multinazionali che sta governando oggi i processi di globalizzazione sono davvero il demonio da combattere ? Esse in verità sono la materializzazione in campo socio-economico della potenza e l’efficacia sempre maggiore che la tecnologia sta conferendo ai mezzi di produzione a dirla con Emanuele Severino. Mai come oggi la tecnologia è stata così vicina nel soddisfare i bisogni primari dell’umanità. Per esempio essa potrebbe tranquillamente garantire l’autosufficienza alimentareoggi di tutti i popoli della Terra. Ma allora cos’è che non sta funzionando se il divario fra ricchi e poveri nel mondo si sta sempre più allargando ? c’è che :”Sulla terra c’è abbastanza per soddisfare i bisogni di tutti, ma non per soddisfare l’ingordigia di pochi” A dirla con Gandhi.Non funziona perché teorie neo-liberiste ancora pervicacemente insistono sulla teoria che la mano invisibile del mercato ri-equilibria, senza alcun intervento esterno, la distribuzione delle ricchezze prodotte. Non funziona perché questa cultura neo-liberista esige che i capitali si debbano concentrare sempre più perché si possano avviare investimenti produttivi convenienti. Di fatto è diventato un alibi perché gli “ingordi” possano avere mano libera nell’accumulare ricchezze. Giusto per capirci: In attesa che questa mano invisibile intervenisse, si preparò in America il crollo di Wall Street ed oggi sta creando squilibri sempre maggiori e devastanti che ci fanno intravvedere esiti ancor più raccapriccianti della crisi del 29. Oggi lo sparti-acque fra la destra e la sinistra sta proprio nel modo con il quale rapportarsi ai grandi processi di globalizzazione in atto. La nuova sinistra dovrebbe avere come preoccupazione centrale quella di governare ed educare la globalizzazione perché avvenga una equa distribuzione nel mondo. La destra neo-liberista sa come agire e cosa deve fare, mentre il modello della sinistra occidentale ancorata al mantra ottocentesco della dialettica conflittuale fra le classi, è ormai obsoleto e penosamente anacronistico. Già più di dieci anni fa Tony Blair aveva indicato che le nuove categorie politiche si dovessero confrontare con le questioni poste dalla globalizzazione. Oggi la globalizzazione di Marchionne deve essere contenuta ed educata dalla politica. Ma per poterlo fare occorre che gli stati, almeno qui nel vecchio continente, cedano quote di potere a organismi sovranazionali poderosi ed autorevoli come l’Europa. La vera questione oggi è che l’Europa invece di esercitare il controllo politico (più politica!) ed educare le grandi multinazionali, è diventata una mera cassa di risonanza dei suoi interessi. Dall’altra occorre lavorare per affermare una globalizzazione virtuosa che valorizzi e non cancelli la cultura, la tradizione, le religioni, la storia, la scienza, la bellezza; ovvero tutto ciò che fa di un popolo una nazione costituita da persone che si sentono parte di uno stesso destino. A dirla con Latouche occorre promuovere quella globalizzazione plurale che valorizzi le diversità e le metta in dialogo. Pertanto una globalizzazione virtuosa dovrà portare a depotenziare gli stati valorizzando dall’altra, le “nazioni”. Questa operazione è impresa davvero delicata perché occorre evitare la degenerazioni nazionalistiche che hanno comportato tanti tragedie nella storia della nostra vecchia europa.Ma è necessario correre questo rischio per evitare la nuova terribile tirannia dell’omologazione consumistica.