Con l’arrivo del Natale, torna la tradizione in tavola. Messe da parte le mode esotiche in cucina e ridotti i viaggi, vincono anche quest’anno i banchetti casalinghi con prodotti legati al territorio. Oltre 8 italiani su 10, infatti, hanno deciso di trascorrere le feste tra le mura domestiche con parenti e amici, preferendo portate locali nel 70% dei casi. Lo afferma Cia-Agricoltori Basilicata.
L’ospitalità rurale in agriturismo e l’acquisto dei prodotti direttamente in azienda in occasione delle festività oppure nei mercatini contadini sono un connubio inscindibile per la promozione delle produzioni tipiche e di qualità e con esse dei territori. Di qui la campagna “La Spesa in campagna per Natale” che promuove la rete degli agriturismi di Turismo Verde-Cia per intensificare i progetti avviati con la spesa in campagna durante il resto dell’anno che non solo conviene ai consumatori perché si risparmia ma perché garantisce genuinità e tipicità dei prodotti. Qui sta anche il valore per così dire didattico della vendita diretta, che consente di far dialogare direttamente il consumatore con il produttore.
Il comparto agrituristico lucano – che registra 137 strutture ricettive con 2.557 posti letto e circa 800mila giornate-letto l’anno e una permanenza media di 3,1 giorni, oltre ad una sessantina di punti ristoro-degustazione – si prepara ad accogliere gli ospiti per la vigilia, il pranzo di Natale e il cenone di Capodanno.Si tratta – sottolineano Piera Bianco (azienda agrituristica Il Pago di Rotondella) e Paolo D’Andrea (azienda agricola Pani e funghi di Acerenza) presidenti regionali, rispettivamente, di Turismo Verde e la Spesa in campagna – di un progetto molto importante già avviato sperimentalmente in Basilicata da qualche tempo con l’adesione di una trentina di aziende, in gran parte agrituristiche e sul quale puntiamo con la massima decisione. Al momento la spesa in campagna non ha certo i numeri della grande distribuzione, né dei negozi e dei mercati. Crediamo, però, che se si porta avanti un’iniziativa seria e responsabile, questo tipo di vendita diretta può arrivare a coprire il 4-5 per cento dell’intero mercato.
D’altra parte, una filiera lunga comporta una spesa maggiore per i consumatori. Oggi i prezzi dei prodotti, nel loro viaggio dal campo alla tavola, subiscono, proprio a causa dei troppi passaggi e dei troppi intermediari e dei costi di trasporto, aumenti considerevoli.
E questo si riflette in maniera negativa per le tasche dei consumatori che per acquistare anche prodotti di prima necessità sono costretti a fronteggiare continui e insostenibili rincari..
“Per poter innovare – sottolinea la Cia – occorre partire dai prodotti della tradizione e dalla consapevolezza che le ormai note qualità, tipicità e valori che li contraddistinguono vanno salvaguardate, conservate e organizzate con adeguate forme di tutela, per combattere le sempre più frequenti contraffazioni del “made in italy” agroalimentare, e farne, dunque, strumento di innovazione e di sviluppo economico per imprese e comunità locali. L’agricoltura è certamente il settore sul quale puntare per garantire occasioni di sviluppo e coesione anche nelle regioni meridionali. In quest’ottica è importante potenziare il legame fra territorio, consuetudini alimentari e tradizioni enogastronomiche: tutto ciò offre identità e sviluppo alle comunità locali. Sono necessarie, quindi, iniziative che promuovono la vendita diretta dei prodotti dell’azienda agricola, le “strade enogastronomiche” collegate ai prodotti tipici ed ai vini di qualità, la valorizzazione turistica attraverso le tipicità agroalimentari, i Musei del cibo e della tradizione contadina, una ristorazione che richiami le ricette e i prodotti locali, anche nelle mense pubbliche, l’ospitalità turistica alberghiera per la valorizzazione delle tradizioni alimentari locali”.
Dic 22