“Siamo una comunità”: è la parola d’ordine del Consiglio Confederale Uil Basilicata che si è svolto nella sala conferenze del Centro Polifunzionale Caritas di Tito Scalo. Dopo il saluto del sindaco di Tito Fabio Laurino, interventi di Mons. Davide Carbonaro, presidente Cei Basilicata e arcivescovo di Potenza; Marina Buoncristiano, direttrice e Carmen Tito, Caritas Potenza; Gennaro Sansone, capofiliale di Potenza Banca d’Italia; Vincenzo Tortorelli, segretario regionale Uil Basilicata; conclusioni di Santo Biondo, segretario confederale Uil nazionale.
Sintesi relazione Tortorelli.
Sindacato di comunità. Abbiamo avviato un metodo sicuramente innovativo per far diventare il sindacato di comunità azione condivisa, rafforzando i valori di appartenenza e di partecipazione, che sono i valori storici del riformismo della UIL. Comunità, una parola che per noi significa condividere con le lavoratrici, i lavoratori e tutte le persone l’obiettivo comune del bene collettivo. A preoccuparci è soprattutto la condizione in cui si ritrova il Sud Italia. Da tempo il Governo nazionale ha avviato una narrazione su un “altro Sud” che non è quello che noi percepiamo. Di certo non sono e né possono essere il reintegro della decontribuzione al Sud e nè la ZES unica, accentrata a Roma, a risolvere i problemi storici, incancreniti del Mezzogiorno che saranno amplificati dall’autonomia differenziata. Noi sosterremo – come abbiamo già fatto martedì scorso partecipando al presidio davanti la Regione promosso dal coordinamento popolare contro l’autonomia – tutte le mobilitazioni per tenere unito il Paese e siamo pronti a raccogliere le firme per il referendum.
Un cambio di passo. I dati e il profilo statistico della regione ci dicono una cosa sola: o si prende un cammino nuovo e si impostano scelte di politiche regionali diverse, dal passato recente e precedente, o si rischia un inevitabile declino della regione. Serve un cambio di politiche nei grandi quadri dell’economia e della società: il manifatturiero, l’agricoltura attraverso agroalimentare, enogastronomico e ruralità sostenibile, un ammodernamento e rilancio del comparto turistico, l’accelerazione dei lavori pubblici e dei piani di rigenerazione urbana, la rete tra Università-Enti di ricerca e Imprese, l’innovazione green, progetti di investimento orientati alla digitalizzazione, politiche attive del lavoro, formazione e politiche sociali e socio-sanitarie mirate alle sacche di povertà e disagio economico, educativo e socio-culturale.
Nuova Giunta Regionale. Presenteremo alla prossima giunta regionale un documento strategico perché la nuova pianificazione regionale deve prendere la forma di un vero Piano del lavoro. Questo è l’impegno strategico che chiederemo al nuovo Governo Bardi sempre pronti a riprendere la mobilitazione se non si creeranno le condizioni di una svolta nel metodo della concertazione. Negli ultimi anni abbiamo più volte segnalato la mancanza in Basilicata di un corretto metodo di confronto, sia istituzionale che politico con le forze sociali della regione. Troppo spesso siamo stati chiamati a consultazioni formali con decisioni politico-amministrative già prese. Questo non possiamo più permetterlo e non lo accetteremo!!! Il futuro e il presente della nostra comunità non si risolvono con il bonus gas e magari aggiungendo il bonus acqua di visione corta. Sono strumenti che ci ricordano il bonus carburante, utili solo alla sopravvivenza.
STELLANTIS. Dobbiamo guardare ai prossimi due anni, nei quali si produrrà pochissimo, non si lavorerà e saranno solo ammortizzatori sociali. Serve allora mettere in campo tutta una serie di iniziative per salvaguardare le aziende dell’indotto, a maggiore rischio, soprattutto quelle senza commesse. La conferma dei cinque modelli da parte di Stellantis a Melfi con la nuova versione ibrida della Jeep Compass è un passo in avanti importante per il rilancio, attraverso il motore ibrido, della produzione Stellantis in Basilicata e in Italia. Ma da sola non è sufficiente a salvare il comparto di San Nicola di Melfi, in particolare l’indotto. Serve che la Regione faccia la sua parte condividendo il Patto per Melfi proposto unitariamente e che ha tra gli obiettivi quello di legare i lavoratori alle commesse future, perché attraverso l’elettrico nascono tante nuove opportunità che dovranno rimanere a Melfi e per i lavoratori di Melfi.
PETROLIO . Dopo trent’anni di estrazioni e di significativi introiti , è cruciale che Eni sia chiara e trasparente nella pianificazione del futuro. De Scalzi ha il dovere di presentare i piani futuri e discuterli anche con chi rappresenta i lavoratori. Noi siamo pronti a fare le nostre proposte. Lo abbiamo denunciato nel recente Consiglio Territoriale della UILM a Grumento: c’è una percezione di “silenzio apparente” che desta preoccupazioni. Non possiamo perdere nemmeno un posto di lavoro. L’Osservatorio Paritetico Territoriale della Val d’Agri (OPT), un organismo che in passato ha prodotto importanti risultati verso l’attuazione degli impegni con le comunità e i lavoratori, negli ultimi anni ha perso efficace. Voglio ricordare che nel rapporto sull’economia regionale la Banca d’Italia ha segnalato che nel settore estrattivo la produzione di petrolio greggio nello scorso anno è diminuita del 3,4 per cento rispetto all’anno precedente e quella di gas naturale si è ridotta in misura più intensa (-9,3 per cento). La prima conseguenza è una riduzione delle royalties corrisposte alla Regione e ai Comuni lucani interessati dalle attività estrattive per l’anno in corso, ancora più marcata in quanto il valore della produzione a prezzi correnti, che era aumentato nel 2022, ha risentito inoltre del calo delle quotazioni, riducendosi in base alle stime di Bankitalia di quasi un quinto per il petrolio e di quasi un quarto per il gas. Si determina dunque una situazione che richiede un monitoraggio urgente e trasparente soprattutto per le finanze della Regione specie a seguito dell’operazione di anticipazione delle royalties 2024 decisa dalla Giunta Regionale per ripianare i debiti nella sanità.
SANITA’. C’è da affrontare la partita squadernata del socio-sanitario, nella difficile prova dell’autonomia differenziata e dei passi conseguenti la recente legge approvata.
Dal 2001 gran parte delle competenze sono già regionali, lo sappiamo, e da quello schema federale che avrebbe dovuto risollevare chi era in difficoltà le cose non sono andate bene perchè le diseguaglianze tra Nord e Sud sono rimaste, anzi i dati ci dimostrano un peggioramento. E’ verosimile che questa legge accentui queste tendenze mettendo cittadini ed operatori nelle condizioni di cercarsi il luogo e la regione dove ci si può curare meglio. E’ necessaria una svolta per costruire un nuovo modello di assistenza territoriale. La parola chiave è la garanzia della prossimità al cittadino, come capacità di assicurare in ogni parte del territorio, la possibilità di usufruire di servizi di qualità, eccellenza e funzionalità, riordinando e migliorando la rete ospedaliera nei punti avanzati del S. Carlo elevato a Policlinico e della rete degli ospedali territoriali.
Cosa si chiede alla politica. La verità è che cerchiamo la politica, quella vera, quella nobile e visionaria, quella che guida i processi e non si nasconde nei calcoli e tattiche quotidiane di corto respiro, quando invece le cose da fare sono determinanti per la comunità regionale. Così non è stato finora. Ma aspettiamo il profilo della nuova Giunta e ci aspettiamo da questa non solo il cambio del metodo ma un confronto vero nel merito praticando l’unica strada che conosciamo che è la concertazione sociale. I temi della coesione territoriale, delle politiche sociali, non potranno essere affrontati realisticamente, senza il sistematico coinvolgimento delle forze sociali e delle diverse rappresentanze organizzate della società civile.
Conclusioni. Giuseppe De Rita , padre del Censis, e vecchio amico della Uil, fotografa l’attuale situazione, con la saggezza che lo contraddistingue : «La crisi è sociale, non economica. Gli italiani sono spaventati perché senza obiettivi. Non si vive senza traguardi» Da questo insegnamento prende linfa la nostra “mission” di comunità per restituire speranza, per indicare un traguardo, perché una visione lungimirante, vuol dire investire sul futuro, vuol dire preoccuparsi della comunità delle persone, vuol dire prestare prioritaria attenzione ai giovani, alla loro formazione e alle loro necessità. Vuol dire costruire l’eredità che dobbiamo consegnare alle generazioni future
AUTONOMIA DIFFERENZIATA – “La UIL non si sottrarrà ai tavoli Regionali che verranno convocati sul tema, ma contrasterà con tutte le sue forze e in tutte le forme democratiche a disposizione l’applicazione di questa Legge, anche attraverso un impegno diretto nella costituzione di Comitati referendari per la sua abrogazione. Non ci possiamo permettere che i diritti di cittadinanza vengano garantiti a seconda della zona geografica in cui si nasce o si risiede. la Uil ritiene che la legge sull’autonomia differenziata approvata è una norma profondamente sbagliata che non dà prospettive di crescita sociale, economica ed occupazionale all’intero territorio nazionale. L’autonomia differenziata per il numero di materie oggetto di devoluzione creerà 21 Regioni a Statuto speciale. Per la UIL vanno respinte le differenziazioni, che tendono ad aumentare le disuguaglianze, non solo tra Nord e Sud del Paese, ma anche tra aree urbane e aree interne. La UIL è convinta che questo processo di decentramento di funzioni non porterà benefici nel breve e soprattutto nel medio e lungo termine a tutte le persone. Il nostro Paese ha bisogno di ridurre i divari territoriali e sociali e di garantire i livelli essenziali delle prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale. Non ci possiamo permettere che i diritti di cittadinanza vengano garantiti a seconda della zona geografica in cui si nasce o si risiede. Per la UIL il punto fondamentale consiste nell’assicurare a tutte le persone i diritti fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni, attraverso un forte sistema perequativo. Per la UIL è, invece necessario, trovate risorse adeguate ad assicurare i LEP in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e introdurre i fabbisogni standard, finalizzati a finanziare tali prestazioni essenziali al posto della limitante e discriminante spesa storica. Altro aspetto critico della Legge è l’assenza di un fondo di perequazione tra territori ad alta capacità fiscale con quelli a bassa capacità fiscale in grado di assicurare la necessaria coesione nazionale.