Inserire, nella normativa europea, l’obbligo di etichettatura di origine per la carne di coniglio, oltre a quello di allevamento e macellazione. Lo chiede la Cia, denunciando la grave situazione di crisi nel settore cunicolo. Settore che in Basilicata coinvolge 145 aziende con “consistenti” allevamenti di conigli, mentre ammontano a circa 126mila i capi cunicoli complessivi. Parliamo – è scritto nella nota – di un comparto zootecnico di nicchia perché ci sono aziende agricole che utilizzano l’allevamento di pochi capi ad uso familiare, mentre la media di capi/azienda per le strutture che se ne occupano come attività principiale è di 860 capi/azienda. La distribuzione territoriale sia degli allevamenti che del numero dei capi è concentrata nella provincia di Matera che detiene il 74% circa delle aziende ed il 75,56% dei capi allevati. Il comparto cunicolo – sottolinea la Cia – ha subito un autentico tracollo: in dieci anni si è passati da oltre 5mila aziende a solo 145, ma a testimonianza del crescente impegno degli allevatori lucani i capi dei conigli nel giro di dieci anni è passato da 23 a 867 capi ad azienda. L’allevamento di conigli può rappresentare anche nella nostra regione una valida opportunità per sviluppare la multifunzionalità aziendale e per accrescere il reddito degli agricoltori, specie se titolari di piccole aziende familiari. Sono soprattutto le Aree Interne già ricche di produzioni agricole di pregio, caratterizzate da elevata tipicità e apprezzamento dal mercato con allevamenti di conigli a terra, che possono rilanciare il comparto cunicolo proiettandolo nella ristorazione tipica e di qualità. Come sanno i consumatori – è scritto ancora nella nota – trovare in macelleria il “coniglio paesano” è sempre più raro e sulla provenienza non si ha, salvo eccezioni, certezza a causa della forte crescita di importazione da altri Paesi Europei ed extra Ue con prezzi bassi nei supermercati e in macelleria.
L’obbligatorietà nell’etichettatura, peraltro già prevista per le altre carni fresche (suine, bovine, ovi-caprine, pollame) dall’Ue -sollecita la Cia – è necessaria per valorizzare le carni della nostra regione e italiane. Serve un marchio del Dicastero agricolo per valorizzare questo comparto che genera una qualità superiore rispetto ad altre nazioni produttrici, oltre a sostenere la filiera con campagne promozionali alla stregua di altri prodotti Made in italy”.
Adesso, prosegue la nota, il settore sta attraversando un periodo di crisi gravissima con il prezzo di vendita che negli ultimi 8 mesi è stato di 1,52 euro al chilogrammo, con costi produttivi che vanno da 1,75 a 1,85″.
Nonostante le ripetute richieste degli allevatori e dei consumatori, continua la Cia, la carne di coniglio resta ancora esclusa da un sistema di etichettatura trasparente consentendo così a referenze estere di entrare in modo anonimo nei circuiti distributivi italiani.
In tutta la Penisola vengono prodotti mediamente 500mila conigli a settimana, che vengono trasformati in 25 stabilimenti produttivi.
“Anche questo è una nota dolente del settore ovvero la difficoltà della filiera di aggregare il prodotto: la Spagna, ad esempio, ha 3 stabilimenti produttivi e la Francia ne ha 4. Quest’ultima nazione sta esportando in Italia molti capi con prezzi tenuti volutamente bassi. Sostiene infatti le quotazioni entro i confini ed esporta l’eccedenza con prezzi bassi, applicando di fatto il dumping. Inoltre sono 9 settimane che a Verona, dove si riunisce periodicamente la Commissione unica nazionale (Cun) settore conigli, non viene raggiunta una quotazione tra allevatori e trasformatori. In questo modo, siccome il prezzo è molto al di sotto del costo di produzione, gli allevatori non accettano le proposte di prezzo e la carne viene venduta in un mercato che si ‘autoregola’ con cifre irrisorie”.
Il settore cunicolo in Italia
• 500.000 conigli a settimana allevati a livello nazionale;
• 10.000 addetti e un fatturato di oltre 350 milioni di euro ;
• Servono 79 giorni per ingrassare un coniglio (un peso che a maturazione va da 2,450 a 2,700 chilogrammi). La Francia macella a 68 giorni;
• Per produrre un chilo di carne occorrono 4 chilogrammi di mangime al costo medio di 27 euro a quintale;
• Una fattrice genera in un anno circa 50 conigli.
Ago 31