C’è un cortocircuito tra prelievo locale e centrale da rimuovere: nel 1990 le imposte locali assorbivano l’equivalente di meno di 8 giorni di lavoro, nel 2013 hanno toccato i 26 giorni. E’ il calcolo diffuso dalla Confesercenti in occasione dell’assemblea anuale, secondo cui in quattro anni, dal 2009 al 2013, il prelievo locale e’ cresciuto di circa 20 miliardi. In aggiunta l’imposizione centrale e’ salita di 14 miliardi, portando quindi l’aumento totale del prelievo a 34 miliardi.
Per il presidente provinciale di Potenza della Confesercenti Prospero Cassino “ci vuole un nuovo Patto fiscale: nei prossimi cinque anni vogliamo un impegno solenne da parte del Governo, ma anche da Regioni ed Enti Locali, che preveda la restituzione di 10 miliardi l’anno a cittadini ed imprese, finanziato da tagli coraggiosi della spesa pubblica. E nel frattempo, sia chiaro, basta con altri aumenti di imposizione fiscale nazionale e locale.
Servono più politiche attive e meno politiche passive. E’ questa una delle nuove sfide per rilanciare il Paese. Ricordiamoci anche dei nostri ritardi sul fronte infrastrutture. Situazioni eclatanti nel Mezzogiorno, ma non solo al Sud. Tempi biblici, sprechi stratosferici, abusi, frenano i lavori. Questo deve farci alzare la guardia, ma non deve fermare i lavori. L’edilizia è un settore importante per l’economia, ma ancora più importanti sono le infrastrutture che garantiscono mobilità, benefici per il turismo, il commercio, i servizi, l’artigianato e tante altre attività. L’altro fronte è quello della riqualificazione urbana, non solo in termini di mobilità, ma anche di qualità della vita. Il commercio rimane il perno di questa qualità, soprattutto come servizio di vicinato. Basta girare per le nostre città per vedere e percepire il dramma che hanno vissuto e stanno vivendo migliaia di imprenditori. Saracinesche chiuse. Cartelli di vendesi ed affittasi. Continuando così, non ci sarà più bisogno di regolamentare gli orari, perché non ci saranno più i negozi. Nei primi cinque mesi del 2014, secondo i dati dell’Osservatorio Confesercenti, nei settori commercio-turismo-servizi hanno cessato l’attività 53.037 imprese: nello stesso periodo, le nuove aperture nel commercio e nel turismo sono state solo 32.230, per un saldo finale negativo di -20.807 unità. La totale deregulation del commercio avrebbe dovuto favorire la concorrenza, dare nuovo impulso ai consumi e, con essi, al Pil. Nessuno dei tre obiettivi è stato raggiunto. L’unico effetto, finora, è stata la penalizzazione dei negozi di vicinato. L’obiettivo deve essere il rilancio delle imprese e questo rende ancora più incomprensibile la ragnatela burocratica che blocca il mondo produttivo. E intanto intorno a noi dilaga e prospera impunito l’abusivismo. Migliaia di venditori illegali, a loro volta sfruttati dai criminali, che vendono prodotti senza garanzie e che non pagano tasse né locali né nazionali. Non potevamo assistere rassegnati a queste continue “spallate” che sfiniscono i nostri imprenditori. Per questo, con i nostri “compagni di viaggio”, con gli altri fondatori di Rete Imprese Italia, abbiamo deciso di restituire una “spallata” a quella parte della politica ed a quella delle istituzioni che pensano a loro stesse, invece che agli italiani. Una grande manifestazione, a Piazza del Popolo, che rappresenta un punto di svolta da cui ripartire. Una marea di imprenditori, stanchi di subire angherie continue, hanno deciso di reagire, raccogliendo la sfida delle loro confederazioni, unite in Rete Imprese Italia. Obiettivamente non potevamo e non possiamo più accettare uno Stato strabico che concentra l’attenzione sulle sue casse e che ignora le difficoltà delle piccole e medie imprese, sempre più in crisi e spesso costrette a chiudere”.
Giu 17