C’era una volta il tradizionale brindisi, nella prima settimana di novembre, del primo bicchiere di vino novello (preferibilmente aglianico) accompagnato dalle caldarroste (preferibilmente marroncino di Melfi). Quest’anno la tradizione sarà decisamente sotto tono sia perché i vitivinicoltori lucani producono sempre meno novello sia perché si registra un calo sino al’80% di castagne pregiate come il marroncino Igp di Melfi a causa del cinipide. E’ quanto evidenzia la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori della Basilicata riferendo che saranno solo poche decine di migliaia le bottiglie di novello soprattutto Aglianico del Vulture, Grottino di Roccanova, Terre Alta Val d’Agri.
“Il vino novello – sottolinea Paolo Carbone della Cia lucana – per i nostri viticoltori specie del Vulture rappresenta una produzione di nicchia e di esportazione ma molto limitata che quest’anno si ridimensiona ulteriormente. Le difficoltà per il novello si ripetono da circa cinque anni. In verità, il vino giovane in Basilicata non ha mai entusiasmato le aziende dei doc e continua a perdere fascino e fan. Ma meno ammiratori significa meno vendite e quindi meno bottiglie”.
E’ interessante chiarire la differenza che esiste fra vino novello e vino nuovo, terminologie che troppo spesso, nel linguaggio comune, vengono confuse o addirittura associate al medesimo prodotto. Si tratta infatti di vini completamente diversi, sia per quanto riguarda le caratteristiche, sia per i metodi di produzione impiegati.
Carbone spiega questa differenza: “Il vino nuovo è il vino che, concluse le varie fasi di vinificazione, resta in attesa di essere commercializzato partendo generalmente dall’anno successivo alla vendemmia. Il novello è invece prodotto con uve sottoposte a una particolare tecnica di vinificazione chiamata macerazione carbonica che consiste nel porre i grappoli di uva in un contenitore che viene poi saturato con gas anidride carbonica e portato a temperatura controllata per 7-8 giorni. In questo periodo si sviluppano molti processi chimici che interessano sia l’uva posta più in basso che viene schiacciata dalla massa soprastante, sia l’uva che si trova più in alto che rimane integra ma in ambiente saturo di anidride carbonica.”
“Una volta terminato il periodo di permanenza nella vasca – conclude il dirigente della Cia – l’uva viene pigiata ottenendo un mosto ricco di molteplici componenti odorosi che ricordano la fragola, il lampone, oltre ad un intenso fruttato tipico dell’uva d’origine.”
Quanto agli aspetti normativi: “La legislazione italiana è molto precisa e dettagliata sulla commercializzazione del vino novello che infatti, può essere venduto dal 30 ottobre dell’anno della vendemmia e può essere imbottigliato entro la fine di dicembre. E’ inoltre previsto che, affinché possa essere denominato “vino novello”, almeno il 30% dell’uva sia stato lavorato con la macerazione carbonica, mentre il restante 70% può essere vinificato con il metodo tradizionale” Una moda al tramonto anche se non mancano gli “ultimi romantici appassionati” per i quali sarà anche poco “vino”, ma un novello “giusto”, fatto con l’uva idonea e solo con la macerazione carbonica, è un bere gioioso, giocoso, giocherellone. Con le castagne, col pesce fritto, col baccalà, con una spaghettata al pomodoro. O meglio, piacerebbe, perché ormai anche tanti fra coloro che producevano del buon novello si sono disamorati: a farlo bene hai costi alti, ma devi confrontarti con roba che ha un prezzo molto più basso (perché i costi sono inferiori). I contadini sono soliti dire che “a San Martino ogni mosto diventa vino”. Ed è proprio per celebrare la nascita del vino novello, quello ottenuto dalla recente vendemmia, che a novembre, molte cantine si aprono agli enoturisti per una degustazione speciale dei vini e dei prodotti di stagione. E’ questo l’invito della Cia e delle aziende agrituristiche di Turismo Verde a cogliere questa occasione per una gita in campagna dai produttori ed oltre a gustare le specialità rurali a fare la spesa in campagna approfittando del risparmio sino al 30%.