A quasi quarant’anni dalla chiusura si torna a parlare della ex linea ferroviaria Lagonegro-Spezzano Albanese tra i progetti del territorio protagonisti del X seminario di studi storico-cartografici organizzato dal Laboratorio geocartografico “Giuseppe Caraci” del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università Roma Tre. A riaprire il dibattito sulla sua ipotetica riconversione in una greenway, la dott.ssa Luisa Spagnoli, docente presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e ricercatrice ISEM (Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea) del CNR e la dott.ssa Lucia Varasano, lucana appassionata di ferrovie dismesse laureata con una tesi in geografia storica e fondamenti del pensiero geografico dal titolo: “Nuovi paesaggi italiani: dalle ferrovie alle greenways. Il caso di studio della Basilicata”.
Il seminario, organizzato in collaborazione con il CISGE (Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici), ha visto la partecipazione di autorevoli ricercatori riuniti sul tema della governance territoriale a partire dall’importanza delle fonti storiche custodite negli archivi per la comprensione delle dinamiche territoriali e fino all’individuazione, l’analisi e la soluzione dei problemi odierni. Tra questi, rientrerebbe a pieno titolo, anche il problema della riqualificazione della ex linea Lagonegro-Spezzano Albanese, oggetto dall’intervento “Dalle fonti documentali ai tracciati delle ferrovie dismesse. Una prospettiva di ricerca per la conoscenza e la valorizzazione territoriale dei paesaggi lucani” di Spagnoli e Varasano.
Le proposte di riqualificazione su questa ex ferrovia non hanno avuto seguito e “finora-dice Varasano- la maggior parte dei progetti di recupero è stata pensata in un’ottica puramente funzionale e svincolata dalla storia dei territori attraversati, è mancato quasi totalmente un vero progetto dei luoghi imperniato sulla lettura del paesaggio, della storia e della cultura. Ma, un intervento consapevole, sostenibile e partecipato del territorio, non può esimersi dall’approfondimento dei fenomeni storico-territoriali”. Lo studio di Spagnoli e Varasano è in realtà più ampio e riguarda tutti i tracciati ferroviari dismessi della Basilicata che si ramificano all’incirca per 240 chilometri. Il punto di partenza è stato-spiegano- la ricerca delle fonti storiche (testuali, cartografiche ed iconografiche) disseminate nei vari archivi, l’individuazione dei tracciati scomparsi (grazie alle planimetrie, ai profili longitudinali) e la possibile riconversione in greenways. Il ri-uso dei tracciati e la trasformazione in “corridoi ecologici” può portare infatti, secondo le autrici, all’attivazione di percorsi di sviluppo locale e di valorizzazione dei territori attraversati.
La riscoperta della rete dismessa delle calabro-lucane, a partire dalla storia fatta di alti e bassi, di iniziative lungimiranti e fallimenti inevitabili, rappresenterebbe secondo Spagnoli “l’occasione di opporre all’insipienza territoriale una possibilità di riscatto incentrata sul recupero del percorso ferroviario non più in esercizio coniugando il recupero della memoria storica alle peculiarità del territorio, riverberando il tessuto economico delle aree interne”. Una buona pratica che consentirebbe di rigenerare quegli spazi interstiziali che richiedono un aggiornamento del paesaggio e creare, con il supporto di tutti gli attori coinvolti, in primis la regione, una vera e propria rete di mobilità dolce.