Lo scandalo che ha coinvolto nei giorni scorsi il SIAN (Sistema Informativo Agricolo Nazionale) con l’inchiesta della Procura di Roma è purtroppo passato inosservato in Basilicata nonostante lo stretto legame tra Arbea-Agea e SIAN e quindi le conseguenze pagate anche dagli agricoltori lucani. A sostenerlo è Filippo Massaro del Csail. Gli agricoltori lo conoscono molto bene, la gente comune meno. Peccato, perché costa allo Stato italiano, dunque ai contribuenti, qualcosa come 780 milioni di euro. I finanzieri del Nucleo speciale di Tutela Spesa Pubblica di Roma stanno analizzando tutti i rimborsi ottenuti dagli agricoltori italiani negli ultimi anni. Per ora i risultati di questa maxi inchiesta sono ancora coperti da segreto, ma secondo indiscrezioni “ci sarebbero milioni di euro pagati a chi non ha nemmeno un fazzoletto di terra coltivato, a prestanome di clan mafiosi, a chi ha un garage e lo spaccia per fattoria”. Un altro fattore da chiarire è la modalità di assegnazione dell’appalto per la gestione e lo sviluppo del SIAN, visto che è nelle mani dello stesso gruppo di privati (AGEA) da vent’anni. Desta qualche perplessità anche il fatto che il loro contratto sia stato aumentato da poco di 90 milioni. Non a caso il neo Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha chiesto al Commissario di AGEA una relazione urgente con particolare riferimento ”alle modalità e al grado di efficacia con cui si è provveduto alla gestione del SIAN e alle motivazioni che avrebbero condotto all’aumento della provvigione di altri 90 milioni di euro per il triennio 2014-2016”.
Il Csail – riferisce Massaro – è da anni impegnato a fare chiarezza sull’attività svolta da Arbea attraverso il SIAN. Il nostro sito (www.csail.it) è a disposizione di chi volesse fare una ricerca sui casi segnali di sprechi di ingenti risorse, di inefficienze ed inadeguatezza del sistema informatico. Quest’ultimo controlla minuziosamente ogni minima mutazione della superfice aziendale o ogni variazione culturale, foglio catastale per foglio, particella per particella, probabilmente, vista la puntigliosità, aggiungerei zolla per zolla. Ad ogni particella del terreno, corrisponde una casellina, se questa diventa rossa, iniziano i guai. Subentrano immediatamente delle anomalie che bloccano immediatamente ogni tipo di aiuto comunitario, diretto e non. Il bello è che a causa delle numerose foto rivelazioni dei terreni (credo che qualcuno sorvoli i terreni tutti i giorni con la macchina fotografica in mano), non si può mai stare tranquilli perché risolta un’anomalia, dopo poco tempo eccone di nuovo un’altra, magari su un altro appezzamento.
Questo è uno dei tanti motivi per cui molte domande di aiuto vengono liquidate con anni di ritardo. Molto spesso gli Enti si avvalgono di astuzie come quella di problemi telematici, assenza di documenti che, dopo consegnati vengono smarriti dalla P.A. stessa.
Poi c’è l’ente preposto al pagamento, AGEA (da noi Arbea, dopo il fallimento di gestione, è solo sportello). Anche nell’ultima fase, dove la P.A. ordina l’erogazione dei fondi a AGEA, strada facendo, dei documenti potrebbero venir meno e quindi? Via di nuovo tutta la trafila.
E i tempi? Solo quelli che riguardano la cosiddetta digitazione delle pratiche (inserire qualche codice e quindi qualche cifra) comportano anche mesi, sempre che non ci siano intoppi di natura tecnico-informatica.
Pertanto lo scandalo Sian rafforza l’iniziativa meritevole dell’assessore Ottati per cambiare profondamente i meccanismi di erogazione degli aiuti comunitari in agricoltura facendo a meno dell’Arbea. Uno sforzo che – conclude Massaro – sosteniamo nell’interesse specie dei piccoli agricoltori delle aree interne. Ma fare chiarezza sui soldi spesi anche da noi nella gestione del sistema informatico è una richiesta di legalità e di giustizia per i numerosi agricoltori che sono incappati nelle inefficienze del Sian e attendono ancora di ricevere contributi risalenti a tre anni fa.
Mar 08