Andare nei luoghi da dove partono i flussi per arginare l’emergenza immigrazione. E’ la proposta del presidente della Camera di Commercio ItalAfrica, Alfredo Cestari, che, dal 2004, si occupa dei problemi dei Paesi Africani e delle imprese italiane che lavorano negli stessi Paesi. Guinea, Costa d’Avorio, Sudan, Kenya, Etiopia, Repubblica democratica del Congo sono i principali Paesi di provenienza di chi cerca fortuna in Europa. Quasi 114mila sbarchi nel 2023 (fino a fine agosto). Gli arrivi più numerosi da giorni sono da Guinea (15.138 sbarcati nel 2023), seguita da Costa d’Avorio (14.282), Tunisia (11.694) ed Egitto (8.422). “Ma -spiega Cestari- stiamo osservando movimenti dall’Africa Subsahariana, i Paesi limitrofi al Sudafrica. Il che apre nuove e inquietanti difficoltà. Chi decide di scappare può metterci anche tre anni per arrivare sulle coste del Mediterraneo e, in questo lasso di tempo, è costretto a procurarsi i soldi per i vari trasferimenti e lo fa di fatto schiavizzandosi. Il nostro compito è dunque quello di avviare una vera e propria rivoluzione culturale, di far capire alle popolazioni di quei territori che esiste un’alternativa possibile. Che si possono avviare, nei loro Paesi, progetti volti a migliorare la qualità di vita e, perché no, di creare lavoro. Penso che questa sia in generale la strada maestra per arrestare i flussi migratori, per dare alle persone una speranza vera. L’Europa è su questo che deve impegnarsi. Ora”.
“Sono quasi 160 i miliardi di euro che il vecchio Continente ha stanziato -ricorda Cestari. Sono soldi sufficienti a invertire la rotta ma occorre avviare dei veri e propri focus per interventi che siano finalizzati alle esigenze reali. Bisogna insomma rafforzare la cooperazione e usare il denaro già disponibile per migliorare le condizioni di vita delle varie popolazioni. Affrontare l’emergenza è ovviamente fondamentale ma credo che la prevenzione sia la vera arma da utilizzare. Sono problemi di somma urgenza e come tali vanno affrontati. Usare le risorse stanziate e usarle bene è un dovere innanzitutto morale. Farlo significa affrontare realmente le grandi questioni che affliggono l’Africa e, piano piano, porre rimedio”. “L’Unione europea, nel quinquennio che va dal 2021 al 2026, ha stanziato -spiega- centinaia di milioni di euro per i Paesi più a rischio con programmi bilaterali. Si tratta di fondi che vanno dal mezzo miliardo di euro in su. Con una buona ed efficiente programmazione, anno dopo anno, basterebbe intervenire sulle opere primarie per dare dignità alle popolazioni che vivono in particolare nell’entroterra. Costruire infrastrutture, ospedali e scuole, dare energia e acqua potabile sarebbe un deterrente importante. Certo, i flussi non si fermerebbero subito, ma, con azioni mirate, una diminuzione graduale sarebbe possibile. Anzi, direi, sicura”. Nel quinquennio – aggiunge – sono stati stanziati fondi dal mezzo miliardo in più per ogni Paese. Quasi 100 milioni l’anno e, con quella cifra, si possono fare tante cose, si può lavorare per mitigare la povertà. Basta però volerlo e soprattutto serve vigilare che vengano realmente utilizzati per scopi sociali. L’Europa deve creare insomma un meccanismo che possa anche controllare e magari sovrintendere ai lavori che si decide di effettuare. Poi, gli aiuti possono anche essere aumentati in base all’aumento o meno dei flussi migratori provenienti da un determinato territorio. Il problema non è questo, il problema è che quei fondi non vengano gettati al vento”.”In questa fase di grande emergenza per i continui flussi migratori in Italia torna il tema del rapporto tra Unione europea e Paesi del continente africano che non deve basarsi solamente su misure per arginare il fenomeno delle migrazioni. E’ questa la strada da percorrere con maggiore speditezza, con azioni e risorse finanziarie adeguate, attraverso un Piano Marshall di cooperazione Europa-Africa”. Il punto di partenza – ha aggiunto – sono la cooperazione allo sviluppo e le politiche di partenariato tra l’Europa e i paesi del continente africano. Bisogna mettere in campo iniziative sinergiche non solo nei Paesi da cui partono le navi dirette verso l’Italia e l’Europa, ma soprattutto negli Stati dell’Africa centrale da cui spesso prendono il via i “viaggi della speranza” di decine di migliaia di giovani che fuggono al destino segnato di mancanza di lavoro e fame. Con iniziative di cooperazione mirate ed efficaci, che coinvolgano non solo gli Stati, ma anche le aziende, è possibile ridurre sensibilmente i flussi, creando occupazione in loco ed evitando ai paesi africani la perdita di capitale umano e intellettuale indispensabile al loro sviluppo economico e civile”, afferma Cestari.