Dal posteggiatore abusivo, custode di un improbabile parcheggio, alloshopping dagli ambulanti senza licenza che vendono merci contraffatte, al parrucchiere abusivo, il fatturato generato dall’abusivismo raggiunge un giro d’affari di 21,4 miliardi di euro. Secondo le stime elaborate da Confesercenti, siamo ad un valore molto elevato, pari al 13,8% del fatturato dei due comparti commercio e turismo. E che danneggia non solo le imprese che operano nella legalità, ma anche lo Stato, causando un danno erariale di 11,1 miliardi di euro in mancato gettito abusivi fiscale e contributivo. Se le attività abusive fossero azzerate – evidenzia Confesercenti – l’Erario recupererebbe abbastanza tasse non solo per finanziare il taglio di Imu e Tasi sulla prima casa, ma anche il raddoppio della platea di beneficiari del Bonus da 80 euro. Ci guadagnerebbe anche l’occupazione: la regolarizzazione farebbe emergere 32mila posti di lavoro aggiuntivi.
Solo nel settore del commercio le attività “agevolate” generano un giro d’affari di 1.5 miliardi di euro: in Italia ci sono circa 40 mila mercatini occasionali dell’antiquariato, dell’usato e dell’hobbistica, notti bianche commerciali, sagre e fiere locali non autorizzate, che generano un fatturato di circa 1.1 miliardi di euro; a questi si aggiungono i 450 milioni di euro del giro d’affari legato a circa un migliaio di farmermarkets presenti nel Paese e alle aziende agricole che effettuano vendita permanente. Il conto del gettito fiscale perduto a causa di queste attività, per il commercio, è di circa 470 milioni di euro. Nel settore degli esercizi e delle attività legate al turismo le forme di attività “agevolate” sono svariate e vanno dalla somministrazione di alimenti e bevande nei circoli e nelle associazioni private (che godono di forti agevolazioni fiscali, nonostante siano di fatto normali pubblici esercizi), all’ospitalità in agriturismi fino alla presenza di guide turistiche non regolari e improvvisate. Il giro di affari complessivamente generato è di 1.4 miliardi, mentre la perdita di gettito fiscale si stima ammonti a circa 420 milioni di euro
I principali effetti negativi legati alla concorrenza da parte delle attività non regolari – sottolinea Prospero Cassino, presidente Confesercenti – riguardano ovviamente la perdita di fatturato per chi opera nel rispetto delle regole. Per alcune particolari categorie l’impatto economico è particolarmente sentito; è il caso ad esempio del commercio su aree pubbliche, dove la percentuale di operatori abusivi è piuttosto elevata. Il settore della ristorazione soffre principalmente della concorrenza sleale esercitata da attività temporanee di somministrazione di cibi e bevande in fiere, sagre, feste di paese, circoli privati e/o associazioni (di stampo culturale o religioso). Si tratta di forme commerciali, note e disciplinate da leggi e normative sia statali che regionali, che possono beneficiare di regimi fiscali di assoluto favore e che, in aggiunta, usufruiscono di agevolazioni rispetto agli obblighi igienico-sanitari e di sicurezza (norme particolarmente rigide e onerose per tutti i pubblici esercizi in regola): secondo la metà dei presidenti provinciali della Fiepet (federazione che rappresenta i pubblici esercizi) il divario di prezzo può facilmente superare il 20 per cento.
Inoltre, il commercio su aree pubbliche è tra i comparti più colpiti in assoluto dal fenomeno, con una percentuale di operatori abusivi molto elevata. Il 37% degli imprenditori intervistati nel corso dell’indagine Confesercenti Ref segnala nei diversi mercati una quota tra il 10 ed il 30% di abusivi. Una carica di illegali che causa un danno economico piuttosto consistente, soprattutto se si considera che, ad esempio, il divario di prezzo tra un capo di abbigliamento venduto da un’attività regolare ed uno ‘abusivo’ può arrivare al 20%. Il peso dell’abusivismo è particolarmente avvertito nel periodo estivo quando, soprattutto per quanto riguarda le località balneari, gli ambulanti si trovano a dover affrontare la concorrenza proveniente dai numerosi venditori abusivi sulle spiagge. In tal caso la metà degli intervistati ritiene che il danno economico, in termini di mancato fatturato, superi il 15 per cento.
Infine, la crisi finanziaria ed economica non ha influito negativamente sul mercato del falso: il numero medio dei pezzi sequestrati è cresciuto del 47.7 per cento tra il 2008 e il 2013. Si tratta perciò di un fenomeno che resta preoccupante e che ha effetti negativi sull’economia italiana. La tipologia di merce maggiormente colpita da falsificazioni sono gli accessori e i capi di abbigliamento, che insieme rappresentano il 56 per cento dell’insieme di sequestri effettuati nel 2013. A partire dalla stima del valore dei sequestri, pari a circa 500 milioni di euro, è facile rendersi conto che il valore economico delle merci contraffatte corrisponde a diversi miliardi di euro. I sequestri riguardino in buona misura prodotti tipici delle specializzazioni del made in Italy. Il danno per l’economia nazionale che deriva dalla circolazione internazionale di merci contraffatte è dunque anche superiore a quello che rileviamo sul territorio nazionale, visto che un prodotto a marchio italiano contraffatto in un paese estero può essere poi a sua volta venduto in un paese terzo, con perdita di quote di mercato da parte dell’industria nazionale. La contraffazione – afferma Cassino – diviene più difficile da combattere in un’economia globalizzata. La localizzazione del produttore di merci contraffatte è difatti più difficile da identificare e la persecuzione dei reati legati alla contraffazione può interessare le competenze di autorità afferenti a diverse nazioni. Soprattutto per imprese di dimensioni piccole può diventare pressoché impossibile agire legalmente contro soggetti non identificati e localizzati in paesi lontani.
Immagino che i dati riportati si riferiscono a rilevazioni nazionali. Effettivamente l’abusivismo è il “cancro” di ogni attività. Ma se ci limitiamo a tirare fuori dati e categorie più colpite, senza proporre “come arginare o annientare” tale fenomeno, considerando anche che buona parte di questo abusivismo esiste anche all’interno delle attività “regolari”, non scopriamo nemmeno l’acqua fresca.
Ricordo ancora una volta che a Matera diverse settimane fa, S.E. Prefetto ha organizzato un incontro tra le forze dell’ordine, la guardia di finanza, organi ispettivi, associazioni sindacali e di categoria, sindaci per discutere proprio dei problemi posti dalla vostra Organizzazione. I risultati si vedono. Bancarelle di ambulanti abusivi nel centro storico di Matera non se ne vedono più. Quotidianamente leggiamo che le forze dell’ordine, guardia di finanza scoprono abusivi, venditori di merci contraffatte, evasori fiscali ecc.. ecc.. Magari altre città prendessero l’esempio dell’iniziativa voluta dal Prefetto di Matera, sicuramente i dati da voi riportati si ridurrebbero notevolmente. Il fenomeno, è inutile nasconderlo, ESISTE. E’ un falso se dico che aziende regolarmente iscritte comprano e vendono a nero? Perciò ognuno deve fare la sua parte. Il cittadino nel denunciare irregolarità, le associazioni fare opera di moralizzazione per i propri associati, le forze dell’ordine e la guardia di finanza (che più di quello che fanno non possono fare per carenze di organico) verificare e all’occorrenza reprimere. Per me Matera ha già cominciato mettendo in campo tutti i soggetti che sono stati presenti all’incontro con il Prefetto, portando risultati apprezzabili. Certo tutto è migliorabile però abbiamo cominciato. NON FERMIAMOCI.
nino silecchia
Ho visto tante volte i vigili urbani passeggiare davanti ai venditori abusivi senza far nulla, come se fosse la cosa più normale del mondo così come ho visto tante volte i commercianti del centro vendere merce senza rilasciare regolare scontrino fiscale, soprattutto nel campo della ristorazione. La Confesercenti farebbe bene ad allarmarsi non solo per i venditori abusivi che vengono dall’ Asia e dall’ Africa ma anche per tutti quei pub e bar gestiti da nostrani lavoratori-evasori che lavorano costantemente senza rilasciare fatture e scontrini fiscali per i quali l’ aumento del flusso turistico è stato una manna dal cielo.
Vedi, giovanni lo squilibrato, che c’è anche un’altra associazione dei commercianti che dovrebbe agire come la Confesercenti. Io ho commentato i dati e le riflessioni della Confesercenti perché questa organizzazione si è posto il problema e l’ha pubblicato. Però ci sono commercianti che aderiscono alla Confesercenti, all’altra associazione dei commercianti ed esercenti che non aderiscono a nessuna associazione. Comunque, se noi cittadini dovessimo verificare che un commerciante o lavoratore autonomo non dovesse rilasciare il documento fiscale che è dovuto, i primi evasori saremmo noi, prima perché non pretendiamo il documento fiscale, secondo perché non denunciamo l’accaduto. Io riscontro che da dopo la riunione con il prefetto, i vigili urbani sono più presenti nelle zone più frequentate dai turisti e non consentono agli abusivi di aprire bancarelle. Forse ti confondi con quegli ambulanti (venditori di frutta secca) che possono regolarmente vendere perché il regolamento comunale lo prevede ed emettono regolare scontrino. La problematica è un poco più “profonda” e particolare per essere esaustivi e “sviscerarla” in poche righe.
nino silecchia