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Nella sesta provincia di Italia per tasso di femminilizzazione di impresa (la provincia di Potenza conta 10.370 pmi iscritte alla Cciaa con donne titolari su 38.015 complessive, con un tasso di femminilizzazione pari al 27,28%) Confcommercio Imprese per l’Italia e Terziario Donna Confcommercio sono impegnati a ricercare strategie vincenti in periodi crisi con l’obiettivo di fornire alle imprenditrici “insegnamenti” a trasformare la crisi in opportunità.
A pochi giorni dall’8 marzo, Giornata internazionale della donna, per evitare il rischio della “retorica”, un’indagine dell’Ufficio Studi Confcommercio è di aiuto per capire come le donne hanno fatto a reggere meglio dei colleghi uomini alla crisi nonostante le aziende in rosa sono ancora poche e scontano difficoltà annose legate in primo luogo all’accesso al credito. Anche se un aiuto su questo fronte arriva dal lancio di finanziamenti ad hoc a supporto dell’imprenditoria femminile.
Per Confcommercio, rispetto al passato c’è un cambio culturale importante da parte delle donne che sono più propense a dedicarsi al business. La spinta deriva inoltre dal fatto che con la crisi molte donne, che magari avevano un lavoro precario, lo hanno perso. Di qui la necessità di reinventarsi attraverso l’autoimpiego in attività che spaziano dal commercio ai servizi alle persone e alle imprese o legate alla sostenibilità, a Internet, ad attività fortemente innovative. Uno scenario positivo, dunque, anche se le aziende rosa restano ancora una minoranza e devono fronteggiare diversi ostacoli, in primis l’accesso al credito. Spesso infatti le donne non hanno un passato d’azienda ed è difficilissimo ottenere dei finanziamenti, come rilevano anche i dati dell’Osservatorio nazionale sul credito per le Pmi, secondo cui le porte dell’accesso al credito faticano ancora a spalancarsi per le donne imprenditrici: nel secondo trimestre dello scorso anno le richieste sono state accettate solo nel 20,2% dei casi (in aumento rispetto al 19,2% del primo trimestre).
L’obiettivo da perseguire è incentivare tramite dei finanziamenti l’avvio di nuove imprese, oltre che gli investimenti per la crescita e il rilancio di attività in temporanea difficoltà a causa della crisi. Un protocollo siglato dalle associazioni di Rete Imprese Italia (Confartigianato, Cna, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti) con istituti di credito prevede alcune agevolazioni, come la possibilità per le imprenditrici di accedere gratuitamente al Fondo di Garanzia per le Pmi e di sospendere fino a dodici mesi il rimborso della quota capitale delle rate del finanziamento al verificarsi di eventi particolari legati alla vita personale. La sospensione è richiedibile una tantum in caso di maternità, grave malattia o malattia invalidante dell’imprenditrice, di un familiare o di un parente convivente. Anche se l’accesso al credito non è l’unico problema che devono fronteggiare le imprenditrici. A questo si affiancano infatti anche i temi dell’accesso alle competenze e alle reti professionali di business. Resta infine ancora molto difficile per le donne andare oltre la micro o la piccola azienda, anche perché al momento il mercato non offre grandi opportunità di creare grandi imprese.
C’è una novità: una tendenza che si sta consolidando anche nella nostra realtà provinciale, a dispetto della crisi, è la vendita diretta a domicilio che conosce da anni una crescita continua (l’incremento dal 2010 al 2014 supera il 30%) questa è la dimostrazione che valorizzare le donne (che nelle aziende associate Univendita -la maggiore associazione del settore- aderente a Confcommercio rappresentano l’88% della forza vendita) conviene.
La vendita diretta rappresenta, dunque, per molte donne un modello positivo di soddisfazione nel lavoro, flessibilità organizzativa, autogestita e soggettiva, conciliazione con le esigenze della vita personale, incremento di produttività e risultati. La “quadratura del cerchio” si realizza perché la vendita diretta, lavoro per definizione dai tempi non standardizzati, realizza un’effettiva flessibilità soggettiva (che si combina con quella richiesta dalle aziende), ossia una flessibilità dal punto di vista delle lavoratrici e tagliata sulle loro priorità organizzative. «La vendita diretta è un lavoro configurabile “su misura” delle disponibilità del singolo –sottolinea Univendita-Confcommercio–; può quindi rappresentare un’occasione pressoché unica di gestire tempi e spazi secondo le proprie esigenze. È stato così che una parte significativa delle lavoratrici ha compreso che da questa attività si potevano ricavare un reddito più o meno ampio a seconda dell’impegno personale e del tempo dedicato, ma anche significative gratificazioni sui versanti della realizzazione personale e della vita familiare.
Reddito, realizzazione e adeguata conciliazione con la vita familiare rappresentano i tre lati di un triangolo che indica l’attitudine delle aziende e delle lavoratrici a trovare le migliori soluzioni organizzative. Se per molte donne la scelta della vendita diretta ha rappresentato il bisogno di una seconda attività rispetto alla gestione della famiglia, ma anche rispetto ad altri lavori già intrapresi, per quelle –tante– per le quali è scoccata la scintilla positiva, questo lavoro – conclude Confcommercio Potenza – è diventato nella gerarchia dei valori, il primo lavoro intorno a cui si concentrano le loro passioni, e non solo i loro interessi”.