Garantire nuova liquidità alle imprese, soprattutto le più piccole, è una priorità per determinare effettive condizioni di ripresa. Molte imprese hanno ricominciato a rimborsare le banche, ma l’uscita dal tunnel è ancora lontana. Per questo il decreto Sostegni bis che vedrà la luce la prossima settimana prevede un nuovo capitolo intitolato «Misure per l’accesso al credito e la liquidità delle imprese» che impegna oltre 3,2 miliardi per assicurare prestiti più lunghi alle imprese. Viene poi istituito un nuovo strumento di garanzia pubblica di portafoglio attraverso il Fondo centrale Pmi (che si affianca a quelli per la liquidità) puntando ad accrescere il patrimonio delle imprese fornendo loro, proprio nella prima fase di uscita dall’emergenza Covid, l’accesso a nuovi finanziamenti di medio-lungo termine (6-15 anni), a patto che almeno il 60% vada a investimenti e ricerca e sviluppo. Infine al costo di 200 milioni è anche previsto lo sviluppo di canali alternativi di finanziamento delle imprese rispetto al tradizionale prestito bancario a favore di imprese con meno di 499 occupati per sostenere progetti di sviluppo qualificati da un contenuto strategico per il sostegno alla crescita e alla competitività del Paese e da una rilevante dimensione finanziaria (2-8 milioni).
Secondo la quarta rilevazione dell’Osservatorio Credito Covid-19 costituito da Confartigianato un terzo (33,9%) delle micro e piccole imprese del Sud ritiene di poter subire seri problemi di liquidità fino a giugno prossimo.
Gli esperti di Confartigianato evidenziano che il sostegno in termini di accesso al credito delle piccole imprese diventa particolarmente importante in quei territori dove è più alto il peso dei prestiti alle piccole imprese sui prestiti al totale imprese: a fronte di un peso medio nazionale del 17,8% , si supera un quarto in Calabria (38,3%), Molise (37,0%), Sardegna (31,6%), Sicilia (31,0%), Basilicata (30,6%) e Puglia (30,0%). Inoltre per avere alcune indicazioni sulla dinamica del credito all’artigianato si analizza la situazione dei prestiti alle società artigiane – unità o società che svolgono attività artigiana e hanno 20 o più addetti che a giugno 2019 rappresentavano la metà (53,5%) dei prestiti all’artigianato ed il 2,3% dei prestiti alle imprese (società non finanziarie e famiglie produttrici). La dinamica calcolata vede un aumento del 4,7% per le imprese, un +6,4% per le famiglie produttrici fino a 5 addetti ed una stazionarietà (-0,1%) per le altre società artigiane.
All’interno di questo contesto permangono però – avvertono gli esperti di Confartigianato – i segnali di tensione sulla liquidità delle mpi. È superiore al normale l’intensità delle richieste delle imprese in sette casi su dieci in merito alla consulenza, alla liquidità per scorte e capitale circolante e nella metà dei casi per moratoria. Prosegue la debolezza della domanda per investimenti.
Per Rosa Gentile, componente della Giunta nazionale Confartigianato è condizione discriminante che le banche possano accordare alle imprese e alle famiglie nuove moratorie di pagamento dei finanziamenti e prorogare le moratorie in essere, secondo la regolamentazione europea in materia, riattivando la flessibilità concessa alle banche europee all’inizio della crisi economica. Inoltre, bisogna estendere la garanzia pubblica da sei anni a non meno di quindici anni. Ciò consentirebbe alle imprese di diluire il proprio impegno finanziario su un arco di tempo più lungo, avendo a disposizioni maggiori risorse per affrontare la fase della ripresa con successo. Tutto questo – aggiunge – è ancor più necessario tenuto conto che sulle speranze di ripresa economica delle piccole imprese incombe il continuo rialzo dei prezzi delle materie prime.
L’Ufficio studi della Confederazione ha rilevato che ad aprile 2021 gli aumenti dei prezzi delle commodities non energetiche sono stati del 33,4% rispetto ad un anno prima, con un’accelerazione dei rincari che a marzo di quest’anno si attestavano al +24% rispetto allo stesso mese del 2020. Un’impennata che può provocare un effetto dirompente sui costi sopportati dalle piccole imprese manifatturiere italiane per l’acquisto di beni necessari alla produzione: tradotto in denaro, Confartigianato stima un impatto potenziale di 19,2 miliardi di euro in più in un anno a carico di 621.000 artigiani e piccole aziende. La fiammata dei prezzi – evidenzia Gentile – sta mettendo a dura prova gli artigiani e i piccoli imprenditori costretti a comprimere i margini di guadagno o addirittura a rinunciare a lavorare.