Per l’imminente campagna olearia in Basilicata si stima un calo produttivo fortemente significativo, con una riduzione, nella media nazionale, che può varare da zona a zona da un minimo del 30 per cento sino ad un massimo del 50 per cento rispetto alla media degli anni scorsi. Una situazione che preoccupa i produttori olivicoli e determina la necessità di azioni urgenti. E’ quanto evidenzia la Cia-Confederazione Italia Agricoltori della Basilicata sottolineando che il calo produttivo della campagna olivicola 2014-2015 è dovuto principalmente alle continue variazioni climatiche e alle abbondanti precipitazioni che si sono registrate nei mesi scorsi. In particolare, durante l’estate, l’umidità e il perdurare delle piogge eccessive alternate al caldo ha causato attacchi della mosca olearia responsabile della perdita di produzione e, in alcuni casi, della riduzione del livello qualitativo dell’olio. Ad aggravare e complicare la situazione a livello nazionale c’è stato poi l’allarme “Xylella fastidiosa” diffuso a partire dal territorio salentino.
Le attese di una campagna produttiva in flessione per i due principali player mondiali Italia e Spagna stanno facendo lievitare i listini degli oli vergini ed extravergini. In base alle rilevazioni dell’Ismea, nella terza settimana di ottobre, l’extravergine si è attestato mediamente a 4,14 euro al chilo (+40% su base annua e +2,7% rispetto alla settimana precedente), raggiungendo uno dei valori più elevati degli ultimi 10 anni. Listini in crescita di oltre due punti percentuali anche per i vergini, che si sono attestati mediamente a 2,63 Euro al Kg (+14% sul 2013), mentre risultano in flessione (-2%) su base settimanale i lampanti ( +6% il confronto annuale). Ma – rileva la Cia –i margini sono talmente ridotti da non riuscire a remunerare il lavoro degli imprenditori agricoli e dei familiari coinvolti. L’analisi dell’Ismea, in proposito, conferma come l’elevato fabbisogno di manodopera nella fase di raccolta delle olive, l’estrema frammentazione della filiera – che vede produttori, frantoi, raffinerie, confezionatori e distributori spartirsi fasi dell’attività produttiva – e una dipendenza strutturale dagli approvvigionamenti di materia prima estera, rendano particolarmente difficile, alla fase agricola, il conseguimento di un’utile di impresa. Risulta pertanto che per ogni euro speso dalle famiglie per l’acquisto di olio di oliva extravergine, 14 centesimi restano al settore della distribuzione finale per la remunerazione del lavoro e del capitale, quasi 20 centesimi vanno al settore olivicolo, mentre circa 3 centesimi sono assorbiti nel complesso delle fasi di frangitura, confezionamento e commercio all’ingrosso. Ben 25 centesimi finiscono poi all’estero per coprire il fabbisogno di olio vergine ed extravergine sfuso importato e poi confezionato in Italia, mentre i restanti 34 centesimi remunerano tutti gli altri fattori produttivi che sono coinvolti in maniera indiretta nel processo, come l’energia elettrica, prodotti chimici, servizi finanziari, ecc.
Scomponendo ulteriormente il ricavo realizzato dalla vendita delle olive, dei 20 centesimi destinati alla imprese, sottolinea l’Ismea, quasi 9 sono assorbiti dai salari dei lavoratori dipendenti e altri 7 centesimi dagli ammortamenti. Come reddito operativo (al lordo delle imposte), all’imprenditore resterebbero quindi solo 3,5 centesimi che, tuttavia, non sono sufficienti a remunerare al salario di mercato il lavoro proprio e dei familiari.
Qualora, infatti, il lavoro familiare fosse computato esplicitamente assieme ai salari il reddito operativo assumerebbe valore negativo (-0,074 €). Gli spunti e gli stimoli che giungono dal mercato sono molteplici. Ecco perché ora occorre una strategia “ad hoc” solida ed efficace. Il settore deve essere supportato anche attraverso la normativa nazionale, che deve premiare chi fa buona agricoltura. In tale ottica si inserisce la nostra preoccupazione in merito alla riforma della normativa sulle OP nell’olio di oliva e delle olive da tavola che dovrebbe incentivare una maggiore aggregazione in un settore tra i più frammentati. Bisogna pensare al futuro, superando vecchi comportamenti che hanno determinato l’attuale realtà olivicola. Bisogna avere coraggio e costruire una normativa che renda il settore più competitivo e strutturato.