“In attesa di conoscere nel dettaglio i risultati nella nostra regione del controllo sulla sicurezza alimentare e la lotta alla contraffazione agroalimentare, che hanno visto protagonisti i Carabinieri del Gruppo NAS di Napoli, competente sui 15 Nuclei del Sud Italia, continuiamo ad insistere perché anche in Basilicata non si abbassi la guardia contro gli speculatori dei prodotti alimentari tipici e di qualità e a tutela della salute dei consumatori”. A sostenerlo è l’Ufficio di Presidenza della Cia-Confederazione Italiana Agricoltori della Basilicata evidenziando che “a parte i dati allarmanti delle 1.300 le ispezioni dei NAS ad attività produttive, commerciali ed esercizi pubblici (stabilimenti di produzione, depositi all’ingrosso, ristoranti, panifici, supermercati) dell’Italia meridionale, l’Ufficio di Napoli (che ha competenza anche sulla Basilicata) dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Ministero Agricoltura) registra, al 2012, il 13,2% di operatori irregolari, il 7,4% di prodotti irregolari, con un valore di sequestri vicino ai 500 mila euro. E siamo solo di fronte alla punta dell’iceberg perché il giro d’affari illegali – sottolinea la Cia – è molto più ampio come qualche giorno fa hanno denunciato i produttori cerealicoli di Lavello, Venosa e Melfi in riferimento alla pasta “made in Italy” prodotta con grano canadese o asiatico. Una “rapina” da 7 milioni di euro l’ora e da 60 miliardi di euro l’anno, di cui alcune centinaia di milioni di euro solo in Basilicata. A tanto ammonta – per la Cia – il business dell’agropirateria, della contraffazione, della frode nei confronti dell’agroalimentare “made in Italy”, il più clonato nel mondo. Si tratta di un vero e proprio “scippo” ai danni del settore, un assalto indiscriminato e senza tregua, dove la criminalità organizzata fa veri affari. I consumatori vengono truffati, gli agricoltori e gli industriali dell’agroalimentare derubati. A questo si aggiunge il fatto che ogni anno entrano nel nostro Paese prodotti alimentari “clandestini” e “pericolosi” per oltre 2 miliardi di euro. Poco meno del 5 per cento della produzione agricola nazionale. I sequestri da parte delle autorità competenti italiane negli ultimi due anni si sono più che quadruplicati. E ciò significa che i controlli funzionano, ma il pericolo di portare a tavola cibi “a rischio” e a prezzi “stracciati” è sempre più incombente. I più colpiti dalle sofisticazioni sono i sughi pronti, i pomodori in scatola, il caffè, la pasta, l’olio di oliva, la mozzarella, i formaggi, le conserve alimentari. E l’allarme maggiore è per quello che viene dalla Cina che, nonostante il calo delle esportazioni “ufficiali” in Italia, riesce a far entrare nella Penisola grandi quantità di prodotti che possono mettere a repentaglio la salute, oltre a provocare gravi danni all’economia agricola nazionale. Da noi, insieme alla fragola del Metapontino “taroccata” in Spagna, sono vittime di agropirateria numerosi prodotti tipici lucani come il caciocavallo, il pecorino di Moliterno, i salumi di Picerno, l’aglianico del Vulture, l’olio delle colline del Materano, la farina di grano duro “senatore” del Materano, il peperone di Senise.
“La situazione – osserva la Cia lucana – è di estrema gravità. Ci troviamo di fronte a un immenso supermarket dell’agro-scorretto, del ‘bidone alimentare’, dove a pagare è solo il nostro Paese. E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera tutela delle nostre ‘eccellenze’ Dop, Igp e Stg”.
“Di fronte a questa ‘rapina’ giornaliera – continua la Cia – bisogna dire basta. Ma per mettere un freno al fenomeno dell’italian sounding e all’agropirateria globalizzata servono misure reali ed efficaci. Ecco perché ora bisogna fare qualcosa di più: il “made in Italy” agroalimentare è un settore economicamente strategico -osserva la Cia- oltre a rappresentare un patrimonio culturale e culinario che è l’immagine stessa dell’Italia fuori dai confini nazionali. Adesso servono misure “ad hoc” come l’istituzione di una task-force in ambito Ue per contrastare truffe e falsificazioni alimentari; sanzioni più severe contro chiunque imiti prodotti a denominazione d’origine; un’azione più decisa da parte dell’Europa nel negoziato Wto per un’effettiva difesa delle certificazioni Ue; interventi finanziari, sia a livello nazionale che comunitario, per l’assistenza legale a chi promuove cause (in particolare ai consorzi di tutela) contro chi falsifica prodotti alimentari. Per questo non c’e’ piu’ tempo da perdere, ora bisogna usare ”tolleranza zero” nei confronti degli autori delle truffe e degli inganni a tavola”.
Set 28
Ottimo articolo,complimenti! Argomenti da approfondire e diffondere.