Mangiare più frutta e verdura non solo rende le persone più felici – come suggerisce una nuova ricerca pubblicata dall’American Journal of Public Health – ma soprattutto gli imprenditori agricoli alle prese con il calo dei consumi e dei prezzi. Lo sostiene l’Agia (Associazione Giovani Imprenditori Agricoli) della Cia Basilicata che ha monitorato l’andamento delle quotazioni dei prodotti ortofrutticoli di stagione sui mercati all’ingrosso al 5 luglio scorso. Alcuni esempi significativi: a Metaponto le albicocche hanno una quotazione di 0,48 euro/kg; le pesche a Matera 0,43 euro/kg; i fagiolini spuntano 1,10 euro/kg; le zucchine non vanno oltre lo 0,30 euro/kg; le melenzane 0,40 euro/kg. Quotazioni – si legge nella nota – che producono tra i produttori del Metapontino amarezza e scoraggiamento.
I ricercatori dell’Università inglese di Warwick, in collaborazione con l’Università di Queensland, in Australia – si legge nella nota dell’Agia – ci danno una mano indicando come un consumo fino a otto porzioni al giorno contribuisca, in modo proporzionale, a migliorare l’umore.
Nel sottolineare che lo studio è uno dei primi tentativi scientifici di esplorare le conseguenze sul benessere psicologico che frutta e verdura possono avere, al di là dei già noti benefici di salute nel ridurre, tra l’altro, il rischio di cancro, diabete e malattie cardiocircolatorie, l’Agia-Cia indica un’altra strada: sostenere il biologico affinché esca definitivamente dal ruolo “di nicchia” e diventi il nuovo paradigma produttivo, assumendo la connotazione di vero e proprio mainstream.
Un obiettivo e una sfida che Anabio-Cia persegue da anni perchè il sistema biologico è capace di dare risposte: ai consumatori che vogliono qualità e genuinità; al pianeta, in termini di salvaguardia dell’ambiente; agli agricoltori, per il giusto reddito.Anche all’origine il “Bio” paga di più. Dall’analisi dei prezzi di alcuni prodotti appartenenti a diverse filiere, si evince che nel corso del 2015 si è registrata una crescita superiore a quella dei prodotti convenzionali. Le vendite “bio” crescono ininterrottamente da oltre dieci anni e che solo nella prima parte del 2016 hanno registrato un ulteriore incremento del 19% (dopo il +20% del 2015). Tradotto al consumo, vuol dire un fatturato pari a 2,1 miliardi di euro l’anno, che sale a 2,5 aggiungendo la voce “food-service” (ristorazione e bar). Ma anche dal punto di vista agricolo il biologico avanza: oggi sono quasi 50mila le aziende “bio” in Italia, pari a oltre l’11% della superfice coltivata, senza contare che la conversione colturale comporta, in fase produttiva, un taglio di circa il 25% di energia. E anche dal punto di vista dei prezzi sui campi, il biologico paga di più: in media nel 2015 il prezzo pagato ai produttori di latte è sceso del 13% mentre quello per il latte “bio” è aumentato del 14%. Anche per quanto riguarda il grano duro, nella media dell’anno, il prezzo all’origine di quello convenzionale è cresciuto dell’8%, quello “bio” ha guadagnato il +41%.
Per tutti questi motivi il Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo del Sistema Biologico, accompagnato dalle nuove misure del PSR 2014-2020, dovrebbe favorire la stipula di una vera e propria alleanza tra il modo produttivo e le istituzioni nazionali e regionali per favorire uno sviluppo del settore che sia armonico e coordinato e che permetta di raggiungere nel 2020 un incremento della superficie coltivata del 50% e un incremento del valore della produzione del 30%.
E’ chiaro però –afferma il presidente nazionale della Cia Dino Scanavino- che per una reale affermazione del biologico “devono essere portate a soluzione le questioni relative alla semplificazione legislativa e amministrativa. Allo stesso tempo devono essere potenziare le attività di ricerca e innovazione, che sono fondamentali per lo sviluppo del settore al fine di contrastare ad esempio i cambiamenti climatici, che causano diminuzione di produttività”. Solo così, con l’adeguata attenzione innanzitutto delle istituzioni, “il Piano Strategico Nazionale potrà realmente diventare fattore di sviluppo- e consentire di costruire una nuova fase dell’agricoltura e dell’agroalimentare italiano”.