Cssel-Uil: le dimissioni crescenti e una nuova immagine del lavoro. Di seguito la nota integrale.
Le ‘grandi dimissioni’ nel Paese ed in Basilicata sono il racconto delle turbative e dei cambiamenti profondi che animano il rapporto delle nuove generazioni con il lavoro.
La radicalità delle crisi che attraversiamo cambia la gerarchia dei valori fissata sulla centralità del lavoro, mutando certezze e preferenze vitali, come se si volesse e preferisse altro.
Ci vuole coraggio, tanto coraggio a saltare nell’inattività, forse temporanea, ma irta di rischi e di potenziale esclusione da altri lavori.
Perchè si lascia intenzionalmente il lavoro in una realtà ‘avara di lavoro’, senza ‘coesione’, malinconica e nichilista, nel segno dei nostri tempi (Censis)?
Il ricorso crescente alle dimissioni volontarie è una tendenza nazionale con echi e riscontri anche in contesti extraeuropei.
Non si tratta solo di giovani. Quote importanti di dimissionari si ritrovano nelle fasce più adulte, con una maggiore stabilità di occupazione: il 18,1% ha tra i 45 e 54 anni mentre il 16,4% più di 55 anni. A livello geografico, il fenomeno delle dimissioni volontarie riflette la distribuzione dei lavoratori, con il 56,4% delle dimissioni avvenute al Nord, il 23,7% al Sud e il 19,9% al Centro
In Basilicata il fenomeno registra, nei primi tre trimestri 2022, un consistente numero di 9.337 rapporti cessati per dimissioni volontarie sulle 43.157 interruzioni contrattuali, a diverso titolo.
Un incremento complessivo sull’anno 2018 del 27% (+2000 rapporti di lavoro cessati in termini assoluti). Le dimissioni sono la seconda causa di interruzione dei rapporti, dopo quella prevista della ‘ scadenza contrattuale’. Trattandosi di dati di flusso, per cui la singola persona può aver intrattenuto più rapporti di lavoro, si può stimare che le dimissioni volontarie hanno interessato ca. 4500 persone nell’anno 2022.
Le dimissioni sono trasversali a diversi ‘mondi sociali’. Più uomini (6330) che donne (2994). Giovani (2.810), adulti (4.460), senior ultracinquantenni (2019).
La lettura dei dati offre uno spaccato molto articolato, tante sono le variabili che vi concorrono. Di certo vi è una crescita della mobilità interna al mercato, favorita dalla spinta di alcuni settori, edilizia in primis e dalla ristrutturazione di altri (la manifattura). Una pulsione alla ricollocazione professionale di molti lavoratori.
Difatti sono 1820 le dimissioni nel comparto ‘costruzioni’. Più interruzioni contrattuali investono il ‘commercio al dettaglio, la riparazione degli autoveicoli, il trasporto e magazzino, i servizi di alloggio e ristorazione’ con 3.695 dimissioni.
Il comparto ‘estrazioni, manifattura, gas energia, trattamento rifiuti, etc.’ registra 1639 rapporti interrotti.
La crisi, e il conseguente deterioramento delle condizioni di lavoro nei settori più esposti, ha spinto presumibilmente molti a dimettersi, pur in assenza di alternative. Al tempo stesso va ricordato che si tratta di settori ad elevato ricambio occupazionale, come il ‘commercio e la ristorazione’ , spesso di “transizione” per molti giovani alle prime esperienze lavorative. (Bollettino Adapt luglio 2022).
Dinamismo e precarietà si palesano nella stagione delle ‘grandi dimissioni’ in Basilicata. Il segno di una moderata mobilità nella realtà locale: nuove esigenze ed aspirazioni per lavori più remunerativi e più appaganti, specie per le fasce più giovanili del mercato del lavoro. Ed anche impieghi più concilianti con la sfera delle aspettative di cura personali e di nucleo familiare. Lavori più flessibili e meno disagevoli, anche per prevenire ed evitare quella precarietà così immanente negli scenari dei settori produttivi locali. Sono dietro l’angolo le interruzioni e le riduzioni dell’organico, la stagionalità e la domanda di lavoro oscillante e dipendente da progetti e committenze, spesso aleatorie ed esposte al rischio .
Ecco il tempo della ponderazione, di ritirarsi anche temporaneamente dal mercato del lavoro. Il tempo di una profonda riflessione interiore, lo stress-test della pandemia e della precarietà bellica, come non provare davvero a cambiare lavoro e scommettere?
Una verifica, un ‘punto ed a capo’. Il fenomeno prende una forma rilevante nell’utilizzo degli incentivi alle dimissioni dei lavoratori in esubero di Stellantis. Un meccanismo fruito da 1100 unità, pensato in origine più per i dipendenti vicini alla pensione ma che ha investito in larga parte giovani operai per fuoriuscire dal sistema di fabbrica.
Le dimissioni lette a partire da questi punti di sofferenze estrema, si rivelano come un “sintomo” da leggere per i messaggi non detti, ma letteralmente agiti. Tutte queste persone che se ne vanno stanno dicendo che bisogna riportare il tema delle condizioni di lavoro al centro dell’attenzione, giunti ad un punto di non ritorno.
La questione dei giovani come soggetti particolarmente desiderosi di cambiare stile di lavoro e di vita non è solo stanchezza, sfiducia, sottrazione alle condizioni difficili di lavoro (in una parola sfruttamento). È quasi una scelta autonoma e di libertà, cui rispondere con l’invenzione di forme organizzative sempre più agili.
La grande sfida anche in Basilicata e nel Mezzogiorno è la regolazione dell’incontro domanda-offerta e di politiche del lavoro, affinate e sostenute con la ricollocazione; in particolare nei livelli più alti, nei profili specialistici del meccatronico, del digitale, della transizione ecologica come pure della mobilità e della sanità ed assistenza e di quelli della salute. Dietro l’angolo troviamo chi non si riconosce più nei lavori e nel fare impresa abituali.
Sono pochi, sono tanti, un 4% della forza lavoro. La loro testa è già oltre. Hanno preso le misure al turbolento mondo globale, partendo dalle nostre aree interne, dal contado, con disincanto verso il futuro.