“E’ necessario attuare un piano per ridurre sensibilmente il numero dei cinghiali all’interno delle aree protette”. E’ l’appello rilanciato da Coldiretti Basilicata che, dopo aver incontrato gli Ambiti Territoriali di Caccia delle due province lucane, ha chiamato a raccolta ad Accettura, all’interno della sede del Parco di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane, i responsabili delle aree protette nazionali e regionali presenti sul territorio per affrontare il problema. “Per ridurre sensibilmente il numero di ungulati presenti sul territorio – ha chiarito Aldo Mattia, direttore della Coldiretti lucana – bisogna agire attraverso i metodi della cattura e dell’abbattimento che dovranno essere attuati entrambi e contemporaneamente. Questa è la richiesta che Coldiretti con forza rivolge alla Regione Basilicata e ai parchi”. Per la confederazione agricola lucana “l’obiettivo è quello di fare dei parchi un posto in cui possa ritornare l’uomo – ha chiarito Piergiorgio Quarto, presidente di Coldiretti Basilicata – per allevare quelle razze autoctone della Basilicata, come il suino nero, o coltivare varietà di grani antiche che sono il simbolo dell’agricoltura della nostra regione”. Il cinghiale, è stato ribadito nel corso dell’incontro, è una specie che ha grandi capacità di accrescimento numerico ed in habitat favorevoli, soprattutto in ambiente mediterraneo, quindi in gran parte dell’Italia, questa prerogativa è molto accentuata. La semplificazione degli ecosistemi e la scarsa presenza di predatori ne favorisce la produttività e l’espansione. È chiaro che, con questo quadro, i danni all’agricoltura, con il conseguente conflitto sociale e gli oneri a carico delle amministrazioni per gli indennizzi, non possono che avere un peso molto importante. Un ulteriore elemento di attenzione soprattutto nelle Aree Protette, ed in genere sottovalutato, è il danno alla biodiversità, sia per ciò che riguarda la flora, sia la fauna. Una delle motivazioni più urgenti e consistenti rispetto alle quali le aree protette devono intraprendere attività di gestione del cinghiale è rappresentato proprio dagli impatti sulla biodiversità che le aree stesse sono chiamate a salvaguardare. Tra gli interventi più attesi nel corso dell’iniziativa di Accettura c’è stato quello del presidente di Federparchi , Giampiero Sammuri. “Il cinghiale crea seri problemi alla biodiversità, si tratta infatti di una specie invasiva che mette in difficoltà non solo gli agricoltori, di qui l’iniziativa della Coldiretti, ma è fonte di pericolo anche per la conservazione della flora e della fauna selvatica. Del resto le metodiche per contenere una specie come il cinghiale ci sono e sono estremamente semplici – ha precisato Sammuri – purtroppo non vengono applicate in tutte le aree protette, cosa che permetterebbe una diminuzione sensibile della densità delle popolazioni. Il problema non è tecnico ma politico-sociale”. Le conclusioni sono state affidate all’assessore regionale all’ambiente, Francesco Pietrantuono, che ha riconosciuto come la presenza del cinghiale “sia diventata una emergenza che crea danni sai a chi opera che a chi vive”. “Ci sta da mettere in campo ogni azione utile. E’ di qualche mese fa un intervento massiccio della Regione rispetto alla regolamentazione della caccia. Stiamo mettendo in campo una misura che penso vedrà la luce a breve e che sarà anche molto corposa economicamente per sostenere l’unico strumento anche dal punto di vista ambiente che abbiamo a disposizione e che è rappresentato dall’utilizzo dei recinti cattura che ben funzionano nelle aree parco – ha concluso Pietrantuono – e che potrebbero creare anche una filiera di questa specie e di conseguenza occupazione”.
Mag 23