Si è svolto oggi sabato 10 ottobre, nell’Auditorium dell’azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, dalle 10 alle 14, l’assemblea dei lavoratori della sanità lucana della Fp Cgil in video collegamento con Roma per la manifestazione indetta dal sindacato della Funzione pubblica della Cgil in piazza del Popolo con la partecipazione del ministro della Salute Roberto Speranza e il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, intervistati da Riccardo Iacona. La Cgil Basilicata e la Fp Cgil hanno pensato di partecipare da remoto, direttamente dall’auditorium dell’ospedale San Carlo, per poter garantire una partecipazione più ricca nel rispetto delle norme anti-covid e condividere l’iniziativa in sede locale in una struttura ospedaliera che è un simbolo della sanità lucana. Lo scopo dell’iniziativa è avviare una discussione ampia sulle proposte del sindacato, con l’obiettivo di incidere sulle importanti decisioni che il governo dovrà assumere.
“La pandemia – hanno spiegato il segretario generale Cgil Basilicata Angelo Summa e la segretaria generale Fp Cgil Giuliana Scarano – con tutto il suo drammatico portato, ha messo di fronte agli occhi del paese l’importanza del servizio sanitario e sociosanitario nazionale. Sono emerse le tante eccellenze presenti nel sistema e al tempo stesso le criticità e le sofferenze che anni di riduzione dei finanziamenti e di contrazione degli organici hanno prodotto sul Servizio Socio-Sanitario Nazionale, pesantemente accentuate da disuguaglianze territoriali che, figlie sia di un federalismo sghembo e incompiuto che di scelte politiche e di gestione colpevoli, non sono accettabili in uno stato unitario.
Operare per superare queste disfunzioni, per rendere il diritto alla salute realmente esigibile per tutte le cittadine e i cittadini – continuano – comporta l’adozione di scelte e azioni precise: qui e ora. Per questo non è più rinviabile l’elaborazione di un Piano di azioni per il Servizio Socio-Sanitario Nazionale che ponga le basi, anche legislative, per una nuova stagione di riforme e di investimenti pubblici per rendere esigibile il diritto alla salute delle persone in ogni fase della propria vita, valorizzare il lavoro di tutte e tutti coloro, operatori e operatrici, che rendono questo materialmente possibile e rendere il Servizio Socio-Sanitario Nazionale davvero pubblico e universale”.
Per il sindacato si tratta di un New Deal della Salute che ponga le basi, anche legislative, per una nuova stagione di riforme e di investimenti pubblici per rendere esigibile il diritto alla salute delle persone in ogni fase della propria vita; valorizzare il lavoro di tutte e tutti coloro, operatori e operatrici, che rendono questo materialmente possibile; rendere il servizio socio-sanitario nazionale davvero pubblico e universale.
“Occorre ripensare un modello organizzativo incentrato sulla presa in carico delle persone – aggiungono Summa e Scarano – dalla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione in una prospettiva di integrazione dei determinanti sociosanitari di salute: lavoro, istruzioni, infrastrutture, rete relazionale, ambiente. Un processo che necessita di una rinnovata governance del sistema sanitario nazionale che porti a ridefinire i luoghi e gli strumenti per una leale collaborazione tra Stato e Regioni, a Costituzione invariata, per garantire uniformità di diritti e tutele in tutto il paese”. Per la Cgil il rilancio del sistema sanitario nazionale deve, tuttavia, necessariamente ripartire dalla valorizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici. “Oggi – spiegano – possiamo affermare che il nostro sistema sanitario ha saputo resistere alle politiche neoliberiste di definanziamento progressivo degli ultimi 30 anni, soprattutto grazie alla professionalità e alla dedizione degli operatori tutti, ma anche alla loro capacità di adattamento ai mutamenti dei bisogni di salute da una parte ed alle esigenze di sostenibilità finanziaria dall’altra. Il tema del lavoro in sanità, che è uno dei pilastri fondamentali attorno al quale costruire le basi di una proposta di cambiamento, deve essere articolato secondo direttrici che sappiano coniugare bisogni di salute e processi partecipativi, per/con gli operatori e anche per/con la cittadinanza. Solo così si possono recuperare protagonismi spesso negati dalle diffuse derive accentratrici e autoreferenziali della governance aziendalistica. Recuperare il protagonismo di operatori e cittadini è obiettivo utile anche a consolidare e, in qualche caso, recuperare un rapporto fiduciario indispensabile ai processi di cura, per loro natura asimmetrici”.
Per dare sostanza e concretezza a qualsiasi proposta, tuttavia, per la Cgil è prima di tutto indispensabile partire da un piano assunzionale straordinario che, unitamente alla stabilizzazione dei precari, dopo anni di tagli alla spesa per il personale e di blocco del turnover, sia finalizzato a calibrare sul territorio nazionale i reali fabbisogni secondo standard collegati ai bisogni di salute, ripensando ai modelli organizzativi, anche attraverso il potenziamento delle equipe professionali per una presa in carico multiprofessionale della complessità della persona, ma anche come fattore protettivo per gli operatori sanitari dallo stress lavorativo quasi sempre riconducibile all’isolamento ed all’assenza di confronto e condivisione e la revisione della filiera formativa, che devono passare da un rinnovo dei contratti collettivi che deve rimettere al centro il lavoro.
Rafforzare la prevenzione, omogeneizzare sul territorio nazionale l’emergenza – urgenza, implementare la funzione dei distretti socio sanitari, rendere le Case della salute il luogo in cui, h24, si realizza l’integrazione sociosanitaria, ripensando il sistema della residenzialità extraospedaliera e dell’assistenza sociosanitaria residenziale e semi residenziale per la non autosufficienza e, in generale, per tutte le fragilità, abbandonando la visione ospedalocentrica e riportando gradualmente ad una situazione di equilibrio nell’erogazione di prestazioni e servizi il sistema sanitario nazionale. Queste le richieste della Cgil.
Agire a livello nazionale, però, non basta. “La Basilicata – affermano Summa e Scarano – si trova una fase delicatissima, trovandosi ad affrontare da un lato l’emergenza legata al covid-19 con la seconda ondata di contagi e dall’altra una riforma sanitaria rimasta solo sulla carta. La pandemia ha mostrato anche nella nostra regione, con tutta la sua forza deflagrante, che non è una strategia vincente quella di relegare in un angolo la prevenzione, la riabilitazione e la medicina territoriale per privilegiare l’assistenza ospedaliera. È necessario, sia a livello nazionale che regionale, un ripensamento, una rivoluzione concettuale che rimetta al centro la sanità pubblica e ridia all’ospedale il suo ruolo primario per acuti ad alta intensità, riportando le possibilità diagnostiche, assistenziali e terapeutiche a bassa intensità sul territorio. È necessario concepire un sistema sanitario che con resilienza sia capace di affrontare la sfida contro il sars cov2 ma sia capace anzitutto di guardare oltre, pensando alla sanità del futuro, che non potrà e non dovrà essere quella pre-covid. Si tratta di pensare a un modello di assistenza completamente nuovo, partendo dalla riorganizzazione della medicina territoriale e delle cure primarie, dando nuova centralità ai medici di medicina generale, attraverso la presa in carico dei bisogni di salute della persona in tutto l’arco temporale della sua vita.
In questi mesi – concludono Summa e Scarano – abbiamo assistito a un cambio di rotta sulle risorse da riversare in sanità e auspichiamo si proceda su questa direttiva: da un costo da contrarre, la sanità deve diventare sempre più un investimento su cui puntare, perché il diritto alla salute è un bene pubblico universale, il bene collettivo per eccellenza”.