Gli agricoltori biologici – in Basilicata circa il 12 per cento della superficie agricola utilizzata è destinata ad agricoltura biologica (poco meno di 100 mila ettari); 1.500 le aziende agroalimentari che adottano metodi di produzione biologica – e le imprenditrici del settore – da noi più del 30% delle aziende sono dirette da donne – vogliono essere al centro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Questo il messaggio lanciato dalle due associazioni di Cia-Agricoltori Italiani, Anabio e Donne in Campo.
“Le due missioni del PNRR su cui punta l’agricoltura biologica italiana per svilupparsi ulteriormente sono ricerca e digitalizzazione – sottolinea Anabio-Cia”. Il presidente Antonio Sposicchi: “ Auspichiamo che finalmente vengano attribuite alle attività di ricerca in materia risorse adeguate, visto che ad oggi è stato dedicato solo lo 0,5% dei fondi. Attraverso la ricerca sul bio può crescere anche l’agricoltura tradizionale, permettendo all’intera filiera di centrare gli obiettivi del Green Deal Ue, come la riduzione dei fitofarmaci”. Altrettanto importante, secondo Anabio, investire sul digitale per “annullare il cronico digital divide delle aree rurali; realizzare processi di semplificazione delle procedure a beneficio della trasparenza delle produzioni; accedere alle reti di logistica e commercio online”.
Per Donne in Campo-Cia, invece, sebbene siano positive le misure trasversali del PNRR sulla parità di genere, “è urgente un maggiore impulso, con progetti e risorse, proprio sui settori con alta percentuale di occupazione femminile -ha spiegato la presidente Pina Terenzi– come l’agricoltura”. Chiesti, in particolare, investimenti mirati al miglioramento dei servizi sociali nelle aree interne, dagli ospedali ai presidi territoriali sociosanitari, dagli asili al sostegno ai disabili, fino alla banda larga diffusa. Interventi in grado di agevolare lo sviluppo imprenditoriale femminile, supportando il mondo delle donne, soprattutto delle comunità rurali, nell’assistenza a minori, anziani e disabili “attraverso attività multifunzionali come gli agri-nidi, le fattorie sociali e didattiche”.
Ma la centralità delle donne nella ripresa in chiave sostenibile e innovativa passa anche per il contributo attivo delle imprenditrici agricole nella lotta ai cambiamenti climatici, nella riforestazione e nel ripristino della biodiversità, nella produzione di piante per l’industria farmaceutica ed erboristica, nella cura del paesaggio come nel recupero dei territori degradati, in linea con le strategia Farm to Fork e Biodiversity del Next Generation EU.
“Il PNRR rappresenta una grande opportunità – ha aggiunto Terenzi – anche per sostenere, finalmente, progetti di ricerca sulla filiera tessile sostenibile, per la produzione, quindi, di fibre vegetali destinate ai tessuti e di piante tintorie per la colorazione naturale. Le risorse del Recovery Plan diano linfa alla ricostruzione di quel primo anello della catena della moda Made in Italy che ha dimostrato grandi potenzialità, sin dal lancio del progetto sugli Agritessuti di Donne in Campo-Cia”.
Nello specifico della realtà lucana si punta a fare della nostra regione un moderno areale bio-economico e bio-tecnologico, puntando su una reale interazione tra risorse endogene, innovazione, economia della conoscenza, connettività digitale e la coesione territoriale e sociale.
‘Riprendersi la capacità di immaginare il futuro’ è invece lo slogan su cui l’Associazione Donne in Campo vuole impegnarsi. L’Associazione crea ‘reti’ di donne sul territorio rurale, tesse relazioni tra le aziende e costruisce comunità e gruppi locali. Il connubio straordinario tra donne e agricoltura – sottolinea Lucrezia Di Gilio presidente lucana – passa attraverso l’amore per la terra, l’attenzione alla salubrità dei prodotti e ai processi produttivi, nell’impegno a tramandare le culture locali alle nuove generazioni e nell’innovazione, caratteristica determinante dell’imprenditoria femminile. Un impegno – aggiunge – che permette alle agricoltrici di “ricucire” lo strappo tra tradizione e innovazione ricongiungendo passato, presente e futuro in un “continuum” che ridisegna un sentiero comune per tutta la collettività.