Dopo una buona stagione estiva per presenze turistiche gli agriturismi dell’area delle Dolomiti Lucane-Parco Gallipoli Cognato e delle aree interne del Basento-Camastra, si preparano ad accogliere i turisti che scelgono settembre e l’autunno per stare in tranquillità e apprezzare i sapori dei prodotti autunnali.
A far scegliere la struttura agrituristica è certamente l’opportunità di conciliare la buona tavola con la possibilità di stare all’aria aperta avvalendosi anche delle comodità e dei servizi offerti. “Da noi a Castelmezzano – affermano Michele Mattia e Rosanna Sileo (Il Molino della Contessa) – il Volo dell’Angelo, il trekking, i percorsi naturalistici sono sicuramente un traino che hanno facilitato il ritorno dei clienti affezionati insieme a nuovi. Le nostre strutture, situate in zone isolate della campagna, a carattere familiare con un numero contenuto di posti letto e a tavola e con ampi spazi all’aperto, sono luoghi dove è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza”. Da settembre nelle campagne c’è anche la possibilità di assistere alle tradizionali attività dell’autunno come il rito della raccolta dell’uva o passeggiare nei boschi alla ricerca dei funghi e castagne, partecipare alla trasformazione dei prodotti dell’orto da mettere nei vasetti, la tradizionale provvista di pomodoro.
“Per quanti arrivano nei centri delle Dolomiti Lucane il contatto con le aziende agricole – insistono i due operatori agrituristici – con chi lavora nei campi, con chi produce e con coloro che sono i detentori della nostra tradizione e cultura è un mezzo efficiente ed efficace per far conoscere il territorio, la nostra cultura alimentare e riportare nelle famiglie questa conoscenza, promuovendo il territorio e le nostre aziende agricole. La ricerca dei prodotti tipici è tornata ad essere un ingrediente irrinunciabile delle vacanze in un Paese come l’Italia che è leader mondiale del turismo enogastronomico. Il 92% delle produzioni tipiche nazionali nasce nei piccoli borghi con meno di cinquemila abitanti e l’emergenza Covid ha favorito scelte di acquisto territoriali e più sostenibili, con un vero boom dei prodotti green, dal biologico al chilometro zero direttamente dal contadino”.
E tra i piccoli vini di montagna, quelli che si producono nell’area delle Dolomiti Lucane o nelle aree interne del Basento-Camastra, non temono confronti. Anzi, la strada per il futuro è recuperare vitigni autoctoni come l’Aglianicone, il Moscatello, l’Aleatico, l’Asprinio, il Bombino perché il vino, e la grande realtà economica che c’è dietro, rappresenta sempre più una risorsa strategica per il turismo, un biglietto da visita inequivocabile del nostro Made in Basilicata. Tante le produzioni vinicole “paesane” che, a differenza di quelle a denominazione protetta, non godono di strumenti e canali di promozione-valorizzazione (per i cosiddetti vini locali che pure rappresentano i 2/3 della produzione vinicola complessiva non ci sono azioni e misure specifiche). In azienda agrituristica c’è la possibilità di degustazione di vini locali e di scambio di esperienze-tecniche di vinificazione. Un’opportunità ulteriore di percorso enogastronomico dando risposta alla tendenza che è al tempo stesso una filosofia, uno stile di viaggio e di scoperta dei territori del vino italiano, che vede, di anno in anno, sempre più turisti, curiosi ed eno-appassionati avvicinarsi alle cantine, desiderosi di fare un’esperienza diversa dal comune. Oltre alla possibilità di assaggiare i vini e di acquistarli direttamente in azienda, è possibile entrare nelle cantine per scoprire i segreti della vinificazione e dell’affinamento.
Al centro, la valorizzazione del territorio come strategia vincente per il turismo del vino. Parliamo di un fenomeno di costume, in forte espansione, che muove in Italia 5 miliardi di euro l’anno e coinvolge tra i 3 e i 3,5 milioni di persone, con una spesa media pro-capite di 193 euro. A riprova che il vino, che racconta la sua terra, il suo mondo, il suo life style, è un richiamo di ospitalità, il 32,6% della spesa è dedicata al pernottamento, il 20,7% alla ristorazione, il 20,2% all’acquisto di prodotti tipici alimentari, il 4,1% all’acquisto di prodotti di artigianato locale e il restante 5,2% per servizi vari.
Per Michele Mattia, operatore agrituristico “il vino locale servito agli ospiti è l’elemento essenziale per far prendere contatto diretto con il territorio. L’abbinamento ai piatti tradizionali della cucina contadina, specie salumi, formaggi e carni diventa dunque ulteriore occasione di promozione e di cultura. Semmai il problema – ha aggiunto Mattia – è di garantire standard qualitativo e tipicità di vino perché ci sono difficoltà a reperirlo dai piccoli produttori locali che magari preferiscono tenerlo per se e per gli amici”.