Autonomia differenziata, Mega (Cgil Basilicata): “Siamo ormai alla pura interpretazione. Il discorso del presidente Bardi è scollato dalla realtà. Siamo in presenza di un attacco all’unità del Paese”. Di seguito la nota integrale.
“Il discorso del presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, ieri in Consiglio regionale sull’autonomia differenziata è la posizione di un governo del tutto scollato dalla realtà. Siamo ormai alla pura interpretazione”. Lo afferma il segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega. “Inutile – prosegue – tirare in ballo i precedenti governi, addirittura leggere a favore della propria tesi i dati Svimez, che si è pubblicamente dichiarata a sfavore dell’autonomia differenziata, e scomodare la nostra Costituzione se a quest’ultima si dà una interpretazione del tutto soggettiva e personale. La Costituzione deve essere il faro di chi governa questo Paese in quanto si fonda sull’eguaglianza sociale, sul principio di garanzie di diritti uguali per tutte e tutti a prescindere dal luogo di nascita, ed è su queste fondamenta che si regge la nostra democrazia”.
Entrando nel merito del ddl Mega ribadisce che “se realizzato nelle 23 materie previste dall’articolo 116, comma 3, il decentramento legislativo produrrebbe una disarticolazione della Repubblica e delle politiche pubbliche, con normative diverse, tipologie di contratti di lavoro diverse, concorrenza al ribasso sui diritti tra i territori (per attrarre investimenti al minor costo del lavoro possibile)”.
Come rimarcato anche dal tavolo No Ad, “con l’articolo 143 della legge di Bilancio il governo cerca da un lato di aggirare le critiche che da più parti si sono levate a livello nazionale contro l’autonomia differenziata, dall’altro di strumentalizzare addirittura queste critiche, utilizzando i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) per accelerare il processo”. Ma “dare attuazione all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nelle condizioni date – precisa Mega – con le modalità proposte e con risorse invariate, costituisce un attacco all’unitarietà dei diritti sociali, destinato ad accentuare le disuguaglianze già presenti e i divari territoriali e sociali esistenti. Così come riconoscere una competenza regionale esclusiva su materie di rilevanza strategica, e non suscettibili di frazionamento territoriale, rappresenterebbe la rinuncia ad un governo nazionale e unitario delle politiche economiche, industriali e di sviluppo del Paese.
La crisi sociale e democratica che stiamo vivendo – aggiunge il leader della Cgil lucana – può e deve essere affrontata attuando pienamente la nostra Costituzione, anche nella parte della riforma del titolo V, ma senza lo stravolgimento dei suoi principi e del suo ordinamento. Il caso più eclatante è la sanità, ma lo stesso riguarda l’istruzione, i trasporti, l’energia. La regionalizzazione dei servizi sanitari introdotta con la riforma del Titolo V ha già ampiamente minato il servizio sanitario pubblico nazionale, tanto che secondo l’Istat al Sud si vive un anno e sette mesi in meno che al Nord e la mobilità sanitaria riguarda l’11,4% dei ricoverati residenti nel Mezzogiorno a fronte del 5,6% dei residenti nel Nord-Italia.
Oggi, invece di colmare queste diseguaglianze e imparare dal Covid la necessità di un sistema di cure centrale e uniformato, che tenga conto delle peculiarità dei territori mettendoli nelle condizioni di poter garantire gli stessi diritti – sottolinea il segretario – il nuovo governo resuscita l’autonomia differenziata ledendo la coesione sociale che di fatto dura dal 1860, con tutte le contraddizioni e i punti deboli dovuti a governi incapaci di leggere i bisogni del Paese e a dare risposte.
È stucchevole – conclude Mega – il tentativo del governo lucano di legittimare tutto il suo operato buttando ancora fumo negli occhi dei lucani con il bonus gas, raccontando perfino di poter fare lo stesso con acqua ed energie rinnovabili quando del contributo alla bolletta del gas emergono ancora tutte le storture, così come denunciate anche dalle associazioni dei consumatori. Né tantomeno si può ancora dare adito alla narrazione di come queste misure attrarranno i giovani in Basilicata: se file ci sono alle fermate dei pullman in partenza da tutta la regione, sono dei lucani che emigrano per cure sanitarie, lavoro e istruzione”.