L’estate è entrata nel vivo della stagione, ma le Associazioni di categoria aderenti a Confcommercio hanno avuto e continuano ad avere grandi difficoltà nel trovare lavoratori stagionali qualificati.
Nel settore alberghiero, secondo Federalberghi (la Federazione delle associazioni italiane alberghi e turismo), mancano soprattutto le figure di medio livello, quelle che hanno una retribuzione media intorno ai milleduecento-milletrecento euro al mese. Secondo dati Excelsior-Unioncamere le assunzioni programmate dalle imprese in Basilicata per l’estate in corso sono 4.310 (su oltre 300mila nel Paese) – 2.660 a Potenza e 1.650 a Matera – di cui il 50% circa riguarda gli stagionali necessari ai comparti alloggio-ristorazione-servizi turistici. Le assunzioni programmate sono il 35% in più di quelle dell’estate 2019. Solo nei settori di attività ricettivo-turistica in Italia c’è bisogno di 50mila camerieri di sala, 16mila aiuto cuochi e 8000 baristi.
Una situazione – come spiega Michele Tropiano (Federalberghi) – che non riguarda solo la nostra regione. Noi ce la spieghiamo in parte come conseguenza del reddito di cittadinanza ed altre misure nazionali e regionali che dovrebbero aiutare le classi che si trovano in difficoltà, ma sempre più spesso si sono verificati casi di persone che hanno deciso di rifiutare un posto di lavoro per continuare a prendere l’assegno del reddito. “Ci vorrebbero degli uffici di collocamento come funziona negli altri Paesi: qualora rifiutasse un posto di lavoro perde il reddito o lo perde parzialmente. E poi servono – aggiunge Tropiano – attività di formazione diretta in albergo, ristorante per formare il personale di cui abbiamo bisogno secondo strategia e obiettivi dell’azienda. Il numero ridotto di matrimoni e quello ancora minore di invitati per paradosso – continua – ci stanno aiutando, altrimenti se avessimo avuto i matrimoni del 2019, sino a 400 commensali, non sapremmo proprio come fare. Quanto ai giovani che rifiutano di fare i camerieri a giornata – conclude Tropiano – dobbiamo tutti, non solo noi albergatori-ristoratori, interrogarci e sentici responsabili delle prospettive occupazionali delle giovani generazioni”.
“In questo momento – ha dichiarato il direttore generale di Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, Roberto Calugi – nella ristorazione ci sono 150mila posti di lavoro liberi. I ristoratori non riescono a trovare il personale”. Sono diversi i motivi per cui la gente decide di non accettare il lavoro tra cui spiccano l’incertezza che circonda il settore, tra le aperture e le chiusure continue che hanno caratterizzato questi mesi, e tutte quelle persone che non vogliono perdere i vari sussidi di assistenza statali. Mancano soprattutto camerieri, barman e cuochi qualificati, il cuore pulsante della ristorazione. Ci troviamo di fronte ad una situazione che fa male non solo a tutto il settore, ma all’intero sistema di accoglienza italiano. “I turisti stranieri – ha continuato Calugi – arrivano in Italia in particolar modo per la ristorazione, che è soprattutto attività di sala, non solo di cucina, con la capacità di accogliere e fare stare bene i clienti. Capacità e competenza che con questa situazione si perdono”. Per la Federazione una persona non può rifiutare tre o quattro offerte di lavoro senza perdere il reddito di sussistenza, come accade invece in altri Paesi europei. In Italia non esiste un vero tracciamento delle offerte di lavoro che un soggetto riceve e rifiuta, quindi per affrontare al meglio il problema servirebbe una riforma delle politiche attive incentrata su questo aspetto.
La novità: la commissione Bilancio della Camera, impegnata nell’esame del decreto legge “Sostegni bis” ha approvato un emendamento che consente alla contrattazione collettiva di individuare causali specifiche per la stipula di contratti a tempo determinato. Positivo il commento di Confcommercio, per la quale “la scelta di valorizzare il ruolo delle parti sociali è un bene, con l’emendamento si compie un primo passo verso il ripristino di quelle flessibilità che devono vedere nella contrattazione collettiva la loro fonte regolatoria principale, valorizzando così i soggetti – associazioni e organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative – che responsabilmente devono svolgere la loro funzione negoziale e di rappresentanza”. Si tratta di “una funzione tanto più importante in una fase di ritorno complesso e ancora graduale alla normalità delle attività economiche, che necessità di flessibilità regolate, per contrastare il dumping contrattuale e favorire la crescita dell’occupazione”.