E’ a un livello medio basso l’intensità del fenomeno delle agromafie in Basilicata, un risultato che pone la regione tra quelle con minore incidenza del problema del Mezzogiorno. In particolare Potenza occupa il 34esimo posto della speciale classifica, mentre Matera il 48esimo. I dati sono emersi nel corso della presentazione a Roma del quinto Rapporto Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalita’ nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, che ha visto la partecipazione oltre che dei vertici nazionali di Coldiretti, con il presidente Roberto Moncalvo, anche la presenza di Coldiretti Basilicata, con il presidente regionale, Piergiorgio Quarto e il direttore regionale, Francesco Manzari. Dal rapporto è emerso che il volume d’affari complessivo annuale dell’agromafiae’ salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30% nell’ultimo anno. Tale stima rimane, con tutta probabilita’, ancora largamente approssimativa per difetto, perche’ restano inevitabilmente fuori i proventi derivanti da operazioni condotte “estero su estero” dalle organizzazioni criminali, gli investimenti effettuati in diverse parti del mondo, le attivita’ speculative poste in essere attraverso la creazione di fondi di investimento operanti nelle diverse piazze finanziarie, il trasferimento formalmente legale di fondi attraverso i money transfer in collaborazione con fiduciarie anonime e la cosiddetta banca di “tramitazione”, che veicola il denaro verso la sua destinazione finale. La filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita, ha tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che via via abbandonano l’abito “militare” per vestire il “doppiopetto” e il “colletto bianco”, come si diceva un tempo, riuscendo cosi’ a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza 3.0. Sul fronte della filiera agroalimentare – spiega la Coldiretti – le mafie, dopo aver ceduto in appalto ai manovali l’onere di organizzare e gestire il caporalato e altre numerose forme di sfruttamento, condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italiansounding e la creazione ex novo di reti di smercio al minuto. Nel 2016 si e’ registrata un’impennata di fenomeni criminali che colpiscono e indeboliscono il settore agricolo nostrano dove quasi quotidianamente ci sono furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti (dai limoni alle nocciole, dall’olio al vino) e animali con un ritorno prepotente dell’abigeato. Non si tratta piu’ soltanto di “ladri di polli” quanto di veri criminali che organizzano raid capaci di mettere in ginocchio un’azienda, specie se di dimensioni medie o piccole, con furti di interi carichi di olio o frutta, depositi di vino o altri prodotti come file di alveari, intere mandrie o trattori caricati su rimorchi di grandi dimensioni. Alla presentazione del rapporto è intervenuto, oltre al Procuratore Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico della fondazione osservatorio sulla criminalita’ della Coldiretti, anche il Ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, il quale ha ricordato che il “ministero nelle attività di controllo ha fatto un salto di qualità enorme negli ultimi anni con 370mila controlli in tre anni realizzati autonomamente come ministero. E’ segno di un’attività molto capillare – ha aggiunto Martina -, bisogna andare avanti sapendo che alcune aree come quelle interne sono particolarmente riguardate dal fenomeno agromafie”.
Mar 14