Fare per Basilicata su dati Bankitalia. Di seguito la nota integrale.
Il rapporto su “L’economia della Basilicata” nel 2012, curato dal Nucleo di Ricerca Economica della Filiale di Potenza della Banca d’Italia conferma un trend molto preoccupante del cruscotto di indicatori di performance della regione. Le attese non erano ottimistiche, ma i risultati sono preoccupanti, se nel 2012 il prodotto interno lordo della Basilicata è diminuito del 3,1 per cento.
La produzione industriale lucana ha perso circa 9,5 punti percentuali rispetto al 2011. La perdita di ricchezza e di consumo, di tessuto industriale, di lavoro interrogano la nostra comunità regionale sulle cause e sui possibili rimedi per riconquistare il futuro che i cittadini e le famiglie si meritano.
La disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli insostenibili con un tasso in aumento fino al 28,2%.
Il negativo andamento delle esportazioni e la bassa capacità di innovazione del sistema, evidenziano una persistente difficoltà che richiede risposte nuove ed efficaci. Sono in calo anche i consumi (meno 10,5%) e le compravendite immobiliari.
Ma non ci può essere alcuna rassegnazione di fronte a questi risultati, “Inizia un semestre che chiamerà il popolo della Basilicata al rinnovo del parlamento e del governo regionali – sostiene Michele Fanelli Presidente di Fare in Basilicata – In questo periodo occorre favorire tra i cittadini un lavoro di ascolto, confronto, elaborazione e partecipazione.”
La flessione non risparmia neanche il settore dei servizi con un calo dell’1,6 % del valore aggiunto e del turismo, per il quale si è interrotto il trend moderatamente positivo degli ultimi anni registrando una riduzione delle presenze del 4,2 %.
“I riflessi sull’economia del cattivo utilizzo dei fondi pubblici, ha raggiunto livelli offensivi per la popolazione lucana – ribatte il dirigente regionale del partito Frank D’Addario – occorre che la classe dirigente politica dia conto del proprio operato e se ne assuma tutte le responsabilità” .
“È tempo di responsabilità per tutti i cittadini e tutta la classe dirigente la cui impreparazione ad affrontare una emergenza di tali dimensioni appare imbarazzante – conclude Fanelli – È tempo di scelte coraggiose e di impegni politici e programmatici di lungo periodo. Le risorse pubbliche e private per rilanciare la regione ci sono, a patto che la nuova crescita economica si fondi sui valori della mobilità sociale, della sussidiarietà, del merito e della responsabilità individuale.”
Il rapporto su “L’economia della Basilicata” nel 2012, curato dal Nucleo di Ricerca Economica della Filiale di Potenza della Banca d’Italia conferma un trend molto preoccupante del cruscotto di indicatori di performance della regione. Le attese non erano ottimistiche, ma i risultati sono preoccupanti, se nel 2012 il prodotto interno lordo della Basilicata è diminuito del 3,1 per cento.
La produzione industriale lucana ha perso circa 9,5 punti percentuali rispetto al 2011. La perdita di ricchezza e di consumo, di tessuto industriale, di lavoro interrogano la nostra comunità regionale sulle cause e sui possibili rimedi per riconquistare il futuro che i cittadini e le famiglie si meritano.
La disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli insostenibili con un tasso in aumento fino al 28,2%.
Il negativo andamento delle esportazioni e la bassa capacità di innovazione del sistema, evidenziano una persistente difficoltà che richiede risposte nuove ed efficaci. Sono in calo anche i consumi (meno 10,5%) e le compravendite immobiliari.
Ma non ci può essere alcuna rassegnazione di fronte a questi risultati, “Inizia un semestre che chiamerà il popolo della Basilicata al rinnovo del parlamento e del governo regionali – sostiene Michele Fanelli Presidente di Fare in Basilicata – In questo periodo occorre favorire tra i cittadini un lavoro di ascolto, confronto, elaborazione e partecipazione.”
La flessione non risparmia neanche il settore dei servizi con un calo dell’1,6 % del valore aggiunto e del turismo, per il quale si è interrotto il trend moderatamente positivo degli ultimi anni registrando una riduzione delle presenze del 4,2 %.
“I riflessi sull’economia del cattivo utilizzo dei fondi pubblici, ha raggiunto livelli offensivi per la popolazione lucana – ribatte il dirigente regionale del partito Frank D’Addario – occorre che la classe dirigente politica dia conto del proprio operato e se ne assuma tutte le responsabilità” .
“È tempo di responsabilità per tutti i cittadini e tutta la classe dirigente la cui impreparazione ad affrontare una emergenza di tali dimensioni appare imbarazzante – conclude Fanelli – È tempo di scelte coraggiose e di impegni politici e programmatici di lungo periodo. Le risorse pubbliche e private per rilanciare la regione ci sono, a patto che la nuova crescita economica si fondi sui valori della mobilità sociale, della sussidiarietà, del merito e della responsabilità individuale.”
Fare per Basilicata
Michele Corazza su dati Bankitalia. Di seguito la nota integrale.
E’ indubbio, che i dati forniti dal consueto rapporto annuale della Banca d’Italia, riguardo lo
stato di salute dell’economia Lucana, dimostrino, in modo inequivocabile, la crisi
gravissima dell’economia della nostra Regione.
Inutile dire, che se la Regione fosse un’azienda, sarebbe da “ Libri in Tribunale”.
Si legge, infatti, che nel 2012 il PIL della Basilicata è sceso del 3.1%: una performance
peggiore rispetto a quella nazionale (-2.4). Il contributo maggiore a questa preoccupante
flessione, viene dalla produzione manifatturiera, caduta di ben 9.5 punti percentuali -in
linea col dato meridionale (-10.1%) e invece ben al di sopra di quello nazionale (-6.2%)-. I
settori più colpiti sono le costruzioni e l’automotive, che ha una rilevanza per l’economia
regionale difficilmente paragonabile: esso occupa il 27% degli addetti nel settore
manifatturiero a livello regionale, il 67 nell’area melfitana (contro una media di poco meno
del 20% negli altri sistemi locali legati al settore). La crisi di questi due settori -assieme a
quello del petrolio greggio- trascina a fondo le esportazioni, che cadono di 17.5 punti
percentuali: un dato completamente fuori misura se paragonato all’espansione fatta
registrare dal Mezzogiorno (+7.8%) e dal Paese (+3.7%). Senza questi settori, esse
sarebbero cresciute (ma solo dell’1.4).
Anche i servizi scendono. Fanno male le vendite al dettaglio (-10.5%), che cadono di più
che nel Mezzogiorno (-9.6%) e in Italia (-7.6%), in particolare quelle del settore non
alimentare (-12.4%), e il turismo: per la prima volta da cinque anni la presenza dei turisti
cala (-4.2%) e i giorni medi di permanenza si riducono da 3.8 a 3.6. Ciò è dovuto
essenzialmente al calo dei turisti italiani, che rappresentano il 92% del totale. A Matera, in
particolare, le presenze turistiche ristagnano (+0.7%) a fronte di un aumento registrato nel
2011 (+12.2%).
Alla luce di questi dati, possiamo considerare questo scenario tristemente recessivo quale
conseguenza della dipendenza dell’economia regionale dalla domanda domestica (in forte
contrazione) e della rilevanza eccessiva di settori a basso valore aggiunto, marcatamente
pro-ciclici e affatto incapaci di cogliere il trend positivo della domanda internazionale. Altra
ragione importante risiede nel differenziale tra domanda e offerta di credito: da una parte
c’è l’aumento del costo del credito, dall’altra la contrazione dei prestiti al settore privato
Michele CORAZZA
(-9%), che colpisce maggiormente le famiglie (-1.5%) rispetto alle imprese (-0.2%), con i
primi cinque gruppi nazionali che attuano una stretta maggiore rispetto alle banche più
piccole. Vige, quindi, la scarsissima attitudine delle imprese lucane all’innovazione: bassa
è la percentuale del prodotto rappresentata dagli investimenti (0.7%, meno che nel Sud e
nel Paese) e la quota degli addetti impiegata nelle attività di ricerca e sviluppo (0.8%,
anche qui: meno sia del dato meridionale sia di quello nazionale); poche sono le imprese
che attuano un’innovazione di prodotto (30.7%, contro il 49.7 del Mezzogiorno e il 56.3
dell’Italia) e ridicolo il numero di brevetti (71 per milione di abitanti, a fronte dei 119 nelle
regioni meridionali e dei 688 in tutto il territorio nazionale).
Le nostre imprese sono troppo piccole, male assistite da un asfittico mercato dei capitali,
permeato dalla classe politica, tecnologicamente arretrate e concentrate in settori in cui
troppo forte è o è stata l’interferenza dell’intervento pubblico (costruzioni e filiera
dell’automobile). Cresciute all’ombra dei sussidi, sono assolutamente incapaci di reggere
la competizione globale. Da qui nasce l’emergenza occupazionale. L’occupazione nella
nostra regione è scesa nel 2012 dell’1.5%, facendo peggio del Mezzogiorno (-0.6%) e del
Paese nel suo complesso (-0.3). Il tasso di disoccupazione, poi, raggiunge un
preoccupante 14.5; in particolare, la disoccupazione nella fascia 15-34 anni è cresciuta del
5.1%, raggiungendo il valore di 28.2 punti percentuali.
Cosa fa oggi la politica? Come viene gestita la finanza pubblica nella nostra regione?
Male. Possiamo evidenziare una scarsa attitudine all’utilizzo dell’autonomia impositiva,
(parzialmente temperata dall’afflusso delle royalty percepite dalle imprese estrattive): le
entrate ammontano a 1447 euro pro capite (-408 euro rispetto alla media delle regioni a
statuto ordinario, RSO); in particolare solo il 23.8% di esse è costituito da tributi propri
(l’altra voce è costituita dalle quote di tributi devoluti dallo Stato), a fronte del 46 delle
RSO. Dal lato della spesa, non possiamo considerarci per nulla virtuosi. La spesa primaria
è composta per l’80% da spese correnti (diminuite dell’0.8% all’anno nel 2009-2011) e per
il restante 20 da spese in conto capite -in gran parte investimenti-, drammaticamente
ridotte del 13.6% annuo nello stesso periodo (gli investimenti sono tornati a crescere nel
2012, del 2.5%, solo per l’accelerazione dei pagamenti per i progetti finanziati dai fondi
strutturali europei). Un terzo della spesa corrente è costituito dalla spesa per il personale;
considerando anche il personale delle ASL, essa è cresciuta nel 2008-2010 del 2.6%
annuo (contro l’1.9 delle RSO) per attestarsi a un valore di 1078 euro pro capite, a fronte
dei 921 delle regioni ordinarie: ciò è dovuto al maggior numero di addetti (214 per 10 mila
abitanti contro 191) e alla maggior spesa per addetto (49807 euro rispetto a 47608). Più
che al servizio dei cittadini (tanto più importante in questo periodo di crisi), la spesa
pubblica ci appare uno strumento di consenso.
La politica ha quindi enormi responsabilità, soprattutto quella asfissiante e narcisista che si
annida all’interno delle istituzioni. Finora essa ha fallito; ma potrebbe contribuire a risolvere
l’emergenza economica e sociale in cui siamo? Credo di si; qualora alla logica delle
spartizioni e delle ambizioni di questo e/o di quell’interlocutore (scenario eloquente e poco
edificante di questi giorni), si sostituisse la coesione, la forza delle buone idee, attraverso
un modo nuovo e innovativo di affrontare l’atavico tema: come governare e creare
sviluppo per una comunità piccola, quanto un quartiere romano, come ormai da sempre
tutti noi amiamo dire.
Per fare questo però è necessario che una classe di amministratori, assuma la coscienza
e la responsabilità civica per dare, piuttosto che prendere e dilapidare quello che di buono
l’ambiente, la storia e la cultura, ci hanno offerto, stranamente, senza il contributo degli
uomini.
Franco Mattia (PDL) su dati Bankitalia
“Cosa dobbiamo più attendere per assumere la piena consapevolezza che la Basilicata sta vivendo una condizione sociale, civile, produttiva, occupazionale non più etichettabile “di grande emergenza” ma di autentico collasso?”. E’ l’interrogativo del consigliere regionale del Pdl Franco Mattia a commento del rapporto della Banca d’Italia sull’economica della Basilicata nel 2012.
“Dopo l’Unioncamere che solo qualche giorno fa ha fornito dati allarmanti, è toccato alla Banca d’Italia diffondere altri dati tutti caratterizzati dal segno meno che è ancora più negativo rispetto ad altre regioni del Sud: dal Pil diminuito in un anno del 3,1 per cento, alla produzione industriale in calo di ben 9,5 punti percentuali, che tocca la quota “storica” di circa il 25 per cento rispetto al 2008. La situazione più insostenibile e quindi che non consente alcuna giustificazione riguarda il petrolio con la produzione nel 2012 aumentata dell’8,3 per cento (vale a dire 4 milioni di tonnellate) e il gas aumentato del 10,4 per cento, mentre i benefici sono quantificati dalla Banca d’Italia pari a 289 euro pro-capite, senza però alcun effetto diretto ed indiretto sulle comunità del comprensorio petrolifero e dell’intera regione, ad eccezione della card carburanti che anche per questa annualità ha ottenuto un ulteriore finanziamento grazie all’iniziativa del Pdl. Sulla gestione delle risorse petrolifere non credo ci siano ulteriori margini per ipotizzare cambiamenti se non attraverso una svolta nel rapporto con le compagnie e con il Governo “scongelando” il Memorandum d’Intesa perché solo infrastrutture e lavori pubblici possono garantire sviluppo e nuovi posti di lavoro. Questo significa che – sottolinea Mattia – non è certo la battaglia, pur legittima, a difesa della moratoria su nuove ricerche petrolifere nel nostro territorio, a garantire i risultati da sempre auspicati e promessi anche per la tutela della salute e dell’ambiente. Un’altra tendenza su cui riflettere è quella relativa alle presenze turistiche, sempre modeste, perché evidentemente gli investimenti di Regione e Apt non producono nuovi arrivi e presenze”.
Giordano (Ugl):dati Bankitalia, sconforto regionale.
“La luce in fondo al tunnel è per ora, soltanto un sogno, certamente ad oggi non possiamo illuderci di vedere in tutti i modi il bicchiere mezzo pieno considerando alcuni dei dati emersi stamani, a Potenza, nel corso della presentazione del rapporto della Banca d’Italia sull’economica della Basilicata nel 2012. Le famiglie lucane non se la passano per niente bene, la loro ricchezza finanziaria lorda è diminuita e ciò significa che per non cambiare stile di vita hanno attinto ai loro risparmi”.
E’ quanto ha detto il segretario regionale dell’Uglm Basilicata, Giuseppe Giordano per il quale, “i dati mappano certamente il nuovo crollo per l’economia regionale. L’Ugl ha da sempre sostenuto che solo l’investimento della SATA non poteva reggere l’economia di tutto il territorio ma, ad oggi, la politica regionale ha fatto ‘orecchie da mercante’. I dati di odierni Bankitalia, ci consegnano la Basilicata con un segno meno per Pil e produzione: è l’ennesimo tonfo ancora più sonoro, quello registrato nel 2012 perché successivo a un accenno di ripresa e perché ha investito anche i settori che finora avevano tenuto ossia dei settori dell’automotive e dell’estrazione di petrolio. E il 2013 non fa scommettere su un cambio di rotta che, se pretendiamo di volerlo dobbiamo applicare una sana politica sul fare ‘investire’ nella regione. Può avvenire – continua il segretario Giordano, – investendo nelle infrastrutture, sui trasporti, supportando/assistendo la politica di ristrutturazione dell’evento Fiat ed il suo indotto di Melfi, attivando la pista volo Mattei di Pisticci, ossigenare la Ferrosud, monitorare e salvare tutte quelle PMI che stanno al collasso finanziario. E’ – conclude il segretario Uglm, Giordano – un pugno nello stomaco il Rapporto annuale Bankitalia sull’economia della Basilicata. Una fotografia del 2012 condita dai primi dati di quest’anno. Davvero poco spazio all’ottimismo”.