Per ottenere l’autorizzazione ad installare una tenda esterna ad un laboratorio artigiano in centro storico occorrono: autorizzazione comunale (SCIA), P.O.S, documento valutazione dei rischi e relativi allegati tra cui in alcuni casi anche accertamento compatibilità paesaggistica, autorizzazione paesaggistica… per un totale di 1,42 chili di documentazione da presentare su carta e su supporto magnetico. Costo per prestazioni professionali circa 1.000 euro.
Per una pratica di sportello unico per inizio attività di fabbro ci si scontra invece con una realtà se possibile peggiore: relazione tecnica sul ciclo produttivo, relazione impatto acustico previsionale e definitivo, autorizzazione emissioni in atmosfera, autorizzazione agli scarichi, valutazione dei rischi… il tutto in duplice copia per un totale di 1,95 chili di carta e costi professionali per circa 5.000 euro.
E se il fabbro volesse assumere un apprendista? Bisogna aggiungere altri 2.500 euro relativi ai seguenti ulteriori adempimenti: corso da responsabile della sicurezza di 48 ore; corso per primo soccorso da 16 ore; corso antincendio da 8 ore; corso da tutor da 16 ore; predisposizione di un Documento per la valutazione rischi che deve contenere: fonometria fatta da un tecnico, esame vibrazioni fatto da un tecnico, analisi sostanze chimiche e polveri presenti nell’ambiente di lavoro fatta da un tecnico, altri adempimenti che possono variare a seconda delle attrezzature utilizzate e delle lavorazioni effettuate nel laboratorio; predisposizione del Piano operativo della sicurezza per ogni cantiere in cui la ditta lavora; adempimenti per l’apprendista: corso sulla sicurezza da 16 ore; corso per apprendista da 120 ore da ripetere tutti gli anni; visite mediche periodiche.
Secondo l’Ufficio Studi di Confartigianato l’Italia – commenta Rosa Gentile, componente dell’esecutivo nazionale Confartigianato – si colloca al primo posto per l’incidenza del fisco sugli stipendi, le imposte pesano sull’utile delle imprese per un 64,8% contro la media del 41,2% dei paesi OCSE e imprenditori e lavoratori devono non solo combattere contro una “selva” di imposte e tasse, che si replicano e potrebbero essere unificate, ma anche confrontarsi con un ormai inaccettabile divario digitale che rallenta e complica le comunicazioni e le procedure burocratiche. Registriamo – aggiunge Gentile -una onerosa burocrazia fiscale: per gli adempimenti fiscali una impresa italiana impiega 269 ore all’anno, 92 ore in più della media Ocse di 177 ore (il 52,0% in più) e superiore alle 218 ore della Germania, alle 158 ore della Spagna e alle 137 ore della Francia e alle 110 ore del Regno Unito. La pesante burocrazia e la scarsa efficienza dei processi della P.A. rende più complessa e difficile la relazione dei cittadini con gli uffici pubblici con un tempo richiesto, spesso eccessivo, per l’utilizzo degli sportelli, nonostante le crescenti opportunità offerte dal sistema prenotazioni e pagamenti on line.
Come Rete Imprese Italia – aggiunge Gentile – indichiamoquattro linee guida per semplificare la vita delle imprese: 1) il riordino in testi unici delle disposizioni fiscali, 2) la stabilità nelle disposizioni che impongono gli adempimenti fiscali, 3) la non retroattività delle disposizioni tributarie e la “costituzionalizzazione” dello Statuto del contribuente, 4) i controlli fiscali non devono incrementare gli oneri burocratici delle imprese e deve essere introdotta una reale valutazione d’impatto preventiva delle nuove disposizioni, come pure una verifica periodica sull’efficacia delle norme stesse spesso introdotte per finalità di contrasto all’evasione. Accade invece che il percorso di semplificazione intrapreso nel 2014, è stato, di fatto, interrotto e, in maniera contradditoria, negli ultimi mesi è ricominciato un periodo caratterizzato da nuovi oneri ed adempimenti a carico delle imprese. Segnalodue nuovi adempimenti: l’obbligo di comunicazione analitica dei dati delle fatture emesse e ricevute, con periodicità trimestrale e l’obbligo di comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche IVA, sempre con periodicità trimestrale. Sulla stessa lunghezza d’onda è il decreto legge n. 50 del 2017, con il quale è stata prevista una ‘stretta’ sulle compensazioni fiscali, incrementando il numero dei casi in cui è necessaria l’apposizione del visto di conformità per poter compensare i propri crediti, obbligando all’utilizzo esclusivo delle procedure telematiche dell’Agenzia delle entrate. Il tutto a fronte di un fisiologico incremento di crediti fiscali a seguito dell’allargamento del campo di applicabilità dello split payment.