Il nuovo profilo dell’emigrato italiano, ottenuto dall’incrocio dei dati Istat, Censis e Aire – in 9 casi su 10, è munito di una laurea – dovrebbe imporre maggiore attenzione da parte delle istituzioni nazionali e regionali sul “boom di cervelli in fuga”. A sostenerlo è Giovanni Baldantoni, presidente dell’Associazione Lucani nel Mondo, da Palazzo Italia (Bucarest) annunciando di aver definito un piano, di intesa con l’Unibas, per avviare già dai primi mesi del nuovo anno attività Erasmus per giovani laureandi lucani presso Palazzo Italia. Questa – spiega – vuole essere una prima risposta alla crescente domanda di giovani della nostra regione di fare esperienze all’estero per conoscere altre realtà di lavoro come quelle della Romania e dei Paesi Balcanici sempre più proiettate verso la crescita economica e di business. Dall’identikit disegnato dal Censis nell’ultimo rapporto emerge che nella valigia, gli italiani che vanno all’estero, mettono quasi sempre un titolo di studio universitario: nell’89,5% dei casi ha una ‘laurea e oltre’. Inoltre la maggior parte riesce a farne buon uso. Infatti l’89% ritiene il tipo di contratto di lavoro adeguato al titolo di studio; inoltre il tipo di impiego svolto, nel 72,2% dei casi, è permanente.Secondo i dati dell’Anagrafe italiani residente all’estero, aggiornati al primo gennaio 2016, gli iscritti all’Aire sono 4.811.163 pari al 7,9% della popolazione residente in Italia. Oltre la metà degli emigrati, pari a 2,5 milioni, risiede in Europa (53,8%), mentre più di 1,9 milioni vive in America (40,6%). La provenienza dei migranti made in Italy, nella metà dei casi (50,3%), è il Mezzogiorno.
Per i Millenials (i giovani tra i 18 e i 30) – dice Baldantoni – la scelta, di partire non è più così difficile. Piuttosto difficile è, invece, la scelta di rimanere nel proprio Paese. Molti iniziano a conoscere le opportunità che il mercato del lavoro internazionale offre già durante gli anni della laurea o attraverso l’Erasmus mentre altri decidono di emigrare dopo essersi formati completamente in Italia. Tra i motivi principali che spingono quest’ultimi a partire, ovviamente, la difficoltà a trovare offerte di lavoro che possano soddisfare le loro aspettative e la convinzione che un periodo di studio e/o lavoro all’estero possa migliorare la loro situazione. Ma – aggiunge – pesano ancora le parole del Ministro Poletti che nonostante le scuse rivolte ai giovani è stato fortemente offensivo interpretando un’opportunità di futuro dei nostri ragazzi in un “favore” per il Paese che si libererebbe di un problema…Sappiamo bene cheil fenomeno degli italiani migranti ha caratteristiche e motivazioni diverse rispetto al passato. Riguarda fasce d’età e categorie sociali differenti. I flussi tuttavia non si sono fermati e, talvolta, rappresentano un segno di impoverimento piuttosto che una libera scelta ispirata alla circolazione dei saperi e delle esperienze. Rispetto al passato, si tratta di una emigrazione più limitata nel tempo e di qualità almeno per quanto riguarda le partenze dalle metropoli del Nord. Spesso si tratta di giovani mandati all’estero dalle famiglie (imprenditori o professionisti della media borghesia settentrionale) per studiare o comunque acquisire conoscenze, competenze e know-how da riversare poi, una volta rientrati in Italia, nelle attività professionali familiari o personali. È un fenomeno, a cui stiamo assistendo ormai da qualche anno. Noi puntiamo a farli diventare moderni imprenditori, liberi professionisti, ambasciatori del “made in Italy” con un collegamento costante tra i Paesi di lavoro e l’Italia, una sorta di “pendolari” del lavoro all’estero. Sia chiaro – conclude Baldantoni – con l’Erasmus noi offriamo solo una prima opportunità di formazione ed esperienza che spetta ai giovani saper cogliere per investire nel proprio futuro. Noi continueremo coinvolgendo oltre l’Unibas altre Università del Sud tra cui quella di Bari.
Gen 10