Il mercato fondiario in Basilicata, secondo una tendenza omogenea nel Sud, ha registrato nel 2012 un altro anno di rallentamento, sia per quanto riguarda l’attività di compravendita sia in termini di quotazioni. Gli operatori del settore, intervistati nel corso dell’annuale indagine svolta dalle sedi regionali dell’INEA, sono concordi nell’affermare che gli scambi si sono ulteriormente ridotti rispetto agli anni precedenti. La riduzione del volume delle compravendite si è riflessa anche sulle quotazioni che per la prima volta da vent’anni a questa parte hanno registrato il segno negativo come media nazionale. Il prezzo della terra è diminuito in modo impercettibile (-0,1%) in termini nominali, ma se si tiene conto del tasso di inflazione la contrazione è piuttosto rilevante (-3,1%) e va ad aggiungersi alle riduzioni in termini reali registrate dal 2008. Considerando l’incremento generale dei prezzi, il patrimonio fondiario lucano, in media, vale tra il 88% e il 93% di quanto valeva nel 2008. Nel periodo esaminato, secondo l’ultimo rapporto dell’Inea, i valori dei terreni della Basilicata sono apparsi sostanzialmente stabili. Gli aiuti al reddito previsti per le zone svantaggiate hanno contribuito a mantenere ad un certo livello di prezzo quei terreni che, in assenza del sostegno comunitario, perderebbero gran parte dell’interesse alla coltivazione agraria rischiando l’abbandono. Significative differenze di valore si riscontrano tra i terreni vitati che hanno potuto usufruire del premio comunitario per l’espianto e i terreni che mantengono il diritto all’impianto. In alcune annate il mercato è stato ravvivato dalla compravendita di seminativi ed oliveti, attuata da operatori legati direttamente all’attività agricola. Per un’idea delle quotazioni dei terreni agricoli da noi di maggiore pregio, nel Vulture, secondo l’Inea, quella minima è di 29mila/ettaro e quella massima di 62mila/ettaro.
“Ovviamente il mercato fondiario – è il commento del presidente regionale della Cia Donato Distefano – risente della complessità delle problematiche della fase critica che attraversa la nostra agricoltura, in primo luogo la contrazione delle superfici coltivate, del numero di aziende comprese quelle zootecniche estensive, con la conseguenza immediata di un numero assai ridotto di compravendite. Un effetto diretto ha giocato – continua – il rinnovo dei contratti in alcuni casi imposto dalle regole di accesso alle misure del Psr. Sempre più diffuse le contrattazioni stagionali, specie nel Metapontino nel caso di terreni destinati a colture orticole. In secondo luogo il prezzo della terra – dice il presidente della Cia – diminuisce in misura relativamente più elevata nelle zone di pianura, malgrado tali aree siano più ricche di terreni fertili e dotati di buone infrastrutture dove si concentra la maggior parte dell’attività di compravendita. Una prima ipotesi che potrebbe spiegare l’andamento in flessione riguarda il graduale processo di aggiustamento dei prezzi a cui si sta assistendo, in conseguenza della crisi economica e dei nuovi scenari che hanno caratterizzato l’agricoltura europea nell’ultimo decennio. La difficoltà di accesso al credito rimane uno dei fattori che limita le potenzialità della domanda degli agricoltori professionali che sono ancora interessati a consolidare la struttura aziendale per aumentare le economie di scala, per non parlare dei giovani “tagliati fuori” dai costi proibitivi (intorno ai 18mila euro/ettaro in media) . D’altra parte gli acquirenti extragricoli sono frenati dalla mancanza di liquidità e dalle prospettive incerte per la redditività del settore, anche se non manca l’interesse di investitori, anche stranieri, per acquisizione di aziende intere o per corpi fondiari di una certa rilevanza situati in zone particolarmente pregiate. Oltre alla crisi economica, l’agricoltura risente anche delle mutate condizioni di mercato e degli sviluppi della politica agricola sempre più orientata verso una riduzione del sostegno ai redditi. È probabile che, in un contesto caratterizzato da elevata volatilità dei prezzi e da prospettive di ulteriori contrazioni degli aiuti al reddito, gli agricoltori anziani e quelli meno professionali abbandonino il settore anche attraverso la vendita del fondo. Inoltre il riallineamento tra valori fondiari e redditività potrebbe rimettere nuovamente in gioco gli agricoltori che sono interessati a investire nella propria impresa”. Per Distefano “il valore terra è adesso legato alla nuova PAC e all’attuazione di una serie di misure, tra le quali quelle relativo al disaccoppiamento o accoppiamento degli aiuti comunitari, al criterio di aiuti solo a superficie. Per questo dopo la sospensione del pagamento dell’IMU che ci ha consentito una bocca d’ossigeno di fiscalità, incoraggiando la ripresa di investimenti nel settore, dobbiamo guardare con grande attenzione alla nuova programmazione del PSR 2014-2020”.