“La qualità dei prodotti (71,9%) resta il principale punto di forza competitiva delle imprese lucane con 3-9 addetti. C’è ancora molto da fare sui fattori prezzo (41,6%), flessibilità produttiva (14,3%) e diversificazione produttiva (23,3%). Sono questi i dati forniti dall’Istat nell’ambito delle attivita’ connesse al 9° Censimento Generale dell’Industria e dei Servizi che tracciano un identikit da “ultima difesa” del titolare di esercizio commerciale come di bottega artigiana, ditta individuale di servizi, piccolo ristorante, ecc. e che non consentono altre “distrazioni” alla politica e ai Governi Nazionale e Regionale”. E’ il commento di Prospero Cassino, presidente Confesercenti di Potenza. “Da noi – aggiunge – sfiora il 70% la microimpresa che dichiara apertamente di difendere la propria quota di mercato. I punti di debolezza sono altrettanto chiaramente indicati nell’utilizzo di strumenti tecnologici e di applicazioni web: il 10,7% fa ricorso a social media, lo 0,6% a microblog e blog aziendali, l’8,9% a social network e i 2,1% a wiki. E per avere un quadro ancora più esauriente, il 17,5% delle pmi lucane offre sul proprio sito web pubblicità dei propri prodotti/servizi, l’8,1% la possibilità di ordinazioni o prenotazioni on line, il 5% di pagamenti on line. Solo in alcuni casi si cerca di ampliare la gamma di prodotti e servizi (39,6%) o di accedere a nuovi mercati (20,5%) o l’individuazione di relazioni tra imprese (8,1%) . Nel comparto commerciale – continua il presidente di Confesercenti – le pmi soffrono il triplo: secondo i calcoli dell’Ufficio economico Confesercenti da gennaio 2012 a settembre 2013 per le piccole superfici le vendite sono giù del 6,3%, per le grandi -2,1%, perché crisi e deregulation riducono le quote dei piccoli. E in questo scenario ci meraviglia che – dice Cassino – qualcuno possa ancora pensare che si possano assumere nuove unità.
L’andamento negativo delle vendite a settembre, segnalato dall’Istat, è un dato atteso ma allarmante: la crisi dei consumi prosegue, segno distintivo di una recessione che ha bruciato ricchezza e lavoro e portato all’impoverimento di (quasi) tutti gli italiani. Una situazione che colpisce soprattutto le PMI del commercio. La progressiva riduzione di quote di mercato dei piccoli è dovuta certamente alla crisi dei consumi, ma anche alla totale deregulation di orari e giorni di apertura degli esercizi commerciali introdotta con il decreto “Salva-Italia” dal governo Monti proprio nel 2012. Un intervento che non ha rilanciato né l’occupazione né – come è sempre più evidente – i consumi. Sempre considerando il periodo gennaio 2012-settembre 2013, infatti, le vendite complessive sono calate del 4,5%”.
Il proseguimento della crisi dei consumi rischia di gelare anche le vendite di Natale: è urgente una terapia ‘fiscale’, con un alleggerimento del peso dell’Erario sulle tredicesime ed un freno alla continua crescita delle imposte e delle tariffe locali. Per il commercio tradizionale, inoltre, sarebbe esiziale un ulteriore e sciagurato aumento dei costi, che potrebbe provenire sia dal ventilato aumento delle accise, che incrementerebbe gli oneri sostenuti da tutta la filiera, sia dall’emendamento alla legge di stabilità che vorrebbe introdurre la liberalizzazione delle locazioni immobiliari dal canone annuo superiore ai 40mila euro. Una nuova, non necessaria deregulation che rischia di provocare altre chiusure di attività commerciali, così come la ventilata ipotesi di un ulteriore aumento degli acconti fiscali sulle imprese”.