In Basilicata – secondo l’ultimo Rapporto 2017 Bankitalia – alla fine del 2016 erano presenti 28 banche con almeno uno sportello, una in meno rispetto al 2015; di queste 3 avevano la sede amministrativa in regione. Il numero di sportelli bancari si è stabilizzato, interrompendo la dinamica flettente della rete territoriale in atto dal 2008 e tuttora in corso a livello nazionale. Da questa “fotografia” si è sviluppato il dibattito del VI Congresso Regionale della Uilca per rilanciare il tavolo sul credito attraverso un confronto serrato con la Regione per quanto riguarda le iniziative che la vedono protagonista: dalla gestione dei fondi di garanzia regionale al microcredito. Bisogna puntare su misure – ha sottolineato il segretario Antonio Castello, riconfermato nella carica, mentre la segreteria è composta inoltre da Rocco Ferlin (Banco di Napoli) Raffaele Tantone (Monte Paschi di Siena), tesoriere Giuseppe Mancino (BpB) – tese a favorire l’accesso al credito a soggetti che oggi sono considerati “non bancabili” con gli attuali criteri di erogazione dei finanziamenti. Basti pensare alle giovani coppie che lavorano con contratti precari e alle start-up aziendali. E’ stata inoltre l’occasione per un approfondimento sul ruolo di Sviluppo Basilicata quale strumento di supporto finanziario ai diversi protagonisti del nostro tessuto sociale. L’idea lanciata dal Presidente Pittella di trasformare Sviluppo Basilicata in una finanziaria regionale sul modello di Finlombarda – ha sottolineato ancora Castello – è certamente suggestiva. Ma c’è da precisare i contenuti e soprattutto la “mission”.
Il segretario regionale della Uil Carmine Vaccaro ha riproposto l’istituzione del Fondo sovrano regionale che nasce dalla straordinarietà ed eccezionalità degli introiti derivanti da risorse naturali. Un ‘fondo sovrano’ in cui riversare le risorse rivenienti dai proventi dei ‘beni comuni’ ,gestito con competenza ed a proiezione di lunga durata e titolarità del popolo e delle famiglie lucane. Il modello è quello norvegese tradotto nelle competenze e nella strumentazione regionale. Nei prossimi 10-20 anni l’indotto del barile petrolifero genera 12-14 miliardi di euro, comprensivi dell’introito dell’ Ires ottenuto con la negoziazione sullo Sblocca Italia. A questi valori si possono aggiungere ulteriori risorse rivenienti da politiche di valorizzazione dell’acqua (e dalle concessioni per lo sfruttamento di acque minerali attualmente incassate dalla Regione) e dei prodotti delle foreste demaniali (quantificabili in circa 18,6 Meuro di introiti all’anno). L’obiettivo del Fondo non è quello di erogare immediatamente provvigioni ai cittadini, ma di creare una riserva di valore crescente, da spendere quando il petrolio scemerà, per ristorare le future generazioni, stimando una curva di invecchiamento della popolazione. Una prima ipotesi è quella di una Banca regionale di sviluppo, a formula mista pubblico/privata, qualificata come ‘finanziaria regionale’ iscritta all’albo degli intermediari finanziari, tenuto dalla banca d’Italia.
“In questa delicata fase economica – ha detto il segretario generale nazionale Uilca Massimo Masi – occorre una maggiore implementazione degli investimenti, sia pubblici che privati, il potenziamento delle infrastrutture, la crescita della competitività e il rilancio del Mezzogiorno. Questo dovrebbe essere il punto di incontro tra ABI, e perché no ANIA e Federcasse, e Parti Sociali per il rilancio del nostro Paese. Se l’industria bancaria e assicurativa non sono al servizio dell’intero Paese ma solo degli interessi degli azionisti, del turbo capitalismo, della burocrazia di Francoforte – ha aggiunto – tutto quanto scritto diventerebbe carta straccia. Chi dovrebbe finanziare queste iniziative se non le banche e le assicurazioni? Ecco perché mi aspettavo da parte di ABI e ANIA la richiesta di un incontro con CGIL CISL UIL, non certo sui temi delle relazioni sindacali (in quanto nel nostro settore siamo avanti anni luce rispetto alla media dei settori merceologici italiani), ma proprio su come le banche e le assicurazioni si debbano mettere a disposizione del Paese e delle imprese. Nel precedente rinnovo contrattuale – ha detto ancora Masi – presentammo unitariamente il progetto di un “nuovo modello di banca”. Questo progetto fu respinto. La storia ci ha insegnato invece che tutte le banche stanno attuando, forse perché costrette, un modello di business identico (filiali hub and spoke, abbassamento dei costi, cessione NPL e non core business, riduzione punti di vendita, pressioni commerciali, ecc…). Per me quel progetto rimane valido”.
Masi ha incontrato una delegazione dei lavoratori della ISGS (Intesa San Paolo Group Service), ragazze e ragazzi di 30 anni preoccupati per il loro futuro, per il loro lavoro, per l’attaccamento che avevano dimostrato alla banca. annunciando che, a breve finita la fase congressuale nazionale, ritornerà in Basilicata.