Le quotazioni del grano duro alla Borsa Merci di Foggia, punto di riferimento per i cerealicoltori lucani, sono ancora in discesa. Il “mercantile” ha una quotazione, al 12 aprile, da 340 a 343 euro la tonnellata (60 euro in meno in tre settimane); il biologico da 380 a 385 euro la tonnellata; il “fino” 360-365 euro/tonnellata; il buono mercantile 350-353 euro/tonnellata .
Secondo Cia, è sempre più a rischio la produzione agricola di grano duro -la più estesa per superficie nel Paese- materia prima per un prodotto di eccellenza del Made in Italy come la pasta. Il prezzo continua, infatti, a sprofondare: nello stesso periodo del 2022 era di 550 euro/ton. I margini per le aziende agricole sono così troppo esigui ed è a rischio la prossima stagione di semine. Cia segnala che stanno, invece, aumentando i prezzi dei prodotti trasformati all’interno della filiera e le esportazioni sono cresciute al ritmo del +5% nel 2022. Per Cia è, dunque, necessario – come ha sostenuto al Tavolo cerealicolo nazionale – mettere in campo quelle azioni strutturali di cui si parla da anni per riequilibrare la catena del valore, che è oggi troppo penalizzante per gli agricoltori.
Cia pone l’attenzione sulla valorizzazione dell’origine del prodotto e chiede maggiori risorse da investire sui contratti di filiera che favoriscano le produzioni domestiche, incentivando la coltivazione del grano duro Made in Italy. Per una strategia di medio/lungo periodo Cia ritiene, inoltre, necessari forti investimenti in ricerca per aumentare le rese e favorire produzioni sempre più sostenibili anche in chiave ambientale. Il rafforzamento della filiera aumenterebbe così gli investimenti dei nostri produttori e ridimensionerebbe il ricorso all’import.
Secondo il presidente Cristiano Fini bisogna dare una forte spinta propulsiva al comparto e ridurre drasticamente la dipendenza dal prodotto estero. Per implementare l’autosufficienza nazionale e aiutare le aziende a produrre più grano di qualità come richiesto dell’industria molitoria, occorre lavorare sulla trasparenza dei prezzi con il ripristino della CUN (Commissione Unica Nazionale) favorendo il dialogo interprofessionale ed è allo stesso tempo necessaria l’istituzione di Granaio d’Italia e del relativo Registro Telematico dei Cereali, che prevede azioni di contrasto verso i fenomeni speculativi. Si devono, infine, studiare con Ismea nuovi strumenti che certifichino i costi di produzione del grano duro.
Non è possibile continuare a produrre con costi alle stelle e prezzi di mercato che – sostiene Leonardo Moscaritolo, cerealicoltore di Melfi, presidente del Gruppo di lavoro Cereali di Cia -mortificano il lavoro e non garantiscono più un reddito. Continuando così, con il calo dei prezzi all’origine e l’aumento dei costi di produzione, oltre al possibile calo delle rese a seguito della siccità che ha colpito diversi areali, si corre il rischio che sempre più agricoltori abbandonino la produzione cerealicola, mentre c’è una guerra in corso che impatta pesantemente su approvvigionamenti e mercati. Si tenga presente che la cerealicoltura esce penalizzata anche dalla nuova Riforma della PAC sia dal punto di vista economico, sia sotto il profilo amministrativo-sanzionatorio con i tanti lacci e lacciuoli che mortificano il settore”.