“Gli ultimi dati Svimez sulla Basilicata ci dicono che il periodo di grazia post-pandemico per la nostra regione si sta rapidamente esaurendo. Se non si sostiene tutti insieme un progetto per il futuro, già dal 2022-23 torneremo al business as usual”. Lo afferma in una nota il segretario generale della Cgil Basilicata Angelo Summa.
“I primi dati anticipatori del Rapporto Svimez del 2022 – continua Summa – evidenziano un ciclo economico per la Basilicata che sta valorizzando in misura insufficiente la ripresa economica generale, e che rischia di precipitare rapidamente, già nel 2022, ed ancora di più negli anni successivi, verso una nuova stagnazione.
Se, secondo le elaborazioni della Svimez, il Pil del 2021 cresce più rapidamente del dato nazionale (7,9% contro il 6,6%) grazie ad una fortissima accelerazione degli investimenti fissi lordi (+26,4%) indotta essenzialmente dall’edilizia, tramite la spinta fornita dal superbonus del 110% (in base ai dati Enea, gli investimenti ammessi dal superbonus ammontano, in Basilicata, a 947 euro per abitante, a fronte dei 587 euro per abitante della media nazionale) il 2022 vede un rallentamento macroeconomico molto più rapido del resto del Paese. Nel 2022, infatti, si prevede una crescita del 2,1%, inferiore sia a quella italiana (3,4%) che a quella meridionale (2,4%).
Gli occupati, che nel 2021 hanno avuto un balzo congiunturale (+2,6%) nel 2022 dovrebbero rallentare nella loro dinamica (1,7%, penultima performance fra le regioni del Sud).
In sostanza – afferma Summa – c’è un problema strutturale di crescita: l’economia lucana riesce a crescere solo quando usufruisce di provvedimenti episodici di sostegno, come il superbonus, o di situazioni meramente congiunturali, come il boom – globale – dei flussi turistici post pandemia, che incrociano le sue vocazioni produttive. Quando questi provvedimenti, o queste situazioni congiunturali, si esauriscono, la crescita economica rallenta in misura notevole. Finita la fase del superbonus, gli investimenti fissi lordi lucani, nel 2022, rallenteranno in misura molto forte (passando dal +26,4% del 2021 al +3,5%) diventando negativi nel 2023 (-0,5%).
D’altra parte – sottolinea il leader della Cgil lucana – i contributi di natura strutturale alla crescita sono modesti. I mercati internazionali sono, e saranno anche nei prossimi anni, in costante decrescita. Nel 2021, l’export lucano si è contratto del 14,4%. Nel 2022, è prevista una ulteriore diminuzione del 3,4%. La Basilicata paga il prezzo di un modello di specializzazione produttiva di tipo monocolturale, nel quale l’export è sostanzialmente basato sull’automotive, oggi in forte crisi, e per il quale non si intravedono, in futuro, margini di ripresa, se non si investirà in modo intenso sulla riconversione produttiva dello stabilimento di Melfi in direzione dei motori ad idrogeno o comunque compatibili con la fine della propulsione endotermica, fissata dalla Ue al 2035.
Gli investimenti, come detto, dipendono essenzialmente da provvedimenti o incentivi di policy pubblica: scorporando il dato relativo agli investimenti pubblici, il loro contributo al Pil regionale scende sotto il 20%. Un tessuto di micro e piccole imprese, spesso concentrato sul mercato locale, non sostiene spese di investimento significative.
I consumi delle famiglie sono ostacolati dall’ampia fascia di povertà: nel 2022, si stima che il loro incremento sarà il più basso di tutte le regioni meridionali. In base ai dati Eurostat, il 43,8% dei lucani, cioè poco meno della metà della popolazione, è a rischio di povertà. Il 39% delle famiglie si colloca nel quintile di reddito più basso, evidenziando un problema di povertà anche di chi lavora.
Per il prossimo futuro, la siccità persistente avrà ripercussioni inevitabili sul comparto agricolo ed agroalimentare regionale, che un peso vitale nell’economia lucana, trasmettendosi lungo tutta la filiera, quindi anche nella logistica e nel commercio, e produrrà effetti sui consumi tramite l’aumento dei prezzi dei generi alimentari”.
In tale situazione per Summa “è evidente che il Pnrr, insieme al prossimo ciclo di programmazione dei fondi SIE e del Fsc, sono fondamentali per evitare il rischio di cadere in una nuova stagnazione economica esiziale per un territorio ancora afflitto da problemi migratori e da un persistente invecchiamento demografico. Occorrerebbe pensare che alcuni elementi della situazione attuale, seppur complessa, potrebbero, se opportunamente valorizzati, tornare utili alla nostra regione: il forte aumento del prezzo del petrolio garantisce alla Regione un flusso potenziato di royalties destinabili a nuovi investimenti, in virtù del recente accordo con Eni. L’esigenza di ridurre rapidamente la dipendenza dalle fonti energetiche fossili può costituire un volano di investimenti per lo sviluppo di un polo regionale dell’idrogeno insieme ai partner energetici già presenti in regione ed alla Stellantis. La fiammata inflazionistica da costi sembra produrre effetti meno rilevanti rispetto ad altre regioni.
Il Pnrr prevede cospicue risorse nel campo ferroviario, ambientale, spaziale, agroalimentare, nell’istruzione e nella ricerca: stiamo parlando di oltre 609 milioni di euro, praticamente un nuovo programma operativo. Il Fsc per il 2021-2027 ha anticipato 83 milioni della prossima programmazione per 44 interventi di pronta cantierabilità. Ma la Regione Basilicata sta procedendo alla cieca, senza coinvolgere le parti sociali, nonostante un obbligo specifico di partenariato, con programmi SIE che, almeno per il FESR ed il FSE+, appaiono connotati dalla tradizionale frammentarietà, senza visione di insieme e senza una logica pluri-fondo. Per quanto invece riguarda il Pnrr, in assenza di qualsiasi coinvolgimento delle parti sociali e di qualsiasi tavolo tecnico di lavoro, siamo costretti a trovare le notizie sui siti nazionali. Registriamo con notevole favore la partecipazione della Regione Basilicata al progetto-bandiera del Pnrr sull’idrogeno verde in siti dismessi, una delle storiche proposte di questo sindacato.
Da questo punto di vista – conclude Summa – chiediamo alla Regione una stima dell’impatto economico, ambientale e occupazionale di questo progetto, una previsione delle tempistiche e delle risorse e, a differenza del passato, un attivo coinvolgimento”.