L’istituzione della “Cabina di regia sulla pasta” avrà benefici nel settore cerealicolo lucano, da anni in grave affanno e che ha necessità di nuove politiche che diano reali sostegni alle imprese agricole che non possono continuare ad operare nell’incertezza più profonda e in un sistema competitivo che sta fiaccando sempre più i produttori di grano duro. E’ quanto afferma una nota della Cia di Basilicata ribadendo l’esigenza di rendere più saldi e producenti i rapporti di filiera e di lavorare in maniera seria per cercare di raggiungere efficaci accordi interprofessionali che permettano di tutelare e valorizzare il “made in Italy”. In attesa di valutare alla prova dei fatti il funzionamento della “Cabina” e soprattutto se è in grado di rispondere all’esigenza di una migliore organizzazione della filiera della pasta e di una maggiore penetrazione del prodotto sul mercato internazionale, la Cia afferma che i dati Ismea sulla cerealicoltura italiana, sia pure datati di un paio di anni, ribadiscono la rilevanza che ha il grano duro in Basilicata dove con oltre 116 mila ettari seminati la superficie coltivata è inferiore solo alla provincia di Foggia (166 mila ettari) sfiorando il 10% dell’intera superficie italiana
La pasta rappresenta per l’agroalimentare made in Italy nel mondo un “must” da valorizzare al massimo. Lo strumento della Cabina può fare da apripista per altri comparti, rendendo effettivamente più coese e funzionali le filiere con un’equa redistribuzione del valore lungo tutti i segmenti. Negli ultimi anni la parte agricola ha registrato infatti una forte perdita di reddito, che spiega il calo strutturale delle superfici investite a grano duro nel nostro Paese. L’Italia si pone l’obiettivo di aumentare sempre di più il fatturato dell’export agroalimentare e l’iniziativa inerente la pasta può tornare utile al fine. La pasta si fa con il grano e questo lo producono gli agricoltori. Il prodotto di qualità si fa con il grano di qualità e questo si produce se c’è adeguata redditività anche per le imprese agricole, cosa che in questi anni è mancata. Purtroppo – aggiunge la Cia – i prezzi pagati ai nostri agricoltori non compensano affatto gli alti costi produttivi, contributivi e burocratici. Costi che hanno subito un’ulteriore impennata sia a causa dei rincari petroliferi, della fiscalizzazione degli oneri sociali. E la decisione di non seminare assunta non certo a cuor leggero da numerosi cerealicoltori meridionali è dipesa proprio dal fattore costi, soprattutto visto che oggi i prezzi di mercato, caratterizzati da una crescente volatilità, non riescono a compensare gli oneri da fronteggiare. Tanto più nell’ambito dei cereali, dove -nonostante gli aumenti di listino- il prezzo di grano duro e grano tenero pagato agli agricoltori italiani resta tutt’ora tra i più bassi del mondo.
La Cia, inoltre, rivendica l’adozione del Piano cerealicolo regionale in sinergia con il Piano nazionale, una nuova disciplina regionale che favorisca l’aggregazione delle produzioni, un programma di insediamento agro-industriale, un progetto per il potenziamento della ricerca e dell’innovazione e di sostegno all’introduzione di varietà, la definizione del marchio a tutela del pane e della pasta “made in Basilicata”.