Si è svolta nel pomeriggio nel Giubileo Hotel di località Rifreddo di Pignola l’assemblea pubblica di Confindustria Basilicata 2024 sul tema “Coesione, competitività e nuovi assetti istituzionali per lo sviluppo del Mezzogiorno”.
L’iniziativa – animata dagli interventi di esponenti istituzionali nazionali e locali e dai vertici di Confindustria – è nata per promuovere un confronto sui temi di politica industriale e di sviluppo socioeconomico che impattano le imprese, con particolare riferimento alle specificità della Basilicata e al ruolo del Mezzogiorno. Alla presenza delle autorità locali, degli organi di Confindustria e di una folta platea di imprenditori e dei rappresentanti delle parti economiche e sociali, il confronto ha analizzato le criticità per far emergere potenzialità della Basilicata in un più ampio progetto di rinnovato protagonismo del Mezzogiorno.
Dopo i saluti del Sindaco di Pignola Antonio De Luca e del Sindaco di Potenza, Vincenzo Telesca, i lavori sono stati aperti dalla relazione introduttiva del Presidente di Confindustria Basilicata, Francesco Somma. Le sue tesi hanno fatto da base alle interviste condotte dal giornalista del Sole 24 Ore, Lello Naso al Presidente della Regione, Vito Bardi, al coordinatore della Struttura di Missione ZES, Giosy Romano, al Ministro per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Maria Elisabetta Casellati, al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e al Ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso.
Di seguito report integrale e interventi Somma e Bardi
Coesione, Competitività e nuovi assetti istituzionali per lo sviluppo del Mezzogiorno Analisi di contesto In uno scenario complessiva di riduzione della crescita, il Mezzogiorno pare accelerare il passo, mentre la Basilicata rivela indizi di rallentamento. Mai come in questo particolare momento storico, questione meridionale e unità nazionale sono chiamate a coincidere. Ci sono due questioni cruciali per la nostra società e la sua economia che impongono al Mezzogiorno un cambiamento radicale di strategia e di posizionamento: Autonomia differenziata e Zes Unica. Autonomia Differenziata: La società italiana non è e non può diventare la sommatoria geografica di due parti con problemi diversi e alla ricerca di soluzioni distinte. Il libero e pieno dispiegamento delle autonomie esige di essere declinato dentro un quadro chiaro di prerogative statuali che garantiscano a Nord e Sud paritarie posizioni di partenza. L’effettiva garanzia su tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni, LEP, concernenti i diritti civili e sociali, deve costituire la premessa per l’applicazione dei principi del Titolo V della Costituzione. Per essere realizzata, necessita di risorse adeguate a sostenere le amministrazioni che debbono colmare divari nella erogazione delle prestazioni. Tuttavia, non è ancora avvenuta la stima dei fabbisogni e dei costi standard. Così come è rimasto incompiuto il censimento delle necessità infrastrutturali, fondamentale per superare le disparità tre le diverse aree del Paese. Siamo perplessi, poi, sull’ampiezza delle materie che possono costituire oggetto dell’autonomia differenziata: ambiente, infrastrutture energetiche e di trasporto, commercio con l’estero. Si tratta di materie decisive per la competitività e lo sviluppo del Paese e che avrebbero bisogno di una gestione unitaria, in alcuni casi addirittura europea. Affrontata e risolta la questione della parità dei punti di partenza fra settentrione e meridione, il pieno svolgimento delle autonomie dovrà realizzarsi dentro il rigore di un “nuovo regionalismo” che esige qualità delle nostre classi dirigenti ed efficace funzionamento delle Amministrazioni. Zes Unica Seppur condividendo il principio che ispira la Zes Unica e che richiama la filosofia che ha storicamente informato le politiche per il Mezzogiorno, chiediamo maggiori certezze su risorse e orizzonte temporale a sostegno degli investimenti produttivi privati. Soprattutto, riteniamo necessari strumenti atti a garantire che gli investimenti più significativi non si concentrino, come sta accadendo, solo nelle aree industriali già consolidate a prezzo della desertificazione delle altre aree e contesti, magari ben predisposti ma considerati periferici. Confidiamo che si trovi il modo di orientare la politica di investimento distribuendo le cosiddette “autorizzazioni uniche” così da valorizzare tutte le specificità e le risorse ambientali e territoriali di cui il Sud dispone. La Basilicata fra queste. La nostra regione non parte da una posizione di vantaggio anche a causa dell’ingiusta penalizzazione dovuta all’inferiore intensità agevolativa prevista per la Basilicata dalla Carta degli aiuti di stato a finalità regionale. La nostra aspettativa è che si corregga questa intollerabile assurdità. Riteniamo inoltre che il Bonus Zes non sia sufficiente ad alleviare i riflessi negativi che derivano dalla scadenza al 31 dicembre 2024 dell’agevolazione Decontribuzione Sud, strumento concreto di perequazione che va reso stabile. Riteniamo, poi, fondamentale portare avanti il progetto di istituzione della Zona Franca Doganale di Ferrandina. Infrastrutture Siamo immersi in una condizione premoderna, non intendiamo vivere in un museo antropologico ma in un centro vitale di relazioni e di scambi. Il nostro isolamento è figlio di una regola da rovesciare, chiamando Ferrovie ed Anas ad accompagnarci nella contemporaneità con maggiore responsabilità. Inaccettabili i ritardi nell’esecuzione di tutte le opere gestite da ANAS, preoccupante il segnale di un possibile slittamento dei tempi di conclusione dei lavori del collegamento ferroviario Matera Ferrandina. Auspichiamo che l’attuazione della Salerno-Potenza-Bari su gomma – il cui progetto è oggi al MASE per la valutazione d’impatto ambientale – venga affidata a un commissario straordinario per vederne finalmente la realizzazione. Con le FAL – il paradosso della più costosa infrastruttura che operi in Basilicata- va avviata subito una verifica del rapporto fra spesa e utilità sociale. Siamo tuttora in attesa che si decida in ordine al finanziamento dell’itinerario “Murgia – Pollino”, asse trasversale che avrebbe un effetto propulsivo e liberatorio sulla Basilicata interna. Servirebbe più in generale una ricognizione puntuale di tutti i fattori di debolezza che rendono precarie mobilità e relazioni intra ed extra regionali. E su questo vogliamo riconoscere l’impegno ed un reale cambio di passo del Dipartimento delle Infrastrutture della Regione Basilicata. Formazione Paghiamo il prezzo di politiche formative dal respiro troppo corto. Anche in Basilicata viviamo nell’assurdo paradosso per il quale manca il lavoro ma mancano anche i lavoratori. Continuiamo a perseverare nell’errore se, dopo anni, non siamo ancora riusciti ad ampliare l’offerta degli ITS, vanificando uno degli strumenti più efficaci dal punto di vista occupazionale. Anche l’Università di Basilicata ha conservato nel tempo una relativa distanza dall’universo civile e produttivo della Regione. Le responsabilità non possono, ovviamente, essere addossate solo all’Università ma chiamano in causa anche le imprese e le istituzioni ed una rapida e decisa inversione di rotta si impone. Le inedite sfide che le tre transizioni – demografica, digitale ed ecologica – pongono all’economia e alla nostra società potranno essere superate solo con un attivo contributo delle giovani generazioni e delle donne, vero potenziale ancora inespresso. Politiche industriali Dobbiamo aprire una grande “vertenza Basilicata”. Sono necessarie opportune iniziative di politica industriale – da realizzare in virtuoso accordo tra la Regione Basilicata e il governo nazionale – finalizzate a far atterrare in Basilicata investimenti esogeni di dimensione significativa, focalizzati sui principali driver di attività industriale all’interno dello sfidante percorso delle transizioni. Uno dei tanti settori potrebbe essere il settore dell’Aerospazio che in Basilicata vanta già eccellenze nel settore dell’osservazione della Terra. Da regione estrattiva dobbiamo ancora compiere il salto decisivo nella modernità tecnologica e delle comunicazioni, entrare dentro la grande “rete” che “include”, che promuove la partecipazione alle filiere produttive nazionali ed europee, e sollecita la percezione dei cambiamenti in tempo reale. Molto bene si è fatto, a esempio, con il recente provvedimento del dipartimento Ambiente e della Giunta regionale che va nella direzione di semplificare i procedimenti autorizzativi (PAUR) per impianti di fonti rinnovabili. Siamo, invece, preoccupati per la riduzione di risorse prevista dal Ddl Bilancio per i contratti di sviluppo, di cui auspichiamo il ripristino della dotazione e una forte accelerazione istruttoria. Abbiamo a disposizione ingenti risorse, probabilmente come mai in passato, che derivano dai Fondi Europei e da quelli nazionali. È assolutamente prioritario accelerare l’attuazione della spesa che attualmente procede a rilento. Si parta da un reale e percepito miglioramento dei livelli di capacità amministrativa. Bisogna procedere con urgenza alla pubblicazione degli Avvisi Pubblici destinati alle imprese riservando maggiori somme a favore delle sovvenzioni rispetto agli strumenti finanziari. Se “impresa motore di sviluppo” non è solo uno slogan, diamone prova una volta per tutte. Solo un sistema realmente competitivo e un tessuto produttivo sano possono evitare che le fragilità si trasformino in fratture. Emblematica è l’emergenza idrica che stiamo sperimentando in questi ultimi mesi. Ciò che serve alla nostra regione e al Mezzogiorno intero sono spazi di produzione economica capaci di esprimere lavoro e occupazione. Come il progetto produttivo “Zes della Cultura di Matera”, che mira a promuovere l’insediamento in loco di fabbriche della conoscenza. Bisogna dotarsi di una “vera politica industriale” e di centri di ricerca applicati alle nuove energie e tecnologie. Occorre promuovere produzioni in settori avanzati e al contempo tutelare quel patrimonio che deriva dai processi iscritti nella storia del nostro paesaggio industriale. Stellantis È necessario un gioco di squadra che coinvolga tutto il Governo e che, con un lavoro corale condotto a livello europeo, porti all’affermazione del principio della neutralità tecnologica. Non è tollerabile che l’evoluzione tecnologica sia imposta per decreto, si rinnovi la richiesta alla Commissione Europea di anticipare al 2025 la clausola di revisione dello stop alla vendita di auto endotermiche previsto nel 2035. E’ assolutamente auspicabile contenere gli annunciati interventi di ridimensionamento del Fondo Automotive. Mentre Stellantis dimezza la capacità produttiva di Melfi e di tutto l’indotto lucano di componentistica, realizza il raddoppio dello stabilimento di Kenitra in Marocco. In nome di fattori quali la produttività, i costi energetici, del lavoro e di logistica che determinerebbero un differenziale di competitività in parte reale, ma in parte anche conseguenza di economie di scala non ottenibili con bassi volumi di produzione. Il paradigma che subordina la piena operatività degli stabilimenti alla disponibilità di ulteriori incentivi pubblici è inaccettabile. Occorre una nuova strategia di rilancio dell’insediamento industriale di San Nicola di Melfi, facendo anche leva sulla qualità delle relazioni industriali che storicamente vantiamo con le forze sindacali. Va compiuto ogni tentativo anche per l’approdo di un nuovo produttore di auto. Va ampliato il fondo destinato all’area di crisi complessa. Con forza chiediamo l’esonero del contributo addizionale sugli ammortizzatori sociali a carico delle aziende, con l’aumento dell’integrazione salariale dall’80% al 100% per tutte le imprese che rientrano nel comparto Automotive di San Nicola di Melfi. Più complessivamente quella da giocare nei prossimi mesi non può essere solo una partita in difesa. Abbiamo sinceramente apprezzato lo sforzo compiuto per semplificare e velocizzare l’iter autorizzativo per la realizzazione dell’impianto a biometano per la riduzione dei costi energetici dello stabilimento Stellantis, i cui benefici vanno però estesi anche alle imprese dell’indotto. Conclusioni Il futuro economico e sociale del Mezzogiorno e della Basilicata non è scritto. È una pagina aperta su cui possiamo imprimere nuove storie di crescita, inclusione e sostenibilità. Con una visione strategica e il coraggio di investire nelle risorse del territorio, sul suo patrimonio culturale e umano, nell’innovazione tecnologica indispensabile per una nuova stagione di industrializzazione pesante e pensante, valorizzando anche le aree interne e rurali, possiamo trasformare le sfide in opportunità e creare una Basilicata, un Mezzogiorno che, pur mantenendo le proprie radici, possano guardare lontano. È interesse di tutti partecipare, condividere, dissentire. Il rispetto verso le istituzioni nasce dal confronto non dalla distanza. In ciò, è assai utile la postura pragmatica del dipartimento Attività produttive regionale. Dobbiamo avere il coraggio di semplificare la piena integrazione di cittadini extracomunitari affinché diventino cittadini e lavoratori italiani e lucani. Il Piano Mattei del Governo ci fa ben sperare. Sta a noi tutti cogliere il potenziale di questa terra e costruire un domani in cui prosperità economica, benessere sociale e sostenibilità si intreccino in un equilibrio durevole e condiviso.
Infine, l’intervista conclusiva al Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, alla sua prima visita istituzionale in Basilicata.
Di seguito l’intervento del presidente di Confindustria Basilicata, Francesco Somma al convegno di Confindustria Basilicata.
Buonasera a tutte e a tutti. Ringrazio il Ministro Casellati, i Ministri Urso e Pichetto Fratin che saranno con noi a breve, il Presidente Bardi, l’avvocato Romano, e consentitemi un caloroso benvenuto al nostro Presidente Orsini, alla sua prima visita istituzionale in Basilicata. Saluto il Prefetto di Potenza Campanaro, il Prefetto di Matera Favilli e tutte le Autorità civili, militari e religiose. Un caro saluto ai nostri Vice Presidenti nazionali Mazzuca e Sassi, ai colleghi Presidenti regionali e territoriali di Confindustria e alle organizzazioni datoriali, sindacali e professionali convenute. Un forte abbraccio a tutti voi amici imprenditori! Il vostro essere qui, oggi, dimostra, ancora una volta, personale vicinanza e convergente interesse ai comuni obiettivi da perseguire. Dopo l’appuntamento di Matera riprendiamo il filo di una riflessione sullo stato dell’economia, quale emerge dalle cifre dei grandi indicatori, e degli effetti che immaginiamo avranno i nuovi assetti istituzionali. Dati che descrivono una condizione oscillante e controversa di una congiuntura in piena transizione. Confindustria rileva un rallentamento della crescita e ne individua le ragioni, tra le altre, nel deficit della nostra politica industriale che si collega alla accelerazione del “green deal” europeo che, come ha osservato il Presidente Orsini, nella sua attuale declinazione incide in maniera rilevante sulla tenuta del sistema economico. Sposo appieno le tue parole, Emanuele: “La decarbonizzazione inseguita anche al prezzo della deindustrializzazione è una debacle”. Svimez ci ricorda che, dentro il quadrante italiano, il Mezzogiorno pare accelerare il passo pur manifestando qualche differenza al suo interno. Con la Basilicata che rivela indizi di rallentamento, situazione che merita una attenta considerazione. 2 Per tornare alle ragioni generali del rallentamento sarà bene sottolineare che agli effetti della stagione pandemica si sommano i riflessi geopolitici di guerre e disastri climatici che aggiungono fattori di incertezza e di instabilità sul quadro macroeconomico. Effetti che non potevano non incidere sulla relazione fra coesione, competitività ed equilibrio dei conti in un Paese gravato da un debito pubblico ai limiti della sostenibilità. Tutto ciò accresce la responsabilità nostra, della politica e delle istituzioni chiamate entrambe a ripensarsi profondamente soprattutto in un contesto meridionale e lucano gravato da storiche debolezze. Questa consapevolezza ci induce a esprimere un pensiero meditato e sereno su due questioni cruciali per la nostra società e la sua economia. Parlo della “autonomia differenziata” e della introduzione della Zes unica. Entrambe impongono al Mezzogiorno un cambiamento radicale di strategia e di posizionamento e sono destinate a incidere in maniera determinante sulle scelte e le modalità della nostra azione. Stiamo entrando in una nuova fase che mette in discussione costumi e attitudini della politica chiamata ora a uno sforzo severo di convergenza sul grande tema della “disparità” che divide il Paese e, conseguentemente, incide sugli obiettivi di coesione da perseguire. Mai come in questo momento questione meridionale e unità nazionale sono chiamate a coincidere. In questo senso risuonano attuali le riflessioni di Pasquale Saraceno nella Introduzione al Rapporto 1989 dello Svimez sull’economia del Mezzogiorno secondo cui «……se la storia recente ha profondamente cambiato i termini economici e tecnici della questione meridionale, la sua essenza resta quella indicata dai grandi meridionalisti del passato: quella, cioè, di una grande questione etico-politica, che investe le stesse fondamenta morali della società nazionale e dello Stato unitario». La società italiana non è e non può diventare la sommatoria geografica di due parti con problemi diversi e, dunque, alla ricerca di soluzioni distinte. 3 Il libero e pieno dispiegamento delle autonomie esige di essere declinato dentro un quadro chiaro di prerogative statuali che garantiscano a Nord e Sud paritarie posizioni di partenza. L’effettiva garanzia su tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni, LEP, concernenti i diritti civili e sociali, deve costituire la premessa per l’applicazione dei principi del Titolo V della Costituzione. Per il raggiungimento di questa ineludibile premessa è necessario, attraverso meccanismi perequativi di tipo verticale ed orizzontale, reperire risorse adeguate a sostenere quelle amministrazioni, in primis regioni e comuni, che debbono colmare divari nella erogazione delle prestazioni. Tuttavia, non è ancora avvenuta la stima dei fabbisogni e dei costi standard e dunque l’ammontare di risorse necessarie all’erogazione delle prestazioni e i relativi costi, in base alle caratteristiche territoriali, sociali e demografiche. L’adozione del criterio dei fabbisogni standard per la distribuzione dei trasferimenti perequativi consente il superamento del vecchio criterio della spesa storica che si è dimostrato inadeguato per la tutela effettiva e uniforme dei diritti civili e sociali. La Corte dei Conti, nella sua audizione del maggio scorso dinanzi alla Commissione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, sottolinea che occorre sfuggire alla cosiddetta trappola della spesa storica, ed evitare il rischio che i costi standard vengano da essa influenzati e si generi un output di spesa inadeguato al superamento delle disparità nei livelli di fornitura tra Comuni. E non è contestabile che sia indispensabile colmare anche il divario infrastrutturale che separa le diverse aree del Paese. Sul punto non fa ben sperare l’enorme ritardo nell’attuazione della perequazione infrastrutturale prevista dalla Legge 42 del 2009 quale fattore di coesione dell’unità nazionale e di garanzia di equità ed uguaglianza nell’accesso ai principali diritti sociali di cittadinanza. Ad oggi, finanche il censimento delle necessità infrastrutturali è rimasto incompiuto. 4 Sempre la Corte dei Conti rileva che il Fondo per la Perequazione Infrastrutturale (FPI ), istituito con la legge di bilancio 2021, con una dotazione complessiva pari a 4,6 miliardi, è stato recentemente notevolmente ridotto dalla legge di bilancio per il 2024 che ha azzerato il Fondo per il triennio 2024-2026 e lo ha definanziato per 2,6 miliardi di euro negli anni dal 2027 al 2033, di tal ché lo strumento quota attualmente circa 900 mln di euro. In parziale controtendenza a mitigare il perdurante divario è intervenuta positivamente la disposizione normativa che riserva in favore del Mezzogiorno almeno il 40% delle risorse finanziarie cosiddette territorializzabili del PNRR. Si tratta di un tema dirimente da consegnare alla sua dimensione politica e istituzionale. E ciò soprattutto sulla scorta delle disposizioni contenute nel “Decreto Coesione“ che dopo aver rinominato il predetto Fondo in Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno, prevede che un DPCM definirà l’entità delle risorse assegnate per la realizzazione degli interventi in ciascuna regione del Mezzogiorno, l’amministrazione statale o regionale responsabile della selezione degli interventi, i criteri di priorità da utilizzare nella selezione degli interventi e le modalità di monitoraggio procedurale e finanziario. Ci attendiamo, pertanto, che possano esservi assegnazioni congrue per la Basilicata, magari all’interno di un significativo e vivamente auspicabile rimpinguamento delle dotazioni complessive . Sullo sfondo, ma non meno importanti, restano alcune perplessità, ripetutamente evidenziate da Confindustria anche in sede di audizione parlamentare, sull’ampiezza delle materie che possono costituire oggetto dell’autonomia differenziata. Mi riferisco in particolare a quelle relative all’ambiente, alle infrastrutture energetiche e di trasporto e al commercio con l’estero, materie queste che sono decisive per la competitività e lo sviluppo del Paese e che avrebbero bisogno di una gestione unitaria, in alcuni casi addirittura europea. In ciò vi è peraltro una positiva e responsabile condivisione assai diffusa tra i colleghi imprenditori italiani come è risultato da una survey promossa all’interno del sistema Confindustria. 5 C’è un “mostro” che spesso si aggiunge agli ostacoli che la imprenditoria deve superare. Il peso di una burocrazia che è un male endemico, diffuso a Roma come da noi, da combattere come una autentica guerra di liberazione. Se e quanto il nuovo assetto istituzionale, figlio dell’autonomia differenziata, sarà in grado di agevolare il necessario processo di semplificazione rimane questione tuttora aperta. Affrontata e risolta la questione della parità dei punti di partenza fra settentrione e meridione, il pieno svolgimento delle autonomie dovrà realizzarsi dentro il rigore di un “nuovo regionalismo” che esige qualità delle nostre classi dirigenti ed efficace funzionamento delle Amministrazioni. La qualità di chi le dirige qualificherà il valore di una Regione ancor più che la sua demografia o la sua dimensione territoriale! Un tema che va oltre le maggioranze e le opposizioni ma chiama in causa la Politica senza colore. Credo si avvicini il tempo di una riflessione sull’istituto regionale, su come questo si rapporta ad una società sempre più esigente e insieme più lontana in termini di interesse e di attiva partecipazione. Le istituzioni vengono vissute come luoghi chiusi e impermeabili. Il rapporto dei poteri locali con le città e con i territori deve ritrovare momenti effettivi di interazione. È interesse di tutti partecipare, condividere, dissentire. Il rispetto verso le istituzioni nasce dal confronto, non dalla distanza. Ora arriviamo alla seconda grande questione con la quale fare i conti. Abbiamo salutato con favore il passaggio dalle Zes geograficamente delimitate alla Zes unica. Con il Sud pienamente coinvolto nelle pratiche del credito di imposta. La Zes unica è apparsa richiamare la filosofia che ha storicamente informato le politiche per il Mezzogiorno dentro una cornice unitaria. È una impostazione alla quale in ogni caso guardiamo con interesse, ma che vorremmo più intensamente e direttamente condividere. 6 Vorremmo innanzitutto apprendere con quali risorse e per quale orizzonte temporale pluriennale e certo si intendano sostenere gli investimenti produttivi privati. Ma soprattutto con quali procedure si ritenga di garantire che gli investimenti più significativi non prendano, come sta accadendo, la strada verso agglomerazioni industriali già consolidate a prezzo della desertificazione delle altre aree e contesti, magari ben predisposti ma considerati periferici. Territori che attendono da sempre di concorrere all’equilibrio generale del Sud. E di ciò in Basilicata siamo preoccupati. So di parlare alla presenza della personalità investita di delicati compiti di regia sulla Zes unica. È persona che gode della nostra piena considerazione e stima. Perciò confidiamo che si trovi il modo di orientare la politica di investimento distribuendo e finalizzando le cosiddette “autorizzazioni uniche” così da valorizzare tutte le specificità e le risorse ambientali e territoriali di cui il Sud dispone. La Basilicata fra queste. La nostra regione non parte da una posizione di vantaggio. A rallentare la corsa del sistema produttivo lucano interviene, infatti, anche l’ingiusta penalizzazione che deriva dall’inferiore intensità agevolativa prevista per la Basilicata dalla Carta degli aiuti di stato a finalità regionale 2022-2027: ben dieci punti in meno rispetto alle regioni contermini. La nostra aspettativa è che il Governo, d’intesa con il Ministro Fitto – in quella che, da italiani, ci auguriamo sarà la sua nuova veste da Vicepresidente Esecutivo della Commissione Europea – e il coinvolgimento degli organismi comunitari competenti, corregga questa intollerabile assurdità. L’efficacia delle politiche di coesione non può essere sacrificata sull’altare di rigidi e datati parametri statistici che, evidentemente, non sono più rappresentativi dello stato reale delle cose. Non posso fare a meno di rilevare, infine, che l’introduzione del Bonus Zes non è sufficiente ad alleviare i riflessi negativi che derivano dalla scadenza al 31 dicembre 2024 dell’agevolazione Decontribuzione Sud. Quest’ultimo, strumento di reale perequazione, deve essere reso stabile. 7 Per quanto è nei nostri poteri, confermiamo alla Struttura di Missione la piena disponibilità a uno stretto raccordo informativo e di consultazione per garantire il massimo risultato possibile. Che a nostro avviso comprende anche la realizzazione del progetto di istituzione della Zona Franca Doganale di Ferrandina – avviato a suo tempo dalla Regione Basilicata e dal Commissario della Zes Jonica, Gallucci – e di cui non abbiamo più notizie. Ora consentitemi di accennare ad alcune questioni che toccano in particolare la comunità lucana, con la usuale chiarezza e con il dovuto rispetto con cui poniamo sempre le nostre osservazioni su molte scelte cruciali di governo. La Basilicata è una regione insieme strategica e interna. Dispone di risorse che sono valore e ricchezza dell’intera comunità nazionale. Esse vanno combinate con attitudini e competenze della imprenditoria, delle forze sociali e delle amministrazioni pubbliche. Chiamano in causa la qualità dello spirito pubblico. Al quale deve concorrere lo spirito di impresa, chiamato a creare e distribuire ricchezza. Operazione che riesce solo quando c’è una virtuosa corrispondenza fra il mondo imprenditoriale e la sensibilità e operatività dei governi sia nazionale che regionale con i quali occorrerà rapportarsi con leale chiarezza ma partendo innanzitutto dalle nostre responsabilità. Viviamo una fase con problemi antichi irrisolti e domande nuove che incalzano. Innanzitutto, lo spopolamento, che nella nostra regione, invero in tutto il Mezzogiorno, è il frutto della crisi demografica, che con gradienti diversi interessa l’intero continente europeo, alla quale si aggiunge il fenomeno della emigrazione. I numeri che ISTAT registra sono impietosi. Le politiche di contrasto alla crisi demografica e allo spopolamento delle aree interne sin qui adottate dall’Europa e dal nostro Paese, pur se variamente articolate, non hanno rallentato i due fenomeni. 8 Pur riconoscendo la rilevanza di ciascuno degli strumenti di contrasto, vorrei focalizzare in questo contesto la nostra riflessione su due aspetti: giovani e lavoro. Le inedite sfide che le tre transizioni – demografica, digitale ed ecologica – pongono all’economia e alla nostra società potranno essere superate solo con un attivo contributo delle giovani generazioni e delle donne, vero potenziale inespresso di crescita. Le notevoli risorse finanziarie messe in campo dal Programma Next Generation EU dovrebbero supportare investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere dei giovani nelle diverse fasi dei percorsi di vita e ne migliorino le loro capacità. Anche in Basilicata viviamo nell’assurdo paradosso per il quale manca il lavoro ma mancano anche i lavoratori. Paghiamo il prezzo di politiche formative dal respiro troppo corto, completamente sganciate da una programmazione strategica in grado di allineare tutti i fattori dello sviluppo verso obiettivi convergenti e che continuano ad amplificare la drammatica esclusione di donne e giovani dal mercato del lavoro. Continuiamo a perseverare nell’errore se, dopo anni, non siamo ancora riusciti ad ampliare l’offerta degli ITS, vanificando uno degli strumenti più efficaci dal punto di vista occupazionale. Anche l’Università di Basilicata che avrebbe dovuto caratterizzarsi come Ateneo “per” la Basilicata ha conservato nel tempo una relativa distanza dall’universo civile e produttivo della Regione. Le responsabilità non possono, ovviamente, essere addossate solo all’Università ma chiamano in causa anche le imprese e le istituzioni e si impone una rapida e decisa inversione di rotta. Il lavoro, lo sappiamo, si genera attraverso gli investimenti. Abbiamo a disposizione ingenti risorse, probabilmente come mai in passato, che derivano dai Fondi Europei e da quelli nazionali. È, dunque, assolutamente prioritario accelerarne l’attuazione della spesa che attualmente procede a rilento. 9 Partendo innanzitutto da un reale e percepito miglioramento dei livelli di capacità amministrativa regionale che dovrebbe accompagnarsi anche all’atteso completamento della dotazione degli organici. Bisogna procedere con urgenza alla pubblicazione degli Avvisi Pubblici destinati alle imprese riservando nelle forme di finanziamento previste dai Programmi maggiori somme a favore delle sovvenzioni rispetto agli strumenti finanziari. In ciò, è assai utile la postura pragmatica del dipartimento regionale Attività produttive con cui vi è un confronto costante e proficuo. Ogni giorno di ritardo è un giorno perso. Se “impresa motore di sviluppo” non è solo uno slogan, diamone prova una volta per tutte!!! Abbiamo assistito allo spostamento di poste finanziarie originariamente destinate alle imprese, motivato da questioni “necessarie ed urgenti” nel frattempo intervenute. È accaduto anche di recente, per le risorse rivenienti dagli accordi di compensazione ambientale, utilizzate per risolvere altre criticità del bilancio regionale. Da cittadini, prima che da imprenditori, lo comprendiamo ma sia ben chiaro: fino a quando si continuerà a derubricare le esigenze delle imprese, ci sarà sempre un’emergenza da rincorrere! Solo un sistema realmente competitivo e un tessuto produttivo sano possono evitare che le fragilità si trasformino in fratture. Emblematica è l’emergenza idrica che stiamo sperimentando in questi ultimi mesi. Si mettano in campo, in virtuoso accordo tra la Regione Basilicata e il governo nazionale, opportune iniziative di politica industriale finalizzate a far atterrare in Basilicata investimenti esogeni di dimensione significativa, focalizzati sui principali driver di attività industriale all’interno dello sfidante percorso delle transizioni energetica, ambientale e digitale. Pensiamo, tra i tanti settori possibili, all’Aerospazio che in Basilicata vanta eccellenze sull’Osservazione della Terra. 10 Ciò che serve alla nostra regione e al Mezzogiorno intero sono spazi di produzione economica capaci di esprimere innovazione, lavoro e occupazione. Non è una aspirazione, ma una esigenza morale per contenere la dilagante migrazione delle energie giovanili e professionali che sta desertificando i territori meridionali e anche quello lucano. In questa prospettiva di sicuro rilievo è il progetto produttivo “Zes della Cultura di Matera”. Un vero progetto industriale che mira a promuovere l’insediamento in loco di fabbriche della conoscenza. “La più bella fabbrica della cultura d’Europa”, che dovrà godere di vantaggi aggiuntivi, come strumenti di perequazione che scontino gli oggettivi gap di competitività esistenti. Un’altra essenziale vertenza riguarda la “questione infrastrutturale”. Il nostro isolamento è figlio di una regola da rovesciare, chiamando Ferrovie ed Anas ad accompagnarci nella contemporaneità con maggiore responsabilità. Inaccettabili sono i ritardi nell’esecuzione di tutte le opere gestire da Anas. Preoccupante è il segnale di un possibile slittamento dei tempi di conclusione dei lavori del collegamento ferroviario Matera – Ferrandina. E ancora, siamo a conoscenza che il progetto della Salerno-Potenza-Bari su gomma, dopo il passaggio al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, sia oggi al Mase per la Valutazione d’impatto ambientale: auspichiamo che l’attuazione dell’opera venga affidata a un commissario straordinario perché quelli della nostra generazione possano davvero vederla realizzata e dunque fruire degli enormi vantaggi. A nostro parere va inoltre chiesto conto alle FAL – il paradosso della più costosa infrastruttura che operi (si fa per dire) in Basilicata – del rapporto fra spesa e utilità sociale. Siamo immersi in una condizione premoderna. Non intendiamo vivere in un museo antropologico ma in un centro vitale di relazioni e di scambi. 11 Siamo tuttora in attesa che si decida in ordine al finanziamento dell’itinerario “Murgia – Pollino”, asse trasversale che avrebbe un effetto propulsivo e liberatorio sulla Basilicata interna. Servirebbe, più in generale, una ricognizione puntuale di tutti i fattori di debolezza che rendono precarie mobilità e relazioni intra ed extra regionali. E su questo vogliamo riconoscere l’impegno ed un reale cambio di passo del Dipartimento Infrastrutture della Regione Basilicata. Sono solo alcuni dei punti da cui ripartire per riportare la regione al centro di un moderno sistema di relazioni. Un’adeguata infrastrutturazione è la precondizione per l’incremento del PIL regionale e per combattere l’isolamento delle aree interne e arginare lo spopolamento. Un’ulteriore vertenza riguarda la politica energetica e la politica industriale. Si tratta di un’unica tessitura, sapendo che vantiamo un credito insoluto con il Paese. Da regione estrattiva dobbiamo ancora compiere il salto decisivo nella modernità tecnologica e delle comunicazioni, entrare dentro la grande “rete” che “include”, che promuove la partecipazione alle filiere produttive nazionali ed europee, e sollecita la percezione dei cambiamenti in tempo reale. Molto bene si è fatto, a esempio, con il recente provvedimento del dipartimento Ambiente e della Giunta regionale che va nella direzione di semplificare i procedimenti autorizzativi (PAUR) per impianti di fonti rinnovabili. Siamo, invece, preoccupati per la riduzione di risorse prevista dal Ddl Bilancio per i contratti di sviluppo, di cui auspichiamo il ripristino della dotazione e una forte accelerazione istruttoria. Entrare “nel quadro di comando” significa dotarsi di una “vera politica industriale” e di centri di ricerca applicati alle nuove energie e tecnologie. Infine, significa non solo promuovere produzioni in settori avanzati ma soprattutto tutelare quel patrimonio che deriva dai processi iscritti nella storia del nostro paesaggio industriale. Cito naturalmente Stellantis perché è una dote che viene da una generazione che ci ha preceduto da inserire utilmente e positivamente nel cuore di una transizione che coinvolge l’Europa. 12 La vicenda della filiera italiana dell’automotive è emblematica e rischia di lasciare tante macerie sul suo percorso. Da stabilimento modello a livello planetario, a primo plant italiano per perdita di livelli produttivi nel 2024: il tracollo di Melfi è stato rapido, molto doloroso e destinato ad aggravarsi. I nuovi modelli elettrici e ibridi attesi per i prossimi due anni non offrono alcuna prospettiva credibile per il futuro. Ma mentre dimezza la capacità produttiva di Melfi e di tutto l’indotto lucano di componentistica, Stellantis realizza il raddoppio dello stabilimento di Kenitra in Marocco. In nome di fattori quali produttività, costi energetici, del lavoro e di logistica che determinerebbero un presunto differenziale di competitività in parte reale, ma in parte anche conseguenza di economie di scala non ottenibili con bassi volumi di produzione. Il paradigma che subordina la piena operatività degli stabilimenti alla disponibilità di ulteriori incentivi pubblici è inaccettabile. Né è tollerabile che l’evoluzione tecnologica sia imposta per decreto. È necessario un gioco di squadra che coinvolga il Governo nelle sue massime espressioni e che, con un lavoro corale condotto a livello europeo, porti all’affermazione del principio della neutralità tecnologica. Si rinnovi la richiesta alla Commissione Europea di anticipare al 2025 la clausola di revisione dello stop alla vendita di auto endotermiche previsto nel 2035. Al contempo è assolutamente auspicabile contenere gli annunciati interventi di ridimensionamento del Fondo Automotive, garantendo adeguate risorse per gli investimenti produttivi di cui necessita la filiera, in particolare quelli della componentistica, vero cardine del Made in Italy. Occorre una nuova strategia di rilancio dell’insediamento industriale di San Nicola di Melfi, facendo anche leva sulla qualità delle relazioni industriali che storicamente vantiamo con le forze sindacali. Fatto, questo, tutt’altro che scontato. Va compiuto ogni tentativo anche per l’approdo di un nuovo produttore di auto. 13 Va ampliato il fondo destinato all’area di crisi complessa,richiesta ed ottenuta in tempi davvero rapidi, dal momento che l’attuale dotazione di risorse disponibili non è sufficiente a coprire l’ammontare di agevolazioni richieste per la realizzazione di un significativo volume di investimenti. Gli esiti dei bandi ci fanno chiedere a gran voce: 1. forte impulso all’attrattività di nuovi settori e possibilmente filiere diverse dall’automotive; 2. attenuazione del criterio premiale sul numero degli occupati nella valutazione dei progetti di investimento agevolati; 3. velocizzazione dell’iter istruttorio. È esiziale ottenere l’esonero del contributo addizionale sugli ammortizzatori sociali a carico delle aziende, con l’aumento dell’integrazione salariale dall’80% al 100% per tutte le imprese che rientrano nel comparto Automotive di San Nicola di Melfi. Ma più complessivamente, Presidente Bardi, quella da giocare nei prossimi mesi non può essere solo una partita in difesa. Abbiamo sinceramente apprezzato lo sforzo compiuto per semplificare e velocizzare l’iter autorizzativo per la realizzazione dell’impianto a biometano per la riduzione dei costi energetici dello stabilimento Stellantis, i cui benefici vanno, però, estesi anche alle imprese dell’indotto. Su Stellantis occorrerà stringere alleanze politiche e sociali, coordinare proposte e azioni con il sindacato unitario, sapendo di poter contare su una Confindustria fortemente impegnata a difendere le ragioni non solo di un sistema nazionale ma di aree esposte al rischio di nuove spoliazioni. Sappiamo bene che non si tratta di una crisi aziendale ma di una questione di carattere transnazionale. Con problemi che trascendono i singoli territori e modalità produttive da riconfigurare per restare al centro della grande transizione energetica. Insomma, dentro un ciclo di accelerata innovazione da accompagnare con la tutela dei siti da riqualificare in funzione del nuovo ciclo produttivo ancora in gestazione. Ma attenzione !!! : curando che ogni sito, a partire da Melfi, entri con una specifica e qualificata missione nei nuovi scenari che si prospettano. Intanto non si sbaracchi nulla!!! Occorrerà nel 14 frattempo difendere valore e competenze finora maturate e farle professionalmente e tecnicamente evolvere. Il Governo sarà chiamato a sostenere uno sforzo così rilevante. Confidiamo in una regia accorta cui siamo pronti a offrire il nostro contributo. Non mancheranno il nostro sostegno e le nostre motivazioni. Le stesse che con lucidità e inusitata energia ha espresso il Presidente Orsini di fronte alle manovre diversive di Tavares. Ultima, ma non per importanza, la vertenza che attiene alla “questione istituzionale”. Un tema che va oltre le maggioranze e le minoranze ma chiama in causa la Politica tutta. Credo si avvicini il tempo di una riflessione sull’istituto regionale, su come questo si rapporta ad una società sempre più esigente e insieme più lontana in termini di interesse e di attiva partecipazione. Il rapporto dei poteri locali con le città e con i territori interni deve ritrovare momenti effettivi di interazione. Il futuro economico e sociale del Mezzogiorno e della Basilicata non è scritto. È una pagina aperta su cui possiamo imprimere nuove storie di crescita, inclusione e sostenibilità. Con una visione strategica e il coraggio di investire nelle risorse del territorio, nel suo patrimonio culturale, paesaggistico e umano, nell’innovazione tecnologica indispensabile per una nuova stagione di industrializzazione pesante e pensante, valorizzando anche le aree interne e rurali, possiamo trasformare le sfide in opportunità e creare una Basilicata, un Mezzogiorno che, pur mantenendo le proprie radici, possano guardare lontano. Dobbiamo avere il coraggio di semplificare la piena integrazione di cittadini extracomunitari affinché diventino cittadini e lavoratori italiani e lucani. Il Piano Mattei del Governo ci fa ben sperare. Abbiamo il dovere, e forse anche una delle ultime occasioni, per fare la differenza che in questo caso significa migliorare la vita delle persone in questa regione che è certamente a un bivio. Sta a noi tutti cogliere il potenziale di questa terra e costruire un domani in cui prosperità economica e benessere sociale si intreccino in un equilibrio durevole e condiviso.
Di seguito l’intervento del presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, al convegno di Confindustria Basilicata.
Spopolamento, crisi industriale, sostegno alle imprese, infrastrutture e autonomia differenziata sono alcuni dei temi toccati dal presidente Vito Bardi nel corso dell’evento di oggi organizzato da Confindustria Basilicata dal titolo: “Coesione, competitività e nuovi assetti istituzionali per lo sviluppo del Mezzogiorno”. Nell’evidenziare come il “crac demografico” sia un fenomeno europeo, Bardi ha spiegato che, in chiave locale, le contromisure passano per il rafforzamento delle infrastrutture culturali e scientifiche, la dotazione di servizi che accrescano la qualità della vita dei cittadini lungo l’asse salute, istruzione, mobilità, offerta culturale, attività economiche di livello urbano. In questa direzione – ha precisato – vanno le nostre iniziative di rivitalizzazione dei borghi che, a partire dal Pnrr e poi con fondi regionali, cercano di favorire una maggiore attrattività”.
Il presidente si è soffermato sulla crisi internazionale del settore automobilistico che colpisce anche la Basilicata, con riflessi importanti per lo stabilimento Stellantis di Melfi e il suo indotto: “Insieme a sindacati e Confindustria – ha detto Bardi – abbiamo sollecitato il Governo a farsi carico della cassa integrazione (20%) e a sostenere le aziende dell’indotto; inoltre, abbiamo chiesto al Mimit di accelerare le procedure per l’area di crisi complessa di Melfi”. Bardi ha anche ricordato che la Regione ha tracciato un percorso amministrativo per l’installazione di un impianto biogas a supporto di Stellantis, mirato alla riduzione dei costi energetici.
“Questo governo regionale – ha detto il presidente – è chiamato a misurarsi con problemi di dimensione assai critiche, con il rischio di perdere migliaia di posti di lavoro. Sfide che necessitano di competenze e di expertise di assoluto livello, pensare di poterle affrontare con mezzi e competenze ordinarie mi sembra una illusione. Su questo ci attendiamo un contributo specifico proprio dal mondo imprenditoriale”.
Scendendo nel dettaglio delle problematiche locali che interessano il tessuto produttivo, il presidente ha raccolto le preoccupazioni degli imprenditori sullo stato di salute delle aree industriali: “Stiamo già investendo ed iniziando i lavori per la riqualificazione dell’area industriale di Tito con circa 22 milioni di investimento e la realizzazione di un’aviosuperficie. Interveniamo anche per la messa in sicurezza delle aree industriali con 8 milioni di euro. Dopo due anni di intenso lavoro siamo venuti a capo della titolarità dei lotti industriali nell’area del potentino e finalmente disponiamo di una mappa operativa delle disponibilità dele aeree per attività produttive e che si sta già lavorando per il raddoppio delle disponibilità nell’area industriale di Baragiano o di lavori per il raccordo ferroviario per la mobilità delle merci”. Sul fronte degli aiuti alle imprese, Bardi ha evidenziato lo stanziamento di circa 270 milioni di euro attingendo da fondi di coesione e ha annunciato che l’assessorato alle Attività produttive sta preparando una serie di avvisi destinati alle Pmi, con una dotazione di circa 130 milioni di euro, mirati a sostenere l’efficienza energetica, alla creazione di nuove imprese e start up, al sostegno dell’artigianato, all’accesso al credito e alla formazione continua. Quanto alla Zes unica, Bardi ha ricordato che la Basilicata ha un incentivo agli investimenti inferiore rispetto ad altre regioni Zes. “Abbiamo chiesto al ministro Fitto e al Governo – ha detto il presidente – una revisione di questa distribuzione per garantire condizioni più eque. Il ministro ci ha fornito rassicurazioni su questa rimodulazione e ora, con il suo nuovo ruolo in Europa, ci aspettiamo un percorso accelerato”.
Restando sul fronte dell’attrazione di investimenti, il presidente ha detto di aver condiviso con la Conferenza delle Regioni l’importanza di avviare partnership con altri Paesi per sviluppare collaborazioni strategiche di lungo termine. “Ricordo – ha precisato – che siamo capofila in tema di internazionalizzazione nella Conferenza Stato Regioni, un ruolo da valorizzare ed esercitare con efficacia: un’altra sfida per il governo regionale”.
Capitolo infrastrutture. In riferimento alla rete viaria, Bardi ha elencato una serie di progetti prioritari, come la Salerno-Potenza-Bari e la Matera-Ferrandina-Pisticci, e interventi in programmazione, a partire dall’adeguamento dello svincolo Satriano-Tito-Brienza e la Fondovalle del Sauro.
Infine una battuta sull’autonomia differenziata: “Chi ha una visione riformista – ha detto Bardi – non sottovaluta i pericoli del cambiamento ma ne accetta la sfida. La Basilicata deve uscire da una cultura della dipendenza e dell’assistenzialismo. Capisco che in una realtà che ha perso la spinta riformatrice di generazione di giovani andati via prevalgano le preoccupazioni e le paure, ma credo che sia nella responsabilità di una classe dirigente cogliere tutte le opportunità per tentare nuove strade, assumere maggiori responsabilità, provare ad intercettare quanto di nuovo propongono i trend economici e tecnologici per non ricadere in una nuova marginalità”.