La creazione di un Biodistretto zootecnico del materano: è la proposta degli allevatori di Ferrandina, Pomarico, Grassano, Tricarico, Pisticci, Stigliano, aderenti alla Cia-Agricoltori che si sono riuniti a Ferrandina. Presenti il coordinatore regionale Donato Di Stefano, i presidenti provinciali Lorusso e Stasi, Lucrezia Di Gilio Donne in Campo, l’ assessore comunale di Ferrandina all’agricoltura Zizzamia,tra i temi affrontati da quelli “storici” – viabilità e strade rurali, acqua – agli aiuti accoppiati, una misura strategica e un aiuto concreto per le difficoltà economiche e gestionali che le aziende agricole devono affrontare. E’ stato fatto, in proposito, il punto sulla situazione dei pagamenti che in questi anni è stata fonte di preoccupazioni sia per gli agricoltori che per l’ente regionale, dal momento che ai ritardi fisiologici si sono sommati problemi di gestione dei dati. L’ammontare degli importi effettivi degli aiuti accoppiati europei rappresenta ogni anno una notizia attesa dal mondo agricolo. E soprattutto fra gli allevatori, in quanto buona parte di questi aiuti europei – che rientrano a pieno titolo nel sistema di sostegno della Pac – interessa proprio la zootecnia, sia da latte che da carne, bovina e ovicaprina.Tra le soluzioni indicate al centro dell’incontro la valorizzazione dei prodotti legati al territorio e creare. E’ stata quindi l’occasione per rilanciare la filiera “Carni Monti Lucani” realizzata come Agrinsieme Basilicata (Cia, Confagricoltura, Cooperative Italiane, Copagri)”, con 3 milioni di euro di investimenti, che attraverso la costituzione di una Organizzazione Professionale unica coinvolge 12 imprese agricole e rispettivamente una di trasformazione, commercializzazione, di Gdo, di formazione, per una produzione di 17.885 quintali di bestiame. Tenuto conto che la componente zootecnica rappresenta un asset di primaria importanza, il patrimonio ovicaprino regionale, secondo di dati del censimento ISTAT del 2010, ammonta a 321.809 capi con una netta prevalenza degli ovini (263.007 capi) rispetto ai caprini (58.802 capi).
Soprattutto in queste festività pasquali – è stato sostenuto a Ferrandina – si risente dell’arrivo dall’estero di agnelli e capretti di cui tra l’altro non si ha una evidente “tracciabilità” a discapito degli allevamenti locali e della garanzia dovuta ai consumatori. L’arrivo massiccio di bestiame macellato in Italia al pari di carcasse macellate all’estero hanno fortemente depresso la nostra zootecnia, in tal senso la via di uscita è quella di un approccio globale al mercato puntando in particolare su quelli che sono i nostri punti di maggiore prestigio: razze autoctone, tracciabilità, territorio, ambiente. Inoltre il tema ambientale, in aree come le nostre, l’allevamento allo stato brado è un elemento di presidio territoriale.
Attualmente le transazioni commerciali tra i diversi anelli della filiera avvengono in genere con l’ausilio di mediatori professionali, che contribuiscono a creare con il loro lavoro quelle masse critiche di prodotto che l’offerta non riesce a generare da se, oltre a costituire fonte di informazioni privilegiata per la maggior parte degli operatori agricoli e industriali. Questo ruolo sarà messo in discussione nel momento in cui la filiera comincerà a dare i propri frutti e, anche attraverso una costituenda O.P., si procederà a fare massa critica per lotti omogenei e organizzati.
L’aggregazione è un elemento fondamentale per rispondere alla della globalizzazione. Solo aggregando l’offerta su basi comuni (qualità e tracciabilità) si può pensare di rimanere sul mercato in un logica di filiera locale e meridionale del prodotto carne tracciato, locale, tradizionale.