Come anticipato in video conferenza con l’Assessore Fanelli la CIA-Agricoltori Italiani ha definito un documento per affrontare l’emergenza latte bovino. Ribadiamo ancora la nostra posizione che – si sottolinea – è quella di sostenere i vari soggetti della filiera, rimarcando il reale rischio che in caso di sostegno solo agli Allevatori (che pure è indispensabile sostenere)
contribuiremmo ad ampliare e dare libero sfogo ad una diffusa rincorsa al ribasso delle quotazioni da parte di tutti gli acquirenti. Tale eventualità si potrebbe in ogni caso verificare, ma avremmo dalla nostra la possibilità di dialogare e consolidare rapporti commerciali
con i Caseifici virtuosi che rendono disponibili in questa fase per rapporti anche futuri.
La nostra proposta parte dalla consapevolezza di attuare questa strategia partendo dai progetti di filiera approvati, e anche in ragione delle misure di sostegno
previste a livello di MIPAF sintetizzabili in latte UHT, polverizzazione, congelamento, consumi indigenti e aiuti umanitari.
II documento
In questi giorni di esplosione dell’emergenza covid-19, molte imprese lattiero-casearie hanno segnalato, e in alcuni casi notificato con apposita lettera per il tramite dei conferitori che non sarebbero state in grado di ritirare i volumi abituali di latte alla stalla, per via del calo dei consumi dovuto alla chiusura del comparto Horeca, (bar, ristoranti, mense e alberghi), e più in generale alle restrizioni alla circolazione delle persone per contrastare la diffusione del coronavirus nel nostro Paese.
La situazione è particolarmente difficile perché molteplici caseifici hanno ridotto le attività di trasformazione, per carenza di manodopera, in altri addirittura sospeso le lavorazioni, in quanto le strutture sono sature, tale situazione si rileva anche in molti caseifici Campani, strutture presso le quali confluisce circa 1/3 del latte lucano.
Le aziende zootecniche da latte sono in grandissima difficoltà e soffrono per questa crisi improvvisa e si appellano all’industria e alle Istituzioni al fine di evitare speculazioni e tentare di circoscrivere le lavorazioni al solo latte italiano.
Purtroppo questo non sempre accade, tant’è che in diverse zone del paese si rilevano momenti di frizione vedi nota di Assolatte e comunicazione al Ministro da parte di ACI Agroalimentare.
Situazioni che a breve potrebbero sfociare in una vera e propria crisi per il settore, che si salda alla già difficile contingente fase che vede proprio sul versante degli approvigionamenti di materie prime alimentari uno dei punti maggiormente sensibili e che hanno bisogno di ancorarsi a relazioni improntate alla chiarezza e alla stabilità nella filiera e nella catena dei consumi, privilegiando materie prime di prossimità e regionali.
In questa fase da più parti arrivano appelli agli allevatori affinché facciano la loro parte considerata la delicata situazione che viviamo.
Si sentono molteplici proposte, fra cui quella di attivarsi per ridurre le produzioni al fine di non far crollare i prezzi. Certi appelli non considerano che le vacche non sono macchine ma esseri viventi, con un proprio ciclo biologico e produttivo. Come pure è il caso di tenere in debita considerazione che il nostro Paese è importatore netto di latte per oltre 1/3 del proprio fabbisogno, come pure la Basilicata.
SITUAZIONE LUCANA
Gli allevamenti bovini da latte in Basilicata sono circa 380, con una produzione media di circa 3.500 q.li di latte giornaliero che ha diverse destinazioni e molteplici destinatari.
Una parte di tali quantitativi vengono consegnati a importanti player, quali Granarolo e Parmalat, che continuano – almeno fino a oggi – a ritirare regolarmente.
Una ulteriore quota è indirizzata a strutture di caseificazione di media dimensione campane e pugliesi.
Un’altra parte viene trasformata da strutture casearie locali e una ulteriore e interessante quantità fa capo ai circa a 50 caseifici agricoli che lavorano esclusivamente latte di propria produzione.
Il resto della produzione (tra 800/1.000 q.li) è caratterizzato da una grande frammentazione basata su relazioni scarsamente strutturate ed ai limiti di una sostanziale precarietà.
Questi ultimi quantitativi sono quelli maggiormente esposti attualmente e la cui mancata collocazione rappresenta il vero punto di caduta e la forte subalternità degli allevatori lucani.
Alla congiuntura seguita all’emergenza sanitaria (che in maniera sensibile ha generato una riduzione dei consumi di prodotti caseari freschi, creando un problema vero per la trasformazione casearia), il mercato del latte lucano e meridionale si è ritrovato “annacquato” anche da importanti quantitativi di latte e derivati, a prezzi fortemente ribassati (27/30 cent) e certamente molto al di sotto dei costi di produzione del latte meridionale e lucano.
Ovviamente, le azioni speculative si sono immediatamente attivate ed a farne le spese sono le debolezze del sistema agricolo lucano. A tal fine sarebbe fortemente auspicabile intensificare il controllo e monitoraggio e le destinazioni delle partite di latte e/o derivati che circolano sui nostri territori.
L’annuncio prima, la minaccia dopo, il mancato ritiro mai (ci auguriamo) e la proposta di consegnare il latte senza prezzo o con un prezzo a meno di 30 cent, sono anche il frutto di talune distorsioni che, partendo dalla necessaria attenzione da prestare all’attuale fase emergenziale, vanno rapidamente debellate valorizzando la trasformazione locale che opera in sintonia con la produzione primaria territoriale.
La proposta è quella di utilizzare l’attuale momento di difficoltà per ridefinire un organico piano industriale e una efficace strategia tesa a dar vita ad una filiera del latte bovino lucana, che eviti in futuro analoghe situazioni criticità.
COSA OCCORRE FARE IN BASILICATA
Al solo scopo di dare un utile contributo al comparto e favorire concrete soluzioni all’attuale stato delle cose, come CIA Agricoltori Italiani riteniamo che in questa fase urge ed è prioritario approcciare la problematica che vivono gli allevatori lucani perseguendo almeno due fondamentali obiettivi.
– Il primo riguarda la tempestiva gestione della situazione emergenziale che stiamo vivendo individuando idonee destinazioni ai quantitativi di latte in surplus. Si tratta, con l’apporto delle Istituzioni in specie la Regione e con il contributo di tutti gli attori della filiera, di elaborare un piano di allocazione di tutti i quantitativi in surplus per un periodo di non meno di 60/90 gg. Riteniamo essenziale chiamare a responsabilità tutti gli attori della filiera lucana, in primis le OP riconosciute e le partnership delle filiere che hanno visto approvate e finanziate con il PSR 2014/2020 i propri progetti di comparto.
– Il secondo obiettivo è quello di definire, partendo dai succitati soggetti economici, una strutturale intesa tra mondo della produzione primaria e trasformatori per la nascita di una filiera lucana sul latte bovino.
Sarebbe auspicabile, a nostro parere, puntare sulla produzione di latte UHT e trasformazione in formaggi stagionati e caciocavalli coinvolgendo la trasformazione locale, che ha capacità di lavorazione e stagionatura.
Tutte le ipotesi però richiedono un significativo, concreto e coordinato impegno da parte della Regione e del Governo Nazionale e del Ministero delle Politiche Agricole che, utilizzando tutte le risorse e gli strumenti di intervento disponibili e possibili (compreso programmi volti a favorire i consumi e gli aiuti alimentari), possano salvaguardare gli allevatori lucani e le strutture di trasformazione che intendono valorizzare le materie prime provenienti dai nostri territori.
Pensiamo in particolare a due soluzioni che prevedono quanto segue:
1. Agli allevatori che si impegnano a rispettare un disciplinare di produzione concordato con i caseifici aderenti disposi ad utilizzare il marchio “Solo latte lucano”, viene riconosciuto per un periodo di (90 gg) un incentivo produttivo pari a 0,15 centesimi per kg di latte;
2. Ai caseifici che lavorano il latte in surplus proveniente dalla filiera “Solo latte lucano”, da destinarsi alla produzione di pasta filata da stagionare (caciocavallo), viene riconosciuto per un periodo di 90 gg un riconoscimento per i maggiori oneri di lavorazione e stagionatura nella misura forfettaria pari a 10 cent per kg di latte conferito e trasformato.
Superata la fase emergenziale sarà indispensabile intervenire con puntuali azioni volte a rafforzare, sulla base di specifiche regolamentazioni, l’intero sistema lattiero caseario lucano, ancorando le relazioni tra i soggetti economici ai seguenti punti di riferimento:
– Raggiungimento di standard qualitativi omogenei, attraverso la realizzazione di protocolli produttivi condivisi con tutti gli attori della filiera e modulati in funzione delle richieste del mercato o delle tendenze dei consumi;
– Un punto di partenza può essere rappresentato da ulteriori parametri qualitativi da definire oltre quelli convenzionali (da ritenersi già acquisiti, quali proteine, carica batterica, grasso, cellule somatiche).
– Riconoscimento della peculiarità del latte vaccino lucano, attraverso la valorizzazione di un marchio ombrello di proprietà regionale. Questo marchio sarà messo a disposizione dei caseifici regionali e di fuori regione che aderiscono alla filiera e che saranno disponibili volontariamente a tracciare il loro prodotto finale.
– Aggregazione dell’offerta attraverso forniture di materia prima omogenee, di qualità, certificate e tracciate;