“Peccato solo che il colore di questi tempi non è certo simbolo di benessere e salute ma la bandiera arancione che il Touring club italiano ha assegnato a Castelmezzano ci ripaga almeno di tante amarezze e ci dà nuove speranze per la ripresa a conclusione, speriamo presto, della pandemia”. E’ il commento di Michele Mattia (Azienda agrituristica Il Molino della Contessa, di Castelmezzano) a nome dei titolari degli agriturismi delle Dolomiti Lucane-Parco Gallipoli Cognato. Castelmezzano ha ricevuto la bandiera arancione “per il centro storico tipico, raccolto e vivace, con numerosi ristoranti, produttori locali e servizi; per la segnaletica di indicazione, efficace e puntuale e per il suggestivo contesto naturalistico e la varietà degli attrattori culturali e naturalistici”.
Tra i motivi della bandiera arancione –che è principalmente un riconoscimento di qualità turistico-ambientale conferito dal Touring Club Italiano ai piccoli comuni dell’entroterra italiano che si distinguono per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità – c’è dunque la ristorazione tipica e l’ospitalità di cui le aziende agrituristiche sono i più attenti sostenitori.
Inoltre il marchio di qualità turistico-ambientale è pensato dal punto di vista del viaggiatore e della sua esperienza di visita: l’associazione no profit lo assegna, dal 1998, alle località con meno di 15 mila abitanti che godono di un patrimonio storico, culturale e ambientale prestigioso e sanno offrire un’accoglienza di qualità, in linea con i principi del turismo lento. Le Bandiere Arancioni sono 247 e rappresentano l’8 per cento delle 3.000 candidature. Secondo l’indagine svolta dal Centro Studi del Touring Club Italiano il bilancio per le località più piccole è positivo: a sceglierle è stato il 7 per cento degli intervistati rispetto all’1 dello scorso anno. Il 70 per cento dei borghi certificati con la Bandiera Arancione ha registrato flussi turistici superiori (55 per cento) o in linea con lo scorso anno (12 per cento) nonostante l’emergenza sanitaria e i minori spostamenti, dettati anche dalla crisi economica.
“Dobbiamo guardare al futuro nella consapevolezza – dice Michele Mattia – che l’ambiente paesaggistico e rurale, gli ampi spazi, la cucina sana e genuina, l’ambiente contadino sono i migliori strumenti per far tornare i cittadini in agriturismo e pensare al dopo Covid 19. Noi ce la mettiamo tutta, stiamo stringendo i denti e facendo sacrifico specie perchè gli aiuti in programma (quando arrivano) sono deludenti”.