“Cultura & Lavoro si incontrano”. E’ il tema dell’incontro promosso questa mattina da Confial (Confederazione italiana autonoma lavoratori), in occasione della festività del Primo Maggio all’hotel San Domenico di Matera. Il binomio cultura-lavoro è stato sempre al centro della filosofia che ha ispirato l’azione del sindacato. Proprio per queste ragioni il segretario nazionale della Confial, Benedetto Di Iacovo, ha voluto fortemente organizzare, a Matera, capitale europea della cultura, un’iniziativa in cui discutere del rapporto tra sindacato e cultura. I lavori sono stati coordinati dal giornalista Pierantonio Lutrelli.
Dopo i saluti del primo cittadino, Raffaello De Ruggieri, i lavori sono stati aperti con la relazione del segretario nazionale Benedetto Di Iacovo, che ha dedicato la giornata del Primo Maggio all’ex direttore della Rai Basilicata, Fausto Taverniti, professionista e amico personale del segretario della Confial, prematuramente scomparso il 7 settembre 2016. Per onorare la memoria di Fausto Taverniti all’incontro ha partecipato anche la moglie di Fausto, arrivata da Corigliano.
Il convegno di Confial è proseguito con un simposio, moderato dal giornalista, Paride Leporace, che ha coinvolto diversi esponenti politici, parlamentari, uomini di cultura e del mondo accademico: il senatore Gianni Pittella, l’onorevole Mirella Liuzzi, il senatore Pasquale Pepe, l’onorevole Michele Casino, il senatore Davide Faraone, Maurizio Ballistreri, Francesco Prudenzano e Mario Caligiuri.
Ai lavori hanno partecipato circa 200 quadri delegati da tutta Italia, in cui il sindacato é presente in 14 regioni, ma in forte ascesa per riempire le caselle delle realtà territoriali mancanti. Una realtà sindacale di tutto rispetto, che vede la sigla, firmataria di 19 Contatti collettivi nazionali di lavoro.
Il segretario nazionale Confial, Benedetto Di Iacovo, ha incentrato in un unico intervento sia i temi celebrativi che quelli relativi alla piattaforma sindacale e programmatica da sottoporre poi all’attenzione degli organismi decisori.
“In Italia – ha spiegato Di Iacovo – c’è un evidente problema di produttività: non riusciamo a produrre valore aggiunto e ci accontentiamo di quello che abbiamo, cercando di recuperare quanto abbiamo perso attraverso la svalutazione del lavoro.
Il risultato è che i nostri salari si stanno pericolosamente avvicinando a quelli dell’Europa dell’Est, non compensati però dai ritmi di crescita elevati.
Da un lato bisognerà porsi il problema di come premiare diversamente gli investimenti di lunga durata rispetto agli investimenti a breve; dall’altro, vedere come superare con immediatezza le difficoltà a investire sulla ricerca, sulla innovazione, sulla formazione.
Trovare nuove forme di organizzazione e pensare a un intervento pubblico nella ricerca, nell’innovazione tecnologica e nella formazione rivolto alla piccola impresa è la cosa più urgente da fare, altrimenti andiamo incontro al disastro.
E a questo dobbiamo associare nuovi diritti per i lavoratori, come il diritto alla formazione permanente, se vogliamo provare a correggere i danni che ci sono stati in questi anni.
Anche su queste tematiche – ha proseguito il leader della Confial – ha ruolo il tema del rapporto tra sindacato e cultura, quindi la visione, l’idea di senso, il progetto di futuro.
Ha senso quindi riappropriarsi della capacità progettuale nella società e nel mondo del lavoro, evitando la fuga dei cervelli (ben 167.000 nei soli ultimi due anni), e far interagire con questo una adeguata attività di ricerca, formazione, sperimentazione di nuovi modelli contrattuali e culturali.
In una parola una grande azione di cambiamento per ridare voce e valore al lavoro, anche attraverso la ricerca, la formazione, una nuova linea per tenere insieme, come disse Jacques Delors, competitività e coesione sociale.
Proprio nel sapere risiedono le nuove potenzialità di libertà e d’uguaglianza, ma anche le nuove disuguaglianze che la centralità del sapere può portare con sé.
E’ possibile entrare nella società degli individui, nel mondo vasto della globalizzazione e della crescente complessità, ricercando nel mondo nuovo le strade dell’autonomia, della libertà, dell’uguaglianza, senza rimpiangere un passato impossibile, e senza andare a ricercare nell’ideologia degli altri le idee per far fronte al cambiamento.
Ora che il vento cambia, che persino i più intelligenti dei pescecani di Wall Street ci invitano a tornare all’economia reale, quella delle cose e delle persone, che sono sempre di più quelli che pensano che le nostre sciagure nascano dalla scissione fra economia e società, la ricerca e la memoria storica sono il lascito più prezioso per ridisegnare noi stessi, per continuare a sperare.
Questo si può fare, in verità, se il sindacato, sarà capace di non intendere più il suo ruolo come quello di confezionatore di nuova retorica per militanti delusi, reduci o in crisi, alle prese con l’indifferenza delle masse lavoratrici, o peggio ancora di dispensatore di pericolose illusioni, avendo, invece, il coraggio di demolire molti miti ed i molti tabù che fanno parte della sua storia.
Dal quadro evidenziato si evince chiaramente come sia urgente una rivoluzione culturale nelle organizzazioni di tipo collettivo, a partire dal sindacato, corpo intermedio per eccellenza.
Sindacato che non può più vivere sulla proiezione dei successi mitizzati del passato, ma al contrario su un sistema di nuove relazioni e forme di espressione della rappresentanza che tengano conto di questi scenari.
Premetto che ho molto rispetto della storia del movimento sindacale confederale italiano, avendo contribuito per oltre 35 anni a scriverla nelle realtà dove ho operato.
Ma quella che, ormai, viene definita “la triplice” dovrebbe spiegare all’Europa e alla globalizzazione dei mercati la sua liturgia dei tavoli separati per la contrattazione, considerando che ciò non esiste in nessuna parte del mondo e che invece gli autonomi, solo loro e l’accolita Confindustria, li considerano come degli “appestati in chiesa”.
Ciò al punto che la stessa ipotesi di istituzione del “salario minimo” per legge, sulla quale cosa come Confial siamo assolutamente favorevoli – ha concluso Di Iacovo – si tenta di inserire elementi regolatori (occulti e incostituzionali) di legare il riferimento ai minimi contrattuali solo a quei contratti sottoscritti dalle Organizzazioni comparativamente maggiormente rappresentative: un illogico giuridico, per eludere la Costituzione e la previsione in esso contenuta all’art.39 in materia di disciplina dell’efficacia generale dei contratti collettivi e rappresentatività”.
Subito dopo ha avuto inizio una tavola rotonda, moderata dal giornalista Paride Leporace, a cui hanno preso parte i parlamentari sen. Gianni Pittella, l’on. Mirella Liuzzi, il sen. Davide Faraone, il dottor Francesco Prudenzano di Confintesa ed i professori Mario Caligiuri e Maurizio Balestrieri, giuslavorista e presidente dell’Isl (Istituto studi e lavoro) della Confial.
Francesco Prudenzano di Confintesa ha parlato di “contraddizione finta tra capitale e lavoro. Ci troviamo in una divaricazione in cui le sigle sindacali grosse vogliono lo status quo del 1948. Noi chiediamo che nel pubblico impiego si fissino delle regole base che consentano il pluralismo”.
Maurizio Ballistreri ha evidenziato la necessità “di riconoscimento della personalità giuridica dei sindacati”.
Parlando di Europa ha detto che “non deve essere solo austerity” ed ha auspicato un sistema democratico di partecipazione dei lavoratori”. Ha concluso affermando l’importanza della iniziativa Confial a Matera, sostenendo inoltre che la Seconda Repubblica ha cancellato dalla sua agenda politica il Mezzogiorno”.
L’onorevole Liuzzi del Movimento 5 stelle ha reso noto che il governo centrale ha stanziato 15 milioni di euro per un progetto di innovazione tecnologica nella città di Matera.
Poi ha rivendicato politicamente il progetto di legge di “salario minimo garantito, che affiancato alla misura del reddito di cittadinanza drena la povertà”.
Il senatore Gianni Pittella ha detto che “la Basilicata é una bella regione e che negli ultimi anni é andata avanti anche se come ovunque vi sono dei problemi da affrontare. Ma la Basilicata rappresenta una sorta di isola felice rispetto al resto del Sud soprattutto sul versante della criminalità. Abbiamo saputo espiare anticorpi in questo senso”. Infine ha parlato di “piano europeo sul lavoro e di regole certe, stigmatizzando le forme di discriminazione di ogni tipo tra i lavoratori”.
Il professor Caligiuri ha esordito sostenendo la tesi del divario tra nord e sud del Paese. Poi dal punto di vista del lavoro ha parlato di due temi fondamentali: il confronto con l’intelligenza artificiale e quello del disagio sociale. Ed a tal proposito “meno male che al governo ci sono i 5 stelle, altrimenti avremmo i gilet gialli nelle strade”. Ed ha concluso auspicando “classi dirigenti meridionali per far ripartire il Sud”.
Davide Faraone, senatore della Repubblica, ha detto che “nel dibattito politico nazionale si parla di occupazione come se fosse una emergenza dell’intero Paese, invece si tratta di una questione soprattuto meridionale. Per cui le politiche da mettere in campo devono essere specifiche per il Mezzogiorno”.
Michele Capolupo
La fotogallery del convegno di Confial (foto www.SassiLive.it)