L’indignazione del “popolo del petrolio” ha raggiunto i punti di guardia: l’Eni ha inaugurato a Ferrera Erbognone, in provincia di Pavia, il suo Green data center, che ospita tutti i sistemi informatici centrali di elaborazione dell’azienda (dalla posta elettronica ai contenuti relativi a fatturazione e amministrazione passando per l’elaborazione di simulazione sismica), mentre da noi in Val d’Agri ci lascia il “vecchio” Centro Oli con tutti i suoi problemi. E’ quanto dichiara Filippo Massaro di Csail-Indignati. Di seguito la nota integrale.
Non sfugga che il nuovo data center non e’ soltanto il cuore operativo dell’informatica di Eni, ma una parte di esso sara’ dedicata alla sperimentazione e prova sul campo di nuove tecnologie. Questo significa che da noi si continua a parlare e a rinviare a tempo indefinito il Progetto di Distretto Energetico con attività dirette ed indotte, persino di Parco di alta tecnologia nel campo petrolifero ed energetico ed altrove almeno in parte queste cose si fanno. L’Eni dunque non cambia atteggiamento: da noi si sfrutta il sottosuolo e si fanno pesare le conseguenze; al Nord si fa ricerca, innovazione e si garantisce tutela del territorio e dell’ambiente. C’è di più: l’Eni – ha affermato il presidente Giuseppe Recchi – ha fatto rete “con molte aziende italiane e con le universita’, creando un’opportunita’ per l’intero sistema Ict italiano: il progetto e la realizzazione hanno creato una palestra di idee e professionalita’ che altrimenti avrebbero avuto poche possibilita’ di misurarsi con lo stato dell’arte dei grandi data center”. In conclusione l’Eni (sono sempre parole di Recchi) ha fatto “innovazione industriale vera, ottenendo un risultato unico in Italia e tra i primissimi al mondo”, mentre a Viggiano l’occupazione qualificata (giovani laureati e specializzati) è ridotta a pochissime unità, preferendo manovalanza generica a basso costo. Si pensi che tutte le applicazioni informatiche sono gestite da un team di 250 dipendenti Eni, che l’investimento è di 100 milioni di euro e che l’energia fornita al Green data center Eni proviene da una centrale a metano e quindi da una combustione a basso contenuto di anidride carbonica a differenza dell’impianto di Viggiano. Tutto questo può accadere perché la politica lucana e il Governo Regionale non hanno l’autorevolezza per strappare dall’Eni la realizzazione di tutti quegli impegni più volte sottoscritti nei documenti e che potrebbero dare un altro futuro al comprensorio e ai giovani disoccupati. Il petrolio non dà posti di lavoro duraturi e qualificati, la ricerca e le altre attività allargate alle energie rinnovabili invece sono in grado di farlo ma in Lombardia.