Cgil Potenza: “L’accoglienza dei migranti non è un problema da rimuovere ma un fenomeno da gestire”. Di seguito la nota integrale.
Come prevedibile il tema sbarchi è esploso in piena estate e da alcune settimane si rincorrono le notizie allarmate sull’emergenza migranti, negli ultimi giorni quelle sulle ipotesi che il Governo immagina per risolvere ciò che a tutti gli effetti continua ad essere trattato ideologicamente come un problema da rimuovere e non come un fenomeno da gestire, propagandando risposte incerte e prive di visione. Lo stesso presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, da un lato afferma che il suo territorio “non può reggere numeri importanti” – nonostante andranno trasferite poche decine di persone secondo le ultime notizie – dall’altro non prefigura alcuna visione di prospettiva.
Considerare l’immigrazione un’emergenza significa fare una precisa scelta politica. L’esecutivo Meloni ha dichiarato ad aprile l’ennesimo stato di emergenza immigrazione. I recenti dati forniti dal Viminale riportano dall’inizio dell’anno un numero di migranti (105.449) raddoppiato rispetto alla scorsa estate, così come quelli riportati nell’ultimo rapporto di Frontex.
Dal punto di vista della gestione degli sbarchi, è insistente la campagna mediatica contro le Ong ed è di pochi mesi fa l’approvazione del Decreto Cutro (20/2023)che ha previsto un codice di condotta per le Ong , il divieto implicito di effettuare salvataggi multipli, oltre alla prassi di assegnazione di porti di sbarco molto distanti dal luogo del primo soccorso e salvataggio(formalmente per non sovraccaricare le strutture più sottoposte alla pressione migratoria), allungando così i tempi di soccorso e impedendo alle navi di tornare velocemente in mare aperto. Il Governo, al contempo, in situazioni di emergenza, si è avvalso del supporto delle Ong in mare consentendo e coordinando salvataggi multipli (non vietati esplicitamente dalla norma ma frenati de facto in precedenza) se “lungo la traiettoria del percorso che gli viene assegnato” pur paradossalmente continuando con ispezioni delle navi delle Ong, fermi amministrativi e continuando a indicare porti di sbarco sicuri ad ore di navigazione dall’arrivo.
Dal punto di vista dell’accoglienza, si cercano strutture temporanee di accoglienza, gli hotspot sono stracolmi ed emerge anche la necessità di individuare posti disponibili per collocare chi arriva , eventualmente liberare posti immaginando un possibile “ turn over nelle strutture di accoglienza” (V. Circ. del Min.Int. del 7 agosto). Il Viminale ha annunciato per settembre interventi per rendere più rapido l’iter per il rimpatrio dei migranti irregolari ed il 3 luglio scorso ha anticipato l’introduzione del criterio della redistribuzione su base regionale che al consueto parametro della popolazione residente aggiungerà quello dell’estensione territoriale.
Emerge la mancanza di visione su quello che potrebbe e dovrebbe essere il sistema accoglienza in questo Paese e tutte le contraddizioni ideologiche e le fragilità di forze politiche che non riescono a misurarsi con il reale e preferiscono la guerra ai poveri a politiche che rafforzino lo sviluppo civile ed economico di questo Paese.
Le proteste di Governatori e sindaci descrivono bene non solo le lacerazioni politiche interne al Governo- in riferimento ad alcuni amministratori locali- ma anche la distanza dal Paese reale e dalle difficoltà dei territori e degli enti locali che richiedono un sostegno strutturato e contestano la mancanza di strategia nei territori, sia in quelli che percepiscono il sistema come saturo sia in quelli in cui ancora non vi è ampia sistematicità. L’Anci, attraverso Biffoni, responsabile immigrazione, richiama la necessità del confronto con i Sindaci al fine di metterli in condizione di garantire standard e condizioni necessarie per l’accoglienza. La semplicità della proposta è sotto gli occhi di tutti, tra proteste e discussioni su numeri minimi di ricollocamenti. L’ipotesi di redistribuzione è accompagnata dalla solita retorica della cancellazione del fenomeno attraverso rimpatri e freni alle partenze. Il ministro Tajani parla di “meccanismi più stringenti ed efficaci per i rimpatri di chi non ha diritto di essere accolto” , delle responsabilità Europee e richiama al ruolo della Tunisia, e quindi al memorandum europeo che destina 100 milioni alla Tunisia , utili anche per frenare le partenze.
Appare evidente che si guardi esclusivamente a operazioni di controllo e contenimento non al fenomeno migratorio, ai diritti e alla necessità di guardare alle persone che arrivano come nuovi europei e pezzi già esistenti della nostra società. Una visione distorta del reale e dei principi di questo Paese, nessuna strategia da parte del Governo che non fa alcuno sforzo per considerare i migranti come categoria non omogenea, non come stranieri, bensì come titolari di diritti.
Dal punto di vista dell’accoglienza appare necessario promuovere un ampliamento e potenziamento della Rete SAI e ricominciare a pensare ad un sistema di accoglienza non più ridefinito costantemente sulla base dell’emergenzialità (anche legislativa) ma maggiormente armonizzato nei suoi meccanismi; è da valorizzazione l’ accoglienza diffusa nei piccoli centri caratterizzata dal lavoro congiunto di progetti e territori in una ottica di prospettiva e senza logiche securitarie ed emergenziali con particolare riguardo alla fase di permanenza su territorio italiano successiva all’uscita dai progetti di accoglienza , come elemento propulsivo per le comunità locali, riguardando operativamente e in maniera trasversale diversi ambiti: i servizi del territorio in ambito sanitario, legale, amministrativo, sociale, del lavoro, del diritto alla casa.
È necessario rafforzare le opportunità di integrazione nel tessuto sociale e produttivo attraverso proposte aderenti alla situazione specifica dei contesti mirando ad una integrazione virtuosa. I poveri, le vittime di tratta , i migranti sono già nel nostro territorio, fare i conti con questo significa affrontare le diverse necessità con risposte efficaci e propulsive per i territori. Non si può non condividere anche la posizione del Tavolo Asilo e Immigrazione (TAI), e di tutte le realtà che lo compongono, che ha espresso profonda preoccupazione per l’ennesima grave crisi del sistema d’accoglienza, ponendosi in disaccordo con la visione emergenziale da parte del governo Meloni che sembrano voler ostacolare il diritto d’asilo e il diritto ad una accoglienza dignitosa e che non ha previsto il coinvolgimento di territori, terzo settore e chi si occupa di diritti delle persone.
Le urgenze legate al fenomeno migratorio e alla sottesa libertà di movimento possono rappresentare una leva costruttiva per lo sviluppo, l’accesso ai servizi e al rafforzamento dei diritti di tutti. Il tema accoglienza si intreccia anche con il tema dell’occupazione dei migranti, degli addetti al settore, col fenomeno distorsivo del caporalato e della possibile crescita di occupazione in quel settore così come nei settori interessati dalle politiche di transizione ecologica e attraversati dalla riconversione produttiva ma anche, più in generale, con i meccanismi di orientamento e introduzione al mondo del lavoro.
È necessario ribaltare il problema: non si tratta di emergenza sbarchi e di invasione, si tratta di dover valorizzare e migliorare il sistema d’accoglienza e su questo fare un cambio di rotta, procedere negli adeguamenti a livello nazionale- che pure rientrano negli obiettivi intrinsechi della creazione di un quadro comune Europeo- che contribuiscano ad una evoluzione in materia di asilo e migrazione.
Il rischio della mancanza di strategia è che si riproduca una stagione di ghetti e di disagio sociale nei singoli territori e che l’accoglienza continui a rimanere un tema esclusivo del Ministero dell’Interno mentre dovrebbe e potrebbe rappresentare un ambito ampio in cui al centro ci siano i diritti, i servizi e si possano riattivare economie, valorizzando anche territori marginalizzati e spopolati se coinvolti tutti gli attori in campo: governo, regioni, comuni, terzo settore, sindacati, che potrebbero rappresentare ciascuno per la propria competenza un motore di evoluzione in termini di diritti umani, sviluppo dei territori, tutela dei diritti, lotta allo sfruttamento.