La crisi attanaglia sempre di più gli italiani che, oltre a ricorrere agli hard discount, si lanciano nell’orto fai da te. Un fenomeno che è stato battezzato “urban farming” e si sta sviluppando, persino all’interno dei centri urbani o in piccole aree periferiche, più per necessità che per passione e che secondo stime della Cia dovrebbe far risparmiare quest’anno almeno un miliardo e quattrocento milioni di euro. Si pensi che secondo un censimento della Cia gli orti familiari in Basilicata sarebbero non meno di 15mila a sostegno quasi esclusivamente dei consumi alimentari di nuclei familiari rurali. Come è facile immaginare, al contempo calano i dati relativi alle vendite di frutta, verdura e legumi: dal 2002 al 2012 si è passati da 417 kg di prodotti acquistati in un anno per famiglia a 331 kg di prodotti per famiglia. E, nell’ultimo anno, quindi in relazione al 2012, anche la frutta fresca ha visto un calo delle vendite.
Un ruolo determinante in questa tendenza lo gioca senz’altro la crisi economica, ma è un dato di fatto anche la maggiore attenzione che anno dopo anno gli italiani dedicano alla qualità del cibo, come prova la costante crescita degli alimenti biologici. Nel bene e nel male, quindi, stiamo tornando a essere un paese di piccoli coltivatori. Il segreto del piccolo orto, persino sul balcone di casa, sta nell’ottimizzare gli spazi all’interno degli stessi vasi, alternando piante più alte come pomodorini, peperoni e melanzane, con alla base composizioni di prezzemolo, basilico ed erbette. L’ideale è attrezzare un lato del balcone con le orticole e l’altro con le aromatiche (come timo, salvia e menta).
“Quello delle produzioni agricole e agro-alimentari familiari – sottolinea Donato Distefano presidente della Cia lucana- è un segmento diffuso e importante che caratterizza e rafforza il settore primario anche in Basilicata; infatti, sono sempre di più le aziende di ogni dimensione che decidono di chiudere la filiera al proprio interno e che rivendicano su tale materia un quadro di riferimento normativo puntuale, chiaro, agibile. In particolare, nella regione risultano oltre 23.000 le aziende con meno di 2 ettari di Sau, oltre 15.000 gli allevamenti da cortile e suinicoli prevalentemente per autoconsumo e piccole trasformazioni familiari, oltre 5.000 le aziende vitivinicole con superficie sotto le 30 are, 33.000 quelle olivicole,circa 15.000 gli orti familiari, solo per citare i numeri a volte inespressi e che rappresentano un tessuto produttivo nascosto e silenzioso che sorregge molte famiglie della comunità lucana.
Tali aziende – evidenzia Distefano- spesso producono alimenti tradizionali di elevata qualità e tipicità con ricadute non solo sulla microeconomia ma su fattori determinanti quali il presidio del territorio (specie montano), la ruralità, il paesaggio agrario, l’agriturismo .I quantitativi per la vendita, che avviene prevalentemente in ambito locale e di prossimità, sono di modesta entità, in quanto tali produzioni hanno assolto fino ad oggi al prioritario obiettivo dell’autoconsumo familiare. Sempre più tali produzioni per le intrinseche proprietà anche nutrizionali sono apprezzate e sempre più ricercate”.
Queste le motivazioni che hanno spinto di recente la Cia a costituire l’Arppa (Associazione piccoli produttori agricoli), a sostegno del consistente reticolo di piccole e medie aziende agricole caratterizzate dal lavoro quasi esclusivamente familiare in gran parte ad indirizzo misto orticolo-olivicolo-viticolo, zootecnico cerealicolo, silvo-forestale e solo in pochissimi casi ad indirizzo monoculturale.