I dati che emergono dall’Osservatorio sull’imprenditoria femminile curato dall’Ufficio studi di Confartigianato e presentato alla Convention di Donne Impresa Confartigianato (che rappresenta le 359.500 imprenditrici artigiane attive in Italia) confermano il ritardo nel Mezzogiorno con la quota più bassa di donne titolari di imprese individuali artigiane pari al 14,6%. Lo afferma Rosa Gentile, vice presidente nazionale di Confartigianato con delega al Mezzogiorno, e Past President delle Donne Impresa Confartigianato. Secondo il Rapporto complessivamente le donne alla guida di attività artigianali individuali al Sud sono 48.407, di cui 1.544 in Basilicata, 5.640 in Abruzzo, 5.155 in Calabria, 9.861 in Campania, 1.093 in Molise, 9.811 in Puglia, 5.064 in Sardegna e 10.239 in Sicilia. A queste si aggiungono donne con cariche sociali in imprese artigiane, complessivamente 79.788, di cui 9418 in Abruzzo, 2.533 in Basilicata, 8.205 in Calabria, 16.360 in Campania, 1.784 in Molise, 15.342 in Puglia, 9.419 in Sardegna e 16.727 in Sicilia.
A scoraggiare il lavoro autonomo delle donne – evidenzia Gentile – è in particolare il basso livello di spesa per la famiglia, soprattutto nelle regioni e nei comuni del Mezzogiorno, che colloca l’Italia al 22° posto tra i Paesi Ue per la quantità di risorse dedicate a questo capitolo di interventi pubblici che, nella media dei Paesi europei, si attesta all’1,7% del Pil.
L’esigua quantità di spesa pubblica in servizi per la famiglia incide negativamente sulla natalità e penalizza l’occupazione femminile. Secondo lo studio di Confartigianato, infatti, per le donne tra 25 e 44 anni senza figli il tasso di attività lavorativa è dell’82,1%, ma scende al 63% per le donne della stessa età con figli, con un gap di oltre il 19%. Segno che lo Stato non offre quei servizi che consentono alle madri di conciliare il lavoro con la cura della famiglia. Infatti, il 42,7% delle madri occupate segnala di avere difficoltà a coniugare l’attività professionale con gli impegni familiari. E per la cura dei figli si affidano soprattutto a reti di aiuto informale con il 51,4% dei bambini con meno di 2 anni accudito dai nonni, mentre il 37,8% frequenta un asilo nido. La baby sitter viene scelta come modalità di affido prevalente soltanto dal 4,2% delle madri lavoratrici.
Confartigianato ha analizzato anche la qualità dei servizi messi in campo dai singoli Comuni che, complessivamente, dedicano alle famiglie e ai minori il 40% della spesa totale per interventi e servizi sociali.
“Le donne italiane – aggiunge Edgarda Fiorini, Presidente di Donne Impresa Confartigianato – sono sull’orlo di una crisi di …welfare. L’Italia, infatti, non sembra essere un Paese per mamme che lavorano. E lo è ancor meno per le imprenditrici le quali sono escluse dagli interventi a tutela della maternità previsti per le lavoratrici dipendenti. Risultato: tra crisi economica e carenze dei servizi pubblici per la famiglia, il numero delle donne che svolgono attività indipendenti tra il 2005 e il 2015 è diminuito del 5,6%. Per conciliare lavoro e famiglia, sollecitiamo per le imprenditrici una serie di interventi: la possibilità di utilizzare voucher babysitting integrati da voucher per l’assistenza ai familiari anziani e ai disabili; un voucher per formare i collaboratori chiamati a sostituire temporaneamente la titolare nell’attività d’impresa; un credito d’imposta per incentivare la creazione di attività d’impresa nei servizi di welfare per la famiglia e per l’infanzia; sgravi fiscali e contributivi per assunzioni a tempo determinato di coadiuvanti nei periodi di maternità o di assistenza a figli minori o parenti anziani; l’istituzione, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, di un Fondo per l’imprenditoria femminile”.
Nov 12