Riportiamo di seguito la lettera aperta di un commissario del concorso per insegnanti, costretto a rinunciare. L’autore è Salvatore Verde, insegnante della Scuola Statale dell’Infanzia di Tursi. Di seguito il testo integrale.
Se vuoi fare il commissario d’esame nei concorsi pubblici della scuola italiana, per il reclutamento del personale docente, non solo non ne ricaverai un euro dallo Stato, ma dovrai pure rimetterci per l’opportunità avuta. Nessuno pensava di guadagnarci, ma è immorale rimetterci. Non è un paradosso o una boutade, come si capirà subito. Si svolgeranno nei prossimi giorni, infatti, le prove scritte dei vari concorsi per il reclutamento dei docenti delle scuole statali di ogni ordine e grado. I precari, tantissimi e anche da molti anni, hanno dichiarato senza mezzi termini che si tratta di concorsi truffa, mentre i due ultimi Governi ne avevano fatto titolo di vanto da sbandierare. Con l’insediamento delle commissioni esaminatrici, le cose sono davvero incontrovertibili e sconcerta il fatto che nessuno osi indignarsi per tale scandalo, contro l’interesse comune e il valore della scuola, che pure si (pre)occupa dei figli di tutti. La mia testimonianza. Sono vicino alla conclusione dell’attività lavorativa, quella che mi assicurerà la pensione, se tutto va bene, avendo insegnato per 33 anni nella scuola statale dell’infanzia (altri quattro anni di insegnamento e lavori vari li ho “riscattati”). Ho fatto domanda per le commissioni regionali del concorso bandito dal governo Berlusconi e perfezionato dal successivo governo Monti. Che tutto il periodo concorsuale, solitamente alcuni mesi, fosse pure senza esonero dal servizio mi era noto, invece ho scoperto con rammarico che il curriculum non ha più senso (una volta posseduto il requisito minimo dei cinque anni di anzianità, e poco altro in buona sostanza). Si va a sorteggio, che mi è stato favorevole. In Basilicata ci sono circa duecento aspiranti maestri della Scuola dell’Infanzia. La commissione è unica: un presidente e due commissari. Prova scritta lunedì 11 febbraio. Per il lavoro di commissario, che durerà almeno più di tre mesi, in forma aggiuntiva rispetto all’orario giornaliero nella scuola di titolarità, nella norma è scritto chiaramente che percepirò 210 euro per tutto l’iter della selezione dei candidati e, si badi, euro 0,50 per la correzione di ciascun compito (circa altri 100 euro, dunque) e altrettanti per la prova pratica e l’esame orale, diciamo così (nel caso di parecchie bocciature l’esborso statuale cala, è ovvio). Fatti i semplici conti, a copertura di tutto il periodo del concorso, si tratta di 410 euro in totale, ovviamente al lordo, al netto siamo intorno ai 250 euro. Che dovranno essere bastevoli anche delle spese di viaggio da Tursi a Potenza (circa230 kmandata e ritorno), poiché era già stato abolito del tutto il rimborso chilometrico e l’amministrazione conguaglia solo le spese di viaggio con i mezzi pubblici, laddove esistono i collegamenti e coincidendo i tempi. Il mio paese e la gran parte dei comuni lucani sono sprovvisti di linee e coincidenze varie, soprattutto in orari pomeridiani, serali e notturni. Quand’anche si decidesse di affrontare i sacrifici, magari viaggiando con il mezzo proprio a turno, per avere un minimo di corrispettivo si dovrebbe esibire comunque il biglietto del mezzo pubblico. Insomma, tutto questo non può essere solamente assurdo, casuale, ridicolo, paradossale, risibile, offensivo. Dunque, esiste una disparità di trattamento degli insegnanti di fronte alle stesse opportunità. Ci sarà pure una ragione sottintesa o un disegno. Io ne vedo uno estremizzando, neppure nascosto, almeno come responsabilità oggettiva: mettere alla prova la santità dei commissari, ovvero l’umana debolezza di cadere in tentazione. Ovviamente tali norme sono state approvate dalla stragrande e trasversale maggioranza del Parlamento e ai parlamentari lucani adesso dico che voterei chiunque mi dimostrasse di aver votato contro. E allora perché resto nella scuola? perché credo ancora di fare qualcosa di importante, perché sono un inguaribile ottimista, perché nonostante tutto mi diverte la vita con i bambini, perché ormai non saprei fare molto altro. Più in profondo, forse lo faccio, perché appaga il mio bisogno di essere amato e ricordato, sia pure per pochissimo tempo. Dimenticavo, inevitabili dimissioni, già rassegnate.
Salvatore Verde, insegnante della Scuola Statale dell’Infanzia di Tursi