Inizio anno sotto il segno positivo per l’economia tricolore, nonostante la comprensibile fibrillazione dei mercati e del mondo produttivo, ansiosi di conoscere la squadra di governo e le forze parlamentari che si apprestano alla guida dell’Italia.
Dai report relativi alla scorso anno stilati dall’Istat e dal Centro Studi di Confindustria, risulta un quadro molto confortante, con un Prodotto Interno Lordo cresciuto al di sopra delle attese e attestatosi sul +1,5% alla fine del 2017. Sempre stando ai dati statistici riportati dai due enti, poi, ad essersi rimesso in moto sarebbe stato anche il mercato del lavoro, che nel triennio 2014-17 avrebbe generato ben 900.00 posti di lavoro, riportando il dato dell’occupazione a livelli prossimi a quelli precedenti alla crisi.
È ancora presto per cantar vittoria, anche in considerazione del fatto che i ritmi di crescita di buona parte del resto dell’Eurozona rimangono superiori a quelli dell’Italia. Tuttavia, i segnali incoraggianti non mancano, a partire dagli ottimi risultati registrati lo scorso anno dal comparto della produzione industriale.
A dispetto dei luoghi comuni che vorrebbero la Germania come locomotiva industriale dell’Europa, dai dati definitivi relativi al primo semestre del 2017 emerge chiaramente come il tasso di crescita del comparto produttivo italiano sia riuscito a superare quello della controparte tedesca: nei primi 6 mesi dello scorso anno, la produttività in Italia era in crescita del 2,3%, un dato migliore persino di quello inglese, fermo all’1,9%, e di quello francese, fermo all’1,2%.
La brillante ripresa dell’industria italiana è stata stimolata in buona parte dall’aumento della domanda, sia interna che provenienti dall’estero, di categorie merceologiche molto particolari, come le macchine utensili e gli strumenti di lavoro impiegati nel settore della logistica, ovvero quello che abbraccia tutte le attività di trasporto e di stoccaggio di materie prime e prodotti finiti.
A testimonianza di come la ripresa dei consumi interni abbia stimolato la produzione industriale generando il tanto atteso circolo virtuoso della crescita è il caso esemplare di un prodotto in apparenza banale, ma chiaro indicatore dello stato di salute del comparto produttivo di un paese: quello dei carrelli industriali per la movimentazione dei materiali e delle merci.
In effetti, a giustificare l’aumento (o la contrazione) della domanda di questi particolari strumenti per lo stoccaggio ed il trasporto di materie prime e beni è proprio l’andamento del comparto produttivo, alla cui crescita corrisponde sempre un aumentato fabbisogno di tutte le attrezzature impiegate per l’approvvigionamento e la distribuzione.
Alla fine dello scorso anno, era l’associazione di settore Aisem – Anima a segnalare un incremento della domanda di carrelli industriali ed affini pari al 24%, un dato tornato ad essere positivo già nel corso del 2014 dopo gli anni bui della crisi ed esploso con la vera ripresa della produzione industriale.
Molto interessante sottolineare che il report stilato dall’associazione offre anche una visione di insieme molto chiara sullo stato di salute del settore industriale nelle varie regioni italiane: se in testa alla classifica dell’entità degli ordinativi di carrelli industriali troviamo regioni con una tradizionale vocazione manifatturiera, come Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, in fondo alla classifica si collocano Basilicata, Calabria e Sardegna, ovvero quelle aree del paese dove il già debole comparto industriale è stato quasi spazzato via durante gli anni della crisi.
A guidare la ripresa del settore industriale, da sempre vitale per l’economia italiana, è anche la forte domanda proveniente dell’estero, merito dell’intramontabile fascino e garanzia di qualità del marchio “Made in Italy”.
Il valore delle esportazioni era in crescita a 330,7 miliardi di euro solo considerando i primi 9 mesi dello scorso anno, un incremento, rispetto allo stesso periodo del 2016, superiore al 9%.
Per l’industria italiana la vera scommessa prende oggi il nome di “digital transformation”.
L’avvento di nuove tecnologie applicate al mondo della produzione, che spaziano da metodologie ormai ampiamente conosciute come quella della stampa 3D a concetti meno immediati, come quello delle applicazioni dell’analisi dei big data, stanno già trasformando le catene di montaggio all’interno degli stabilimenti produttivi, apportando un’ulteriore rivoluzione dopo quella avvenuta ormai oltre un ventennio fa con la diffusione degli strumenti informatici.
L’automazione diventa sempre più fine, grazie a robot industriali versatili e programmabili agevolmente, e mentre gli strumenti della realtà aumentata promettono di rendere sempre più efficiente la formazione degli operatori e sicuro il loro lavoro, la diffusione di sensori e di sistemi di controllo centralizzati basati sull’intelligenza artificiale e sul machine learning promettono di automatizzare e rendere infallibili le verifiche sul corretto funzionamento di tutti gli apparati di produzione e sulla salvaguardia degli operai.
Diverse le iniziative già annunciate per il 2018, che si propongono di dare continuità alle agevolazioni e agli incentivi del Piano Impresa 4.0.
Questi dati confermano che nonostante un territorio ricco come quello della Basilicata, la crescita non va di pari passo o, quantomeno, facendo intravedere un piccolo segnale, come in altre regioni del SUD e del CENTRO-NORD. Certamente le responsabilità sono le risultanze di una politica “feudataria”, senza senso, senza programmazione e senza prospettive. Anche per il turismo (vedi Matera2019) se si continua a centralizzare tutto nel Capoluogo di Regione, potrebbe portare alla débâcle. L’altra faccia negativa della stessa medaglia è l’informazione che è succube del potere e non informa in maniera adeguata e veritiera i cittadini lucani.
Nino Silecchia