Il nuovo quadro normativo in materia di agricoltura biologica, con il Regolamento Ue da un lato e la legge nazionale sul biologico dall’altra, così come le cospicue risorse stanziate per il comparto, quasi 3 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, “dovranno fare da spinta per una ulteriore crescita del settore, soprattutto in una fase come questa, segnata prima dalla pandemia e ora dalla guerra, con i rincari dell’energia e delle materie prime e l’inflazione alta”. E’ questa la richiesta centrale dell’Assemblea Anabio, l’associazione per il biologico promossa da Cia-Agricoltori che ha eletto Giuseppe De Noia nuovo presidente nazionale. All’assemblea ha partecipato la delegazione lucana dell’Associazione in rappresentanza di oltre un migliaio di aziende bio, in particolare nei settori ortofrutta, cerealicoltura, olivicoltura. La fotografia del comparto lucano: circa 130mila ettari di superficie agricola impegnata a biologico, 3.721 operatori, 106 aziende trasformatrici di prodotti bio, la Basilicata si conferma la terza regione in Italia nel rapporto tra superficie agricola totale e superficie agricola bio. L’attuale incidenza della superficie coltivata biologicamente raggiunge il 28% di quella complessiva, con l’8% di produttori con un incremento delle aziende tra il 2020 e il 2021 (33% in più).
La Basilicata con le sue produzioni e i numeri significativi sul biologico – è stato sostenuto nell’assemblea – è dentro il grande processo agronomico che garantisce più di altri sostenibilità ambientale e garanzia per la salute.
“L’Italia oggi è chiamata a difendere un primato prestigioso nel settore biologico -ha detto il presidente De Noia-. Il nostro Paese vanta la più alta percentuale di superfici bio sul totale (17%), a fronte di una media europea ancora ferma al 9% e ben lontana dall’obiettivo del 25% indicato dal Green Deal per il 2030”. Un target importante che, invece, “noi possiamo centrare, arrivando a toccare i 3 milioni di ettari coltivati a bio dai 2,2 milioni attuali”, ma per farlo “dobbiamo informare e sostenere le aziende agricole affinché beneficino appieno di tutti i nuovi strumenti, normativi ed economici, necessari per affrontare la crisi globale e diventare davvero protagonisti e custodi della transizione verde in agricoltura, coniugando ovviamente la sostenibilità alla produttività e alla sicurezza alimentare”. Ecco perché, ha continuato De Noia, “è fondamentale che i fondi in arrivo vengano spesi al meglio, rilanciando il biologico Made in Italy, che oggi supera i 5 miliardi di euro in valore, a partire dai consumi interni”. In questo senso, “la legge sul biologico prevede strumenti strategici per lo sviluppo integrato del comparto, come l’istituzione dei distretti biologici, delle filiere bio, del marchio biologico italiano, oltre a investimenti in ricerca, formazione e innovazione” a cui associare “un’efficace attività di promozione ai cittadini sui valori del bio, anche per contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità”.
Per raggiungere tali obiettivi – è la posizione della delegazione lucana – è necessario elaborare anche un piano per le produzioni estensive biologiche in particolare per le aree interne e montane, la legge sui bio-distretti per la realizzare ambiti/areali produttivi di eccellenza, partendo da questi arricchire i distretti rurali esistenti e dar vita ad un distretto agro-ambientale unico delle terre lucane in grado di intercettare e capitalizzare tutte le esternalità positive prodotte dalle pratiche agronomiche e agro-ambientali compreso i crediti di carbonio e quelli ambientali/paesaggistici.