L’etichettatura d’origine delle carni anche trasformate non può essere un optional. Deve, invece, essere un obbligo per consentire ai consumatori di scegliere in modo consapevole e agli allevatori di difendere e valorizzare le loro produzioni di qualità. Lo sostiene la Cia-Confederazione italiana agricoltori sottolineando che la trasparenza è una scelta che non ha alternative. Non si può far finta – sottolinea la Cia – che la scoperta di alcuni prodotti come le lasagne a base di carne di cavallo e persino nel ripieno di olive all’ascolana non siano mai accadute. I controlli sono necessari e preziosi, perché portano alla luce truffe che danneggiano i produttori onesti e inquinano il mercato, gettando discredito sul comparto agroalimentare che oggi rappresenta una delle poche voci all’attivo nell’economia. Un danno di immagine enorme, ma anche una grande mancanza di rispetto nei confronti della gente che così perde la fiducia. Ma i controlli non bastano. Serve un’etichetta che obblighi a specificare gli ingredienti e metta l’industria di fronte a responsabilità precise.
Per la Cia in tema di marchio delle carni lucane bisogna fare più in fretta perché questa è la strada di più efficace di garanzia per consumatori e contestualmente per gli allevatori. E se da tempo carne podolica e Agnello delle dolomiti lucane rappresentano le eccellenze capaci di fare da volano all’intero comparto zootecnico lucano l’unica soluzione strutturale in grado di assicurare la trasparenza negli scambi commerciali e la tutela di consumatori e produttori dal rischio frodi è l’estensione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti, a partire dalla materia prima utilizzata.
Siamo sempre più convinti che tracciabilità, benessere animale, etichettatura chiara, rispetto dell’ambiente e sicurezza alimentare, principi ispiratori del marchio, sono essenziali. Dunque – si sostiene nella nota – insistere sulla qualità, i controlli sull’intera filiera allevamenti-mattatoi-macellerie-aziende di trasformazione-supermercati rappresenta una garanzia in più per i consumatori e un vantaggio in più per gli allevatori che spuntano ancora prezzi bassi rispetto ai costi sempre crescenti in stalla. Dobbiamo, perciò, riprendere l’iniziativa avviata negli anni passati dalle associazioni professionali degli allevatori per riaprire un tavolo tecnico regionale su questo tema, facendo tesoro dell’esperienza positiva realizzata dagli allevatori di suini e dalle aziende di trasformazione dell’area Picerno-Melandro. Di qui l’esigenza, come sta avvenendo per i salumi, di pervenire ad un “paniere” di prodotti lucani tipici trasformati con un marchio di d’origine protetta regionale che tra l’altro ha una regolamentazione comunitaria più semplice di quella prevista per Dop e Docg. La Cia ribadisce infine l’attualità di un Piano regionale per il comparto zootecnico e di un programma di consolidamento e rilancio del sistema agroalimentare e industriale legato alle produzioni locali tipiche e di qualità. Gli allevatori lucani vivono un momento di grande difficoltà. I prezzi del bestiame alla stalla sono sempre in discesa mentre i costi onerosi creano ostacoli e problemi alla gestione delle imprese e il consumo di carne fresca è in calo. Una situazione complessa che richiede interventi e azioni efficaci.
Mar 26