La coltivazione della canapa da uso industriale per rivalutare i terreni adiacenti i pozzi petroliferi lucani, in un’ottica sostenibile sotto il profilo ambientale e remunerativo: è il progetto presentato dall’Agia (Associazione Giovani Imprenditori Agricoli) aderente alla Cia Basilicata in occasione di un seminario sulle agroenergie che si è tenuto ad AREZZO organizzato da AIEL e AGIA, nell’ambito dell’evento fieristico “ITALIA LEGNO ENERGIA”.
Gabriele Avigliano (componente Direttivo Regionale e Giunta Nazionale di AGIA) nell’illustrare la proposta ha sottolinea che “si intende individuare nella produzione di canapa da uso industriale lo strumento di riscatto economico e sociale di quei terreni adiacenti agli impianti, che oggi pagano il prezzo più salato delle operazioni estrattive, che rendono i suoli poco idonei alla produzione di colture destinabili all’uso umano e animale.
Questa coltura dai molteplici usi industriali (produzione di oli industriali, produzione di cordame e tessuti, materiali per l’edilizia, “polpa” come componente nella carta, materializzazione di pannelli per automobili, sostituisce il vetro resina per l’isolamento termico) cresce in un’ampia superficie differente per suoli e climi, sopporta le gelate e può essere piantata nello stesso terreno per diversi anni. Essendo caratterizzata da un rapido accrescimento, la canapa, contribuisce in modo sostanziale alla fissazione del carbonio e quindi all’abbattimento di Co2 presente in atmosfera, numerosissimi studi basati sulla valutazione del ciclo di vita di materiali, nella fattispecie derivanti dalla canapa, suggeriscono che tutti i materiali presi in considerazione hanno un apporto negativo di anidride carbonica in atmosfera e che quindi, sostanzialmente, la canapa contribuisce all’abbassamento di gas serra in atmosfera, obiettivo da realizzare secondo il protocollo 202020 stabilito dal Pacchetto Clima dell’UE (direttiva 2009/29/CE) nel periodo che succede alla scadenza del Protocollo di Kyoto.
La canapa – evidenzia ancora il dirigente dell’Agia-Cia – è un bioaccumulatore, è cioè una pianta in grado di immagazzinare al suo interno metalli pesanti presenti nel terreno senza compromettere il suo accrescimento, peculiarità che la rende impiegabile nel campo della fitodepurazione. Queste caratteristiche fanno della coltura, oltre ad una fonte di reddito alternativa per le aziende agricole (data la molteplicità degli usi industriali), anche un’ottima arma di difesa del territorio e della salute umana.
Per Agia Basilicata non è trascurabile, infine, ipotizzare l’utilizzo di royalties del petrolio per sostenere l’avviamento produttivo di giovani aziende nella Val d’Agri, considerando anche il ruolo sociale ed ambientale, oltre che produttivo, dei “coltivatori di canapa”.
Negli ultimi tre anni, stima la Cia-Confederazione italiana agricoltori, sono almeno 5.000 le attività che fanno leva su professioni innovative.
“Sono sempre di più i giovani che dribblano la crisi tornando alla terra, dove coltivano nuove idee – dichiara Rudy Marranchelli, presidente dell’Agia-Cia – molto spesso sono proprio loro a inventare nuovi mestieri legati all’agricoltura, complice spesso la provenienza da altri settori e molti studi. Oggi infatti il 90% degli agricoltori sotto i 30 anni ha una scolarità medio-alta. E non ci sono più solo i laureati in Agraria: oggi nel settore cresce il numero di giovani ‘dottori’ che decide di investire sulla campagna, ma partendo da percorsi formativi e familiari completamente estranei all’agricoltura: ci sono educatori e psicologi che si dedicano all’agricoltura sociale e alle fattorie didattiche; esperti della comunicazione che gestiscono il marketing e la promozione dei prodotti sui mercati stranieri; economisti che amministrano l’azienda; erboristi e farmacisti che scommettono sulla fitoterapia e sulla cosmesi naturale; architetti che fanno bio-edilizia producendo mattoni artigianali di argilla e paglia completamente eco-sostenibili e riciclabili”.