Torna di attualità il progetto sostenuto dall’Agia (Associazione Giovani Imprenditori Agricoli) aderente alla Cia Basilicata per la coltivazione della canapa da uso industriale con l’obiettivo di rivalutare i terreni adiacenti i pozzi petroliferi lucani, in un’ottica sostenibile sotto il profilo ambientale e remunerativo. Dopo mezzo secolo di abbandono,c’è una riscoperta della canapa come pianta multifunzionale che può avere innumerevoli impieghi, dal tessile alla bioedilizia passando per le bioplastiche, i materiali compositi, la farmacopea, la cosmesi e la nutraceutica. Senza contare i benefici che tale coltura apporta all’ambiente. Negli ultimi due anni in Italia sono nate numerose iniziative e la canapa torna a essere coltivata in tutte le regioni italiane. Ma la strada da fare per una filiere strutturata è ancora lunga e tortuosa. Se ne è discusso in un incontro all’Expo per iniziativa della Cia.
Gabriele Avigliano (componente Direttivo Regionale e Giunta Nazionale di AGIA) sottolinea che “si intende individuare nella produzione di canapa da uso industriale lo strumento di riscatto economico e sociale di quei terreni adiacenti agli impianti, che oggi pagano il prezzo più salato delle operazioni estrattive, che rendono i suoli poco idonei alla produzione di colture destinabili all’uso umano e animale. Questa coltura dai molteplici usi industriali (produzione di oli industriali, produzione di cordame e tessuti, materiali per l’edilizia, “polpa” come componente nella carta, materializzazione di pannelli per automobili, sostituisce il vetro resina per l’isolamento termico) cresce in un’ampia superficie differente per suoli e climi, sopporta le gelate e può essere piantata nello stesso terreno per diversi anni. Essendo caratterizzata da un rapido accrescimento, la canapa, contribuisce in modo sostanziale alla fissazione del carbonio e quindi all’abbattimento di Co2 presente in atmosfera, numerosissimi studi basati sulla valutazione del ciclo di vita di materiali, nella fattispecie derivanti dalla canapa, suggeriscono che tutti i materiali presi in considerazione hanno un apporto negativo di anidride carbonica in atmosfera e che quindi, sostanzialmente, la canapa contribuisce all’abbassamento di gas serra in atmosfera, obiettivo da realizzare secondo il protocollo 202020 stabilito dal Pacchetto Clima dell’UE (direttiva 2009/29/CE) nel periodo che succede alla scadenza del Protocollo di Kyoto. La canapa – evidenzia ancora il dirigente dell’Agia-Cia – è un bioaccumulatore, è cioè una pianta in grado di immagazzinare al suo interno metalli pesanti presenti nel terreno senza compromettere il suo accrescimento, peculiarità che la rende impiegabile nel campo della fitodepurazione. Queste caratteristiche fanno della coltura, oltre ad una fonte di reddito alternativa per le aziende agricole (data la molteplicità degli usi industriali), anche un’ottima arma di difesa del territorio e della salute umana. Per Agia Basilicata non è trascurabile, infine, ipotizzare l’utilizzo di royalties del petrolio per sostenere l’avviamento produttivo di giovani aziende nella Val d’Agri, considerando anche il ruolo sociale ed ambientale, oltre che produttivo, dei “coltivatori di canapa”.
“E’ qualcosa di più di una speranza, è un’opportunità per molti agricoltori – dichiarano Alessandro Zatta e Beppe Croce per conto di Chimica Verde bionet e di Legambiente – a patto di valorizzare ogni parte fondamentale della pianta, dal seme alle paglie, per rendere economicamente sostenibile la sua coltivazione”.
“La ricerca e le nuove tecnologie – osserva a sua volta Giovanni Bazzocchi dell’Università di Bologna – si stanno nuovamente interessando alla canapa. Dalla bioplastica per stampanti 3D all’olio essenziale come bio-pesticida, la canapa può diventare una sorta di bio-raffineria in pieno campo”.
Sulla stessa linea Cinzia Pagni, vicepresidente nazionale della Cia-Confederazione italiana agricoltori: “In pochi anni – spiega – molti imprenditori, soprattutto giovani, stanno riscoprendo la coltura della canapa. Una coltivazione importante dal punto di vista agronomico, con ricadute positive sull’ambiente e sempre più interessanti prospettive di mercato”.